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La Stampa Rassegna Stampa
14.09.2002 A proposito delle dichiarazioni di Fini


Testata: La Stampa
Data: 14 settembre 2002
Pagina: 10
Autore: Molinari, Nirenstein
Titolo: «Commenti»
In merito alle polemiche sulle dichiarazioni del vicepremier Gianfranco Fini nelle quali viene richiesto il perdono a nome degli italiani per l'emanazione nel 1938 delle leggi razziali (approvate con il tacito consenso della stragrande maggioranza degli italiani, e comunque nel più totale silenzio.)La Stampa ha pubblicato uno di fianco all'altro a pagina 10 due articoli a cui va il nostro plauso. Non furono soltanto leggi fasciste ma la mancata opposizione che ne derivò da parte della classe dirigente e da parte del popolo italiano nella sua quasi totalità, rende opportuna la richiesta di perdono da parte di tutto il popolo italiano e non soltanto dai fascisti.


Come hanno spiegato molto bene Fiamma Nirenstein e Maurizio Molinari nei due articoli che riproduciamo.



"Infranto il tabù degli italiano buoni"


di Maurizio Molinari





"NOI italiani accettiamo la responsabilità per i crimini commessi dal fascismo dal 1938 al 1945». La frase consegnata dal vicepremier, Gianfranco Fini, al quotidiano israeliano «Haaretz» infrange il tabù degli italiani «tutti buoni» durante le persecuzioni nazifasciste degli ebrei. Il primo, ma più timido, passo in questa direzione lo fece Massimo D´Alema, allora premier, nel gennaio del 2000 quando intervenendo di fronte alla Conferenza sulla Shoà di Stoccolma disse: «Anche noi italiani abbiamo qualche cosa da rimproverarci». Il tabù che cade grazie a Fini ha ingessato per 57 anni la memoria nazionale: il giusto ricordo dei tanti che aiutarono gli ebrei è finora stato accompagnato da un colpevole silenzio sui pochi che consegnarono gli ebrei allo sterminio. Questi pochi erano comuni cittadini che vendevano gli ebrei per 5000 lire e che si appropriavano dei loro beni, erano quei militari con le insegne sabaude che accompagnavano i carri bestiame carichi di deportati fino al Brennero, erano quelle Camicie Nere che razziavano il Ghetto di Roma assieme alle SS tedesche, erano quei miliziani di Salò che fucilavano gli ebrei sulle rive del Lago di Garda, erano quei troppi che videro ma tacquero. Primo Levi nel suo «I sommersi ed i salvati» dedicò un capitolo alla «zona grigia» ovvero a coloro che pur non partecipando attivamente alla persecuzione con il silenzio si resero colpevoli quanto i carnefici. L´ammissione di responsabilità compiuta da Fini è l´occasione per fare pulizia nella nostra coscienza nazionale. Come avvenuto in Francia nel 1996 quando il presidente Jacques Chirac ammise la responsabilità per i crimini contro gli ebrei commessi dai collaborazionisti di Vichy. La nostra Vichy fu la Repubblica di Salò, alleata di Hitler e patria del «Manifesto di Verona» che nulla aveva da invidiare alla legislazione del Terzo Reich. Se Salò fu l´ultimo capitolo della collaborazione nelle persecuzioni il primo furono le leggi razziali, promulgate nel 1938 da re Vittorio Emanuele II con un atto che fu la negazione del Risorgimento. Il passo seguente a quello compiuto da Fini deve portare ad alzare il velo, senza esitazioni, su quali e quante furono le responsabilità della Corona e del fascismo. Riconciliare l´Italia con la sua storia è un passaggio salutare per l´identità nazionale. Gianfranco Fini ha imboccato la strada giusta ma non deve fermarsi, altrimenti della sua intervista rimarranno solo le buone intenzioni."
"Una lezione decisiva per tutti i partiti"


di Fiamma Nirenstein





"GIANFRANCO Fini ha scelto il giornale della sinistra israeliana, «Ha'aretz», per spiegarsi drammaticamente con gli ebrei, per dichiarare di essere pronto a chiedere scusa: ha fatto bene. I suoi interlocutori, in tempi che veicolano l'antisemitismo attraverso i pregiudizi antisraeliani, sono oggi di là dal Mediterraneo; è a loro che deve chiedere il permesso di metter piede nel sancta sanctorum dopo la strage, le leggi, la storia dell'Europa antisemita. Gli ebrei italiani, coinvolti come sono in una diatriba politica in cui la sinistra li reclama come sodali di sempre, una diatriba polarizzata, difficilmente possono essere giudici sereni nel decidere se Fini sia sincero, se la sua destra abbia chiuso con l'antisemitismo, se abbia fatto i conti con la storia. E' solo Israele a dover decidere se invitare Fini, e Israele in quanto Stato degli ebrei. Fini promette di dichiarare agli ebrei nel suo desiderato viaggio: "Noi italiani accettiamo la responsabilità per i crimini commessi con il regime fascista". E' una buona formula, anche se si può eccepire che l'accento potrebbe cadere di più sul regime fascista: di fatto questa formula sottolinea quello che ancora tanta parte dell'accademia e della sinistra italiana non vuole sentire, ovvero quello che lo storico Renzo De Felice ha ripetuto fino all'esaurimento, contro tutto e tutti: il fascismo fu un regime di massa, di responsabilità condivise, compresa quelle verso gli ebrei. Mio nonno fu cacciato dalla Banca Commerciale Italiana senza che nessuno dei suoi colleghi alzasse un sopracciglio, mia madre e mia zia dalla scuola senza che i compagni e gli insegnanti se ne accorgessero. La famiglia di mia nonna deportata con le spiate e il consenso dei vicini. La favola bella di un gruppo di cattivi fascisti (che poi a sua volta ha dato la colpa ai nazisti) contro una massa di resistenti pronta ad andare in montagna, non incanta. I fascisti organizzarono ciò che gli italiani quasi in toto perpetrarono. E infatti nello statement di Fini c'è una contraddizione, quando dice di non aver mai conosciuto un vero antisemita né fra i suoi né altrove: Fini ne ha certo conosciuti, forse ha preferito scambiare l'antisemitismo per qualcos'altro; così fa anche la sinistra quando assolve come fossero posizioni politiche l'estremismo, il pregiudizio, la criminalizzazione di Israele. Se Fini andrà in Israele, sarà un bene: sarà la lezione decisiva per i suoi giovani antisemiti, che esistono; renderà visibile la rottura col passato che senza la visita in Israele non può avvenire (strano e anche narcisistico che gli ebrei italiani non lo capiscano). E se chiederà scusa in nome dell'Italia, sarà un fatto di verità per tutte le parti politiche: anche questa sarà una novità conoscitiva notevole, e forse la sua visita è tanto osteggiata dalla sinistra proprio per questo."
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