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La Repubblica Rassegna Stampa
03.02.2021 Turchia, ennesimo attacco di Erdogan contro i diritti e le libertà
Cronaca di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 03 febbraio 2021
Pagina: 17
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Istanbul, studenti contro Erdogan: 'Giù le mani dalle nostre università'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/02/2021, a pag.17, con il titolo "Istanbul, studenti contro Erdogan: 'Giù le mani dalle nostre università' ", il commento di Gabriella Colarusso.

Continua la corsa verso la dittatura da parte di Erdogan, ormai a capo di un regime islamista e intollerante. L'attacco contro i diritti e le libertà è solo l'ennesimo capitolo di una storia ormai quasi ventennale.

Ecco l'articolo:

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Gabriella Colarusso


Recep T. Erdogan

Ogni mattina a mezzogiorno, da più di un mese, decine di studenti e professori dell’università del Bosforo, a Istanbul, si radunano sul prato del campus vestiti con le divise accademiche e voltano le spalle al palazzo del rettore per chiederne le dimissioni. Melih Bulu, un ingegnere con il dottorato in finanza e alcuni anni di insegnamento alle spalle — che nel 2015 si candidò con il partito di governo, l’Akp — è stato nominato a capo dell’ateneo direttamente dal presidente Recep Tayyp Erdogan, con decreto presidenziale. La Bojaziçi è una università pubblica dove gli studenti studiano in inglese ed è considerata una delle migliori e più selettive del Paese, con una lunga tradizione liberale alle spalle. La nomina di Bulu ha scatenato un’ondata di proteste che si sono estese anche ad altre università della Turchia, da Ankara a Smirne, contro il tentativo di Erdogan di rafforzare la sua influenza sul mondo accademico. «I rettori sono sempre stati scelti dai membri dell’ateneo, professori e studenti, e non da una figura politica », ci dice Huma, che ha 21 anni e studia psicologia alla Bojaziçi. «Andremo avanti fino alle dimissioni anche se abbiamo paura, anche se la polizia è violenta perché è una questione di democrazia. In Turchia oggi se dici qualcosa contro il governo commetti un crimine. I miei genitori? Non mi sostengono, sono conservatori, ma questa è una battaglia per la nostra generazione ». Huma e i suoi colleghi che ogni giorno organizzano concerti, mostre e sit-in per tenere alta l’attenzione, hanno 20, 21, 22 anni. La Turchia che conoscono è quasi sempre stata governata da Erdogan. Dal 2016, dopo il fallito colpo di Stato, hanno visto aumentare la repressione: «L’università deve rimanere libera dalle pressioni politiche, e invece anche i professori ora hanno paura di parlare perché molti sono stati licenziati», ci racconta Goksel, che ha 21 anni e studia economia e storia. Venerdì scorso, quattro suoi colleghi sono stati arrestati perché avevano esposto un’opera d’arte nel campus: una foto della Kaaba, l’edifico sacro costruito all’interno della moschea della Mecca, unita all’immagine di una donna e alla bandiera dei diritti Lgbt. Secondo il governo un’offesa all’Islam. Il primo febbraio la polizia ha fatto irruzione nell’ateneo e ha arrestato più di 100 studenti: almeno 60 sono ancora in custodia. Ieri c’è stata una nuova manifestazione, questa volta nel quartiere Kadikoy, nella parte asiatica della città. «La protesta dello scorso venerdì era contro la nomina del rettore ma anche perché il governo fa propaganda contro le persone Lgbt. Nella nostra università i diritti non sono mai stati un tabù”. Raggiungiamo al telefono un professore dell’ateneo che in questi giorni si è unito alle proteste. Accetta di parlare ma preferisce non dire il suo nome: «Siamo sotto pressione». Ci spiega che la nomina di Bulu è stata fatta in base a un decreto approvato nel 2016, dopo il tentato golpe e in pieno stato di emergenza, ma che quel decreto ora non vale più, è anti-costituzionale. «Io ricordo cos’erano la repressione e la censura negli anni del potere militare. La libertà accademica è alla base del successo della Bojaziçi. L’attivismo degli studenti non è schierato, non è di parte. Promuoviamo la creatività e la diversità. Negli anni Novanta la Bojaziçi fu l’unica università a sfidare l’opinione allora prevalente e a opporsi al divieto di indossare il velo. Questa università è forte perché ha sempre costruito ponti ».

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