Usa, intervento in Siria contro le milizie al soldo di Teheran Cronaca di Vincenzo Nigro
Testata: La Repubblica Data: 27 febbraio 2021 Pagina: 18 Autore: Vincenzo Nigro Titolo: «Raid americano in Siria, colpite le milizie filo-Teheran»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 27/02/2021, a pag. 18, con il titolo "Raid americano in Siria, colpite le milizie filo-Teheran", la cronaca di Vincenzo Nigro.
Vincenzo Nigro
DAI TEMPI della presidenza di Ronald Reagan non c’è stato un solo presidente americano che non abbia ordinato un bombardamento, un attacco militare o addirittura una guerra in Medio Oriente. Ieri è stato il battesimo del fuoco di Joe Biden: il bombardamento di due milizie irachene in Siria considerate vicine all’Iran. Le stesse i cui uomini la settimana scorsa in Iraq avevano colpito una base americana. L’azione non appare essere un colpo sparato a caso, quanto l’elemento di una strategia che la nuova amministrazione Usa inizia ad applicare velocemente. Lo scopo finale sembra essere ritornare all’accordo nucleare con l’Iran, ma contenere anche la sua espansione nella regione. Contemporaneamente aggiornare e resettare le alleanze regionali, partendo da Arabia Saudita e proseguendo con Egitto e Israele. I caccia americani nella notte fra venerdì e sabato hanno lanciato sette bombe da 227 chilogrammi sulla base delle milizie irachene filoiraniane in Siria. Le milizie sono "Kataib Hezbollah" e "Kataib Sayyid al-Shuhada": fanno parte del cartello di "Hashad al Ashabi "(Forza di mobilitazione popolare), l’alleanza creata dagli iraniani in Iraq per combattere l’Isis. Tra l’altro il capo di "Hezbollah" iracheno era quell’Abu Mahdi al Muhandis ucciso più di un anno fa dagli americani a Bagdad nell’attacco contro il generale iraniano Qassem Suleiman. Nel bombardamento di venerdì sono morti 22 miliziani: gli sciiti iracheni sono impegnati in Siria per conto dell’Iran nella difesa del regime del presidente Bashar al Assad e la base colpita era al confine con l’Iraq, serviva a controllare il passaggio di armi e uomini che dall’Iraq si muovono in Siria. Ma torniamo al significato politico del bombardamento. Nello stesso giorno in cui Biden mette in un angolo l’alleato saudita, denunciando i crimini del principe ereditario Mohammed bin Salman, il presidente colpisce le milizie filo-iraniane. Ma chiarisce immediatamente il senso della sua operazione: non vogliamo una guerra aperta, vogliamo negoziare, ma non vi permettete di toccarci. Il portavoce del ministero della Difesa americana ha spiegato la ragione del bombardamento: «L’operazione manda un messaggio inequivocabile: il presidente Biden agirà per proteggere il personale americano e della coalizione in Iraq, ma abbiamo agito in modo calcolato con l’obiettivo di allentare la tensione nella Siria orientale e in Iraq». La definisce un’operazione «difensiva e proporzionata dopo gli attacchi contro il personale americano e della coalizione in Iraq». Molti fanno notare che gli americani sono andati a colpire in Siria, in una "terra di nessuno" dal punto di vista politico: non in Iraq, per non mettere in difficoltà il governo iracheno, alleato nonostante la presenza dell’Iran nel Paese. Gli iraniani, gli inventori degli scacchi, sono maestri nella gestione del potere militare e politico in Medio Oriente. Gli americani di Biden non sono proprio dei dilettanti.
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