Daniel Pearl, l'uomo che è stato ucciso due volte
Analisi di Deborah Fait
A destra: Daniel Pearl
Diciannove anni fa fu diffuso un video che avrebbe scioccato il mondo intero non solo per l'orrore che rappresentava ma anche per la consapevolezza del pericolo che correvano i giornalisti occidentali nel mondo islamico. Nel video, girato dai terroristi stessi, si vedeva lo sgozzamento e la decapitazione di Daniel Pearl, un giovane giornalista ebreo americano che lavorava in Pakistan dove fu "giustiziato" da quattro esseri disumani che lo avevano catturato e tenuto prigioniero in una caverna. Daniel Pearl è stato ucciso perchè era ebreo, quindi era il male, quindi doveva essere per forza un agente del Mossad, quindi doveva essere ucciso senza concedergli neppure la dignità nella morte: sgozzato e decapitato davanti alle telecamere e un secondo prima che il coltello penetrasse nella sua gola ha dovuto dire "Sono ebreo, mia madre è ebrea". Poi i barbari filmarono la sua agonia tra risate isteriche urlando Allahu Akhbar. Io non sono riuscita a guardare quel filmato, ho tentato varie volte perché volevo vedere, mi sembrava di doverglielo a Daniel. Lui era stato ucciso in quel modo e io non avevo nemmeno il coraggio di guardare. Stavo male ogni volta perciò, alla fine, ho rinunciato. Ricordo che all'epoca, ormai diciannove anni fa, i media non fecero molta pubblicità all'assassinio.
In Israele stava imperversando la seconda intifada e tutto il mondo era occupato a difendere gli arabi e a schifare Israele. Si, ci schifavano, ci accusavano, ci condannavano e questi sentimenti portarono all'indifferenza per la morte di un ebreo che aveva la colpa di lavorare in un paese arabo …cosa ci faceva là?... e poi che un ebreo vada a lavorare tra gli arabi…inaudito…se l'è cercata. L'indifferenza, se ne è parlato in questi giorni in cui si doveva ricordare lo sterminio del popolo ebraico, indifferenza che permise agli assassini europei di ammazzare sei milioni di persone che, come Daniel Pearl, avevano l'unica colpa scritta sull'atto di nascita. Circa un mese fa incominciò a circolare la notizia che anche l'ultimo dei suoi quattro assassini sarebbe stato liberato e oggi ne abbiamo la certezza: Ahmed Omar Saeed Sheikh, ideatore del rapimento del giornalista e della sua morte, è stato rilasciato. Tutti assolti dunque, pronti a ricominciare il loro lavoro di terroristi. Uno schiaffo a tutte le vittime del terrorismo islamico, un insulto per il padre di Daniel, Judea Pearl che non ha mai smesso di scrivere di suo figlio, un oltraggio per Marianne, la moglie di Daniel e per Adam, il figlio nato a Parigi il 28 maggio 2002, tre mesi dopo l'assassinio del padre.
Oggi Adam è un ragazzo di diciannove anni, cresciuto dalla madre Marianne e dai nonni Ruth e Judea Pearl, nel ricordo di un papà che credeva nel bene e che era andato laggiù, in Pakistan, per capire il motivo di tanto odio e di tanta violenza che faceva dell'islam un pericolo planetario. Cosa può provare questo ragazzo venuto a conoscenza del rilascio di tutti gli assassini di suo padre? Mi sono spesso chiesta quali fossero gli ultimi pensieri di Daniel, avevano già scelto, lui e Marianne, il nome del loro bambino, Adam che significa terra, metaforicamente rinascita, l'inizio dell'umanità e forse avrà pensato proprio a lui, a quel bambino orfano ancor prima di nascere che avrebbe incominciato a vivere proprio mentre lui, Daniel, moriva. Ecco la rinascita, Adam che riceveva la vita tolta a suo padre. I genitori di Daniel hanno fondato la Daniel Pearl Foundation che promuove scambi culturali attraverso il giornalismo, la musica e l'arte in onore del figlio che oltre ad essere un giornalista era anche un virtuoso del violino. Alla notizia della libertà concessa all'assassino di suo figlio, Judea Pearl ha detto:" Noi speriamo che tutti appoggeranno il nostro appello, che ogni persona con una coscienza si leverà insieme a noi affinchè possa la giustizia prevalere. Amen." Purtroppo le sue parole e la sua speranza sono state vane, la giustizia è stata calpestata, il terrorismo ha vinto ancora una volta insieme all'odio e alla ferocia di cui è fatto. E' triste pensarlo ma la realtà è questa, i miserabili, i mediocri, gli indifferenti sono sempre in maggioranza, i Giusti sono pochi ed è per questo che ne ricordiamo i nomi. E' la loro grandezza.
Deborah Fait
"Gerusalemme, capitale unica e indivisibile dello Stato di Israele"