IC7 - Il commento di Diego Gabutti
Dal 25 al 30 gennaio 2021
Renzi a Riad e i regimi islamici autoritari
Improvvisamente, dopo averli coccolati nei momenti in cui attaccavano politicamente e militarmente Israele, il giornalismo italiano scopre che i regimi islamici, a cominciare dalla teocrazia saudita, sono «autoritari». Ma guarda un po’. Sono teocrazie, mica falansteri californiani o paesi di cuccagna. Regimi in cui chi sgarra, o contesta il Libro sacro, la paga cara: via la testa, oppure al muro. Bastava, per capirlo, un Q.I. di portata media, e appena un’infarinatura d’alfabetizzazione. Ma l’«autoritarismo» dei regimi islamici, prima che Matteo Renzi volasse a Riad per una conferenza molto ben pagata di venti minuti, ma soprattutto prima del Patto di Abramo firmato a Washington tra Emirati, Bahrein e Israele in funzione anti-iraniana, non aveva mai scandalizzato e nemmeno impressionato il nostro giornalismo engagé, ai cui occhi le cose mediorientali sono sempre state molto semplici, o meglio sempliciotte: i paesi islamici erano da condannare quando si schieravano «a fianco dell’imperialismo americano» contro Teheran o Baghdad ed erano, al contrario, regimi «sinceramente democratici», o almeno governati da decorosi «compagni di strada», quando agitavano la scimitarra contro Gerusalemme, potenza quella sì autoritaria, nonché razzista, teocratica, militarista, e persino un po’ «nazista».
Matteo Renzi con Mohammed Bin Salman
Prima si sorvolava sulla natura teocratica dei paesi islamici. Teocrate? Teocrate a chi? Gli oppressori, i capitalisti, i sionisti, chiamano spregiativamente «islamiste» le «moltitudini», i dannati (e dunque il sale) della terra. «Autoritari»? Ma quando mai? Sono «le loro tradizioni», e vanno rispettate anche quando le disapproviamo. Si tacciava (e si taccia) d’islamofobia chi soltanto accennava (o accenna) meno che rispettosamente all’Islam. Dei mormoni, o dei cattolici, come pure dei Testimoni di Geova, degli zoroastriani e dei «rischiarati» di Scientology, si può dire tutto quel che si vuole, senza ricorrere a eufemismi o indoramenti di pillola (e per lo più azzeccandoci, come diceva Giulio Andreotti di chi «pensa male»). Dell’Islam no, la religione di Maometto è intoccabile (non fosse che perché il mormone lascia correre, e l’islamista no, reagisce malissimo, sappiamo come). Guai all’ateo, guai al vignettista, guai al libero pensatore, guai al politico così poco elastico (o relativista, come si dice in gergo caviar) da opporre le libertà occidentali alle brutalità teocratiche delle «società tradizionali» islamiche. Sull’Islam, sulla sua natura (a dir poco) «autoritaria», è calato il burqa del politically correct. Dell’Islam, fino a ieri, non era lecito sparlare né parlare, come per gl’iconoclasti, islamici compresi, non è lecito farsi immagine della figura umana. C’era un tabù. E adesso è caduto, revocato dal Patto di Abramo e, più in piccolo, dalla Conferenza di Renzi. Resiste il tabù che proibisce di prendere partito contro gli ayatollah atomici di Teheran, ultimo baluardo della lotta dura senza paura contro l’imperialismo yankee. Sciiti Über Alles.
Diego Gabutti