La Cina e il nuovo maoismo Commento di Daniele Zaccaria
Testata: Il Dubbio Data: 06 febbraio 2021 Pagina: 12 Autore: Daniele Zaccaria Titolo: «Cancel culture, il nuovo maoismo che del passato farà tabula rasa»
Riprendiamo dal DUBBIO di oggi, 06/02/2021, a pag. 12, con il titolo "Cancel culture, il nuovo maoismo che del passato farà tabula rasa", il commento di Daniele Zaccaria.
Mao Zedong
Quando nella primavera del '66 Mao Zedong lanciò la sua Rivoluzione culturale per riprendere in mano le redini del partito comunista e dello Stato cinese disponeva di un'arma formidabile: centinaia di milioni di giovani. Erano i ragazzi delle grandi città utilizzati dal "grande timoniere" per combattere "l'imborghesimento" dei gruppi dirigenti e ripristinare il marxismo-leninismo come guida ideologica della Repubblica popolare. Lo fecero con un entusiasmo, un'energia e una ferocia senza pari. Un miraggio di emancipazione che nascondeva un potente dispositivo (e desiderio) di vendetta nei confronti degli avversari e, in generale, del vecchio mondo che poi non era altro che la civiltà cinese nel suo insieme. Ogni riferimento antecedente alla rivoluzione del '49 doveva essere cancellato dalla faccia della Cina. Gli stessi osservatori dell'Unione sovietica rimasero scioccati dal dispotico controllo sociale esercitato sulla popolazione e dal sistema di gogna riservato ai "borghesi degenerati". Nessuna polizia segreta o grigie spie della Stasi, ma il processo popolare permanente e la pretesa della pubblica abiura nelle famigerate "sessioni di lotta", incontri dove i presunti nemici del partito subivano le peggiori umiliazioni. Una pratica che ricorda il contemporaneo online shaming che avviene sulle piattaforme dei social network quando la gogna digitale si sostituisce come un randello alla legittima critica. Un'umiliazione inferta paradossalmente da chi afferma di voler combattere contro "l'odio" in rete e non accorge di impiegare gli stessi, beceri metodi. La Storia difficilmente si ripete, ma quando accade tende a farlo sotto forma di farsa, come ironizzava Marx nel 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, e proprio in tal senso è difficile non scorgere inquietanti analogie tra l'impeto iconoclasta delle Guardie rosse cinesi e gli odierni movimenti progressisti con la loro intransigente cancel culture che dello scomodo passato vuole fare "tabula rasa" parafrasando un noto passaggio de L'internazionale. Le statue dei colonizzatori, dei mercanti di schiavi, dei vecchi politici razzisti, i monumenti nazionalisti, gli obelischi e gli altari alla memoria sono da mesi il bersaglio di manifestazioni e cortei in un crescendo che non sembra risparmiare nessuno, neanche una gloria come Winston Churchill, sfregiato dai un gruppo di attivisti londinesi che sfilavano in solidarietà di George Floyd, l'afroamericano strangolato la scorsa estate dalla polizia. In Francia La Ligue de défense noire africaine nel nome dell'antirazzismo e dell'anticolonialismo ha chiesto di eliminare dalla toponomastica i nomi di Clodoveo, Carlo Magno e Giovanna d'Arco. Come una macchia d'olio la furia della cancel culture non si limita ai busti e alle sculture ma invade tutto il campo culturale: libri, canzoni, film, pièce teatrali e programmi accademici definiti xenofobi, sessisti o semplicemente obsoleti. «Anticaglie!», gridavano i giovani maoisti mentre mandavano al macero milioni libri, ribattezzando i nomi delle strade e bruciando persino i registri genealogici dei cittadini che da quel momento erano costretti ad assumere una nuova identità conforme ai precetti dello Stato comunista. Particolarmente pensoso il destino riservato alle opere dell'ingegno, all'arte: come in Cina dove dopo la Rivoluzione culturale era impossibile imbattersi in un saggio o romanzo che facesse riferimento al passato o a un pensiero diverso da quello ufficiale, oggi a venire messi in discussione sono capolavori della letteratura come Huckleberry Finn (considerato razzista) sparito dalle biblioteche americane il capolavoro della letteratura medievale britannica I racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer, cancellati dai programmi dell'Università di Leichester per far spazio a dei corsi sulla"razza e la sessualità" (sic). Un'altra analogia riguarda l'uso ideologico della gioventù, una categoria strumentalizzata da tutti regimi del mondo. Nella Cina maoista i giovani istruiti dal Libretto rosso erano chiamati ad abbattere il vecchio ordine sociale e a purgare i suoi rappresentanti e "cattivi maestri" (tra il '66 e il 67 vennero imprigionati, torturati e uccisi almeno 200mila tra insegnanti e intellettuali) nell'ossessione che le vecchie generazioni corrotte e arraffone gli avessero rubato la vita e il futuro.Con le dovute differenze sembra di ascoltare un comizio di Greta Thumberg che nella sua autobiografia tuona contro l'odiata generazione dei "boomer" che oggi diventa responsabile e capro espiatorio di tutti i mali: «Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia!». A completare il quadro mancano solo i campi di rieducazione, in cinese Laogai, dove le Guardie rosse scaraventarono almeno quattro milioni di persone a spaccare pietre e a studiare le citazioni di Mao. Nessuno ha ancora proposto di raddrizzare la schiena e lo spirito ai reprobi, almeno in modo serio, Nel 2019, in piena campagna metoo# la cantante francese Angèle che in un videoclip aveva messo in scena un tribunale in cui gli uomini vengono giudicati per il loro maschilismo e spediti in una fantomatica anti-sexism academy per imparare a rispettare le donne.
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