Riprendiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 13/02/2021, a pag. 8, con il titolo "In Israele oltre il 70% di vaccinati: raggiunto il 90% degli anziani", l'analisi di Roberta Miraglia.
Per capire l'effetto delle campagne vaccinali sull'andamento dell'epidemia bisogna guardare a Paesi con alti tassi di immunizzazione, come Gran Bretagna, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti. E, naturalmente, a Israele, laboratorio vivente per valutare l'efficacia dei vaccini anti Covid-19 e la loro capacità di far scendere, oltre che i casi gravi di malattia, e quindi le ospedalizzazioni, anche i contagi. Come stia andando nel primo Paese per immunizzazioni ogni 100 abitanti, è ormai noto: in Israele oltre il 90% degli ultra sessantenni ha ricevuto la prima dose e l'80% anche la seconda. Tra prima e seconda dose il vaccino ha già raggiunto 70 abitanti su 100. I primi dati indicano un calo dei contagi del 30 per cento e giorno dopo giorno arrivano conferme confortanti. Nelle ultime ventiquattro ore, per esempio, è stato registrato il tasso di contagio più basso da un mese: il 6,7 per cento. Il fattore R (indica quante persone possono essere contagiate da un positivo) è sceso sotto l'1, a 0,88. I malati gravi, poi, sono andati per la prima volta sotto quota mille. Le persone immunizzate con due dosi ieri erano 3.766.000. Secondo Maccabi - una delle organizzazioni sanitarie protagoniste della campagna vaccinale - su 500mila immunizzati con il farmaco Pfizer-BioNTech solo 544 persone, pari allo 0,1% è stato contagiato dopo aver ricevuto il vaccino; si sono contati quattro casi gravi e nessun decesso. In questo momento si assite a un'inversione della proporzione tra giovani e anziani ricoverati. Lo hanno indicato, per esempio, i dati di giovedì sulle ospedalizzazioni: 708 i giovani in cura contro i 575 dai 6o anni in su. Nella fascia d'età tra 16 e 59 anni il 37% ha avuto la sua prima dose e il 20% anche la seconda.
La Gran Bretagna, Paese dove per la prima volta è stata individuata la variante più contagiosa, grazie a un'estesa attività di sequenziamento del genoma, i contagi sono calati rapidamente, dal picco di 59.828 casi giornalieri (media mobile a sette giorni) registrato l'8 gennaio, dopo una ripida salita nel corso di dicembre (con lockdown in atto) ai 15.238 dell'11 febbraio. Tuttavia a gennaio e febbraio le misure di contenimento sono state rese più stringenti ed è dunque presto per capire il peso della campagna di immunizzazione, pur importante in termini numerici. Ieri l'Ufficio nazionale di statistica britannico ha reso noto che la prevalenza dei contagi è scesa, nella settimana finita il 6 febbraio, a 1 su 80 rispetto a i su 65 della precedente. Anche gli Emirati Arabi Uniti stanno procedendo spediti con le immunizzazioni usando soprattutto il vaccino cinese Sinopharm. Il programma ha preso il via in maniera consistente a inizio anno e i dati sembrano incoraggianti: dai 3.755 contagi del 30 gennaio (media mobile su sette giorni) si è scesi, lentamente, ai 3.256 dell'ii febbraio. Ma negli Emirati ha certamente contribuito anche il giro di vite con le chiusure annunciate nelle scorse settimane per contenere I contagi che avevano preso a galoppare a ridosso delle fine dell'anno, dopo il minimo di 1.180 del 27 dicembre. Negli Stati Uniti l'8 gennaio i casi giornalieri (media su 7 giorni) avevano raggiunto il picco di 259.564 ma da quel momento è iniziata una rapida discesa fino a 101.668 dell'ii febbraio. Questa media, ha sottolineato il New York Times, rappresenta un calo del 36 per cento rispetto a sole due settimane prima. Per la prima volta dall'inizio di novembre, domenica, lunedì e martedì scorsi i casi a livello nazionale sono scesi sotto quota 100mila.
Il tasso dei vaccinati continua a salire, e sono adesso 1,5 milioni le dosi giornaliere somministrate. Il direttore dei Centers for Disease Control and Prevention, Rochelle Walensky, ha però lanciato l'allarme: non è il momento di abbassare la guardia, ha detto, nonostante ospedalizzazioni e infezioni stiano scendendo in maniera consistente. La veloce diminuzione dei contagi viene attribuita, oltre che al programma di vaccinazioni, all'esteso numero di contagi già verificatisi (che ha ridotto la popolazione suscettibile) e anche a comportamenti più virtuosi dovuti al timore delle infezioni quando la curva aveva ripreso a salire tra novembre e gennaio. Ma adesso a preoccupare, negli Stati Uniti come altrove, è la diffusione delle varianti che potrebbe capovolgere l'andamento della curva, secondo i timori di alcuni esperti che pure prevedono un andamento via via in diminuzione dei contagi, grazie al grande sforzo delle vaccinazioni. «Siamo sicuramente su un sentiero in discesa ma sono preoccupata che le nuove varianti ci lancino una "palla a effetto" alla fine di febbraio o a marzo», ha detto Caitlin M. Rivers, epidemiologa alla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health.
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