L'America ricca, prevalentemente bianca e ben pensante, tira un respiro di sollievo. Ecco la fine del sobillatore arrivato senza preavviso sulla scena politica, che aveva estorto – o meglio, rubato! - la Presidenza a Hilary Clinton, prescelta dal Presidente uscente Obama. I media, pronti ad accordare qualsiasi indulgenza alla Signora Clinton, si erano scatenati contro uno che non aveva alcuna esperienza politica e che non aveva l’aureola del prestigio di una brillante carriera militare; era stato lui a vincere le elezioni contro ogni previsione. Il suo slogan, “Rendere di nuovo l'America un grande Paese”, aveva conquistato milioni di americani. Un’impresa, ci dicono, che non è riuscito a ripetere nel 2020. Il suo fallimento elettorale sarebbe la conseguenza del fallimento della sua politica. Ma scusate, quale fallimento? Il miglioramento della situazione economica, il calo della disoccupazione, il confronto con la Cina, la fine dell'accordo nucleare con l'Iran? L'audace politica mediorientale che prometteva di placare i conflitti in questo punto caldo del mondo? Per una certa élite “illuminata”, tutto questo non è paragonabile all'altra faccia della medaglia: accusa Trump per la sua mancanza di serietà, il suo stile di imbonitore, la sua volgarità, il suo atteggiamento nei confronti delle donne. Caratteristiche insopportabili per alcuni, probabilmente meno per tutti coloro che hanno votato per lui e che gli hanno dato la vittoria. È ritenuto responsabile delle violente manifestazioni innescate dalla morte di un piccolo trafficante nero soffocato in diretta da un poliziotto razzista, e le cui ultime parole “non riesco a respirare” sono servite da grido di battaglia? Che ipocrisia. Purtroppo, c'erano poliziotti razzisti molto prima dell'avvento di Trump e i due mandati successivi del Presidente Obama non hanno cambiato in alcun modo la situazione. Bisogna sapere che, a differenza della Francia o di Israele, non esiste un corpo di polizia unico e gerarchizzato negli Stati Uniti; ma ci sono più di 15.000 “dipartimenti di polizia”, di cui 12.000 a livello locale, guidati da un dirigente eletto. Non abbiamo sentito gli stessi tenori democratici che oggi stigmatizzano le rivolte del 6 gennaio e l'assalto alla collina del Campidoglio, condannare allora le scene di guerriglia urbana e il loro corteo di saccheggi e distruzioni. Rimane la cura della pandemia. Consapevolezza tardiva, certo, ma è l'unico? Guardando a ciò che sta accadendo in tutto l'Occidente, i leader di altri grandi Paesi hanno fatto ben poco - e ancora oggi non fanno di meglio. Lasciamo il giudizio alla Storia. Nel frattempo bisogna vedere con quale giubilo i media si abbattono su un uomo a terra. Si sono dimenticati i commenti secondo i quali ci si era preoccupati del fatto che Trump, a 71 anni, fosse allora il candidato presidenziale più anziano; Joe Biden ha festeggiato felicemente il suo 78 ° compleanno nel novembre del 2020. Ma soprattutto, chi avrebbe il coraggio di porre la vera domanda: se questi quattro anni di Presidenza sono stati un tale disastro, come mai 74 milioni di cittadini americani, tra cui molti afroamericani e ispanici, hanno votato per Donald J. Trump lo scorso novembre? Se il nuovo Presidente vuole davvero placare gli spiriti e iniziare il suo mandato su basi solide, dovrà rifletterci sopra.
Michelle Mazelscrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".