I dubbi sulla politica mediorientale di Biden
Analisi di Antonio Donno
Antony Blinken
Le dichiarazioni rilasciate da Antony Blinken durante l’udienza di conferma dinanzi alla Commissione Esteri del Senato sono in gran parte favorevoli alla continuazione della politica di Trump nel Medio Oriente, soprattutto per quanto riguarda Israele. Washington continuerà a riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele e manterrà la propria Ambasciata in quella città. Questa conferma è molto importante, in quanto l’azione di Trump su questo campo aveva rappresentato una svolta nelle relazioni israelo-americane, ma soprattutto un atto politico fondamentale nei confronti dei paesi arabi della regione, che avevano sempre sostenuto come Gerusalemme fosse un fattore imprescindibile nel confronto arabo con Israele. In questo quadro, Blinken è stato molto preciso sul problema iraniano. Gli Stati Uniti avranno consultazioni con Israele e i paesi degli Accordi di Abramo prima di iniziare – eventualmente – nuove trattative con Teheran sul problema del nucleare iraniano. Anche questa posizione è molto importante. Blinken è consapevole che la grande novità rappresentata dagli accordi tra Israele e alcuni paesi arabi sunniti, con la mediazione di Trump, è fondamentale per dare un nuovo volto politico al Medio Oriente, al fine di pacificare quella regione cruciale nel sistema politico internazionale. In sostanza, Blinken, con queste sue affermazioni, non esita a riconoscere che l’azione di Trump e Pompeo è stata decisiva su due fronti: la ridefinizione del quadro politico del Medio Oriente e il ritorno degli Stati Uniti in quella regione come attore di un riequilibrio permanente. Israele avrebbe un ruolo fondamentale in questo nuovo assetto.
Joe Biden
La riapertura delle trattative con l’Iran appare, nelle parole di Blinken, fortemente condizionata agli impegni di Teheran su due campi: il rispetto di tali impegni e la fine delle attività terroristiche delle milizie sostenute economicamente dal regime degli ayatollah in tutta la regione. Tuttavia, soltanto attraverso un controllo preciso all’interno degli impianti nucleari iraniani da parte di commissioni internazionali di esperti si potrà verificare il reale rispetto degli impegni da parte di Teheran, cosa che era stata sottoscritta solo parzialmente negli accordi del 2015, impedendo di fatto alle commissioni di accedere alle parti più sofisticate di quegli impianti. Allo stesso modo, non sarà facile ottenere dall’Iran la cessazione del suo impegno destabilizzante nella regione mediante gli hezbollah e le altre milizie filo-iraniane. È indiscutibile che il fattore Iran sia decisivo per ogni azione che Washington intenderà intraprendere nella regione mediorientale. Blinken non ha detto nulla sul problema delle sanzioni che Trump aveva posto contro Teheran. Questo aspetto è di grande rilevanza non solo sul piano del ridimensionamento delle ambizioni iraniane nel Medio Oriente, ma anche per quanto riguarda gli equilibri interni allo staff di Biden e le correnti politiche che sostengono la nuova presidenza democratica. In effetti, non sono in pochi a sostenere che riaprire il dialogo con il regime iraniano debba comportare l’annullamento delle sanzioni economiche. Se questo dovesse avvenire, gli Stati Uniti si presenterebbero al confronto in una posizione di squilibrio diplomatico inaccettabile. Biden e Blinken dovranno valutare questo fattore con la più grande attenzione: lo staff del presidente è un groviglio di posizioni che intendono farsi valere nella conduzione delle relazioni internazionali degli Stati Uniti, in quanto hanno avuto – o ritengono di aver avuto – un ruolo “decisivo” nella vittoria di Biden. In definitiva, l’Amministrazione Biden dovrà prendere decisioni importanti sul Medio Oriente. Se, come ha detto Blinken, l’azione di Trump è stata positiva su molti aspetti dell’agenda mediorientale, occorrerà vedere se in seno alla nuova Amministrazione ci sarà un accordo sulla continuazione e ulteriore implementazione di ciò che è stato fatto nel quadriennio trumpiano. La vice-presidente Kamala Harris rappresenta un fattore di notevole incertezza su questo campo. Ma non solo lei. Le affermazioni di Blinken, seppur rilasciate all’interno di una Commissione centrale nel sistema istituzionale americano, saranno sottoposte, con ogni probabilità, ad un confronto molto impegnativo in seno all’Amministrazione Biden. Nulla ci assicura che il fattore Iran, oltre che la questione palestinese, non possano rappresentare una svolta negativa rispetto all’eredità di Trump.
Antonio Donno