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Italia Oggi Rassegna Stampa
20.01.2021 La DDR e il terrorismo palestinese
Commento di Diego Gabutti

Testata: Italia Oggi
Data: 20 gennaio 2021
Pagina: 13
Autore: Diego Gabutti
Titolo: «Gli arabi dietro il terrorismo»
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi 20/01/2021, a pag.13 con il titolo "Gli arabi dietro il terrorismo", il commento di Diego Gabutti.

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Diego Gabutti

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Gianluca Falanga, Al di là del muro. La Stasi e il terrorismo, Nuova Argos 2021, pp. 256, 10,00 euro

Qualunque cosa se ne sia detto, non ci sono i servizi segreti dell'Est, Kgb e Stasi tedescodemocratica in testa, dietro il terrorismo degli anni Settanta, comprese le ghenghe gosciste europee, a cominciare dalla Baader-Meinhof. Ci sono i regimi arabi, e in particolare le bande palestinesi, che i sultanati musulmani utilizzano per le loro operazioni di diplomazia segreta (e che a loro volta appaltano parte delle operazioni ai terroristi europei). Questa, in due parole, la lezione di quella parte degli archivi della Stasi fortunosamente scampati agli incendi appiccati, dopo il crollo del Muro di Berlino, dal personale del ministero per la sicurezza di Stato allo scopo di cancellare ogni traccia delle operazioni sporche (e di proteggere l'identità degl'informatori infiltrati in tutti i cantucci, angoli e pertugi della società tedesco-orientale). Operazione particolarmente sporca, nota a tutti e non di meno inconfessabile, è la liaison con le bande armate che operano in Europa, di cui la Stasi favorisce le imprese senza però dirigerle e organizzarle. Studioso della guerra fredda, storico delle guerre d'ombra dei servizi segreti, Gianluca Falanga ricostruisce tutta la storia sulla base della documentazione sopravvissuta ai falò (l'ultima operazione sporca della Stasi) in un libro assolutamente da leggere, Al di là del Muro, ricco anche d'immagini eloquenti come files desecretati. Linee di fuga, armamenti, case sicure, corsi per agenti che operano in clandestinità, addestramento militare, documenti falsi, argent de poche, consigli paterni: Kgb, Stasi e gli altri servizi dell'Est non fanno mancare la loro assistenza ai terroristi impegnati negli attentati in Europa.

Ma le bombe e i kalashnikov sono saldamente nelle mani dei «mukhaharat», i servizi segreti dei regimi petroliferi mediorientali. Col tempo, le cose si complicheranno, ma almeno all'inizio (prima che Arafat si renda in qualche modo indipendente dai suoi sponsor arruffianandosi i principali governi occidentali, Italia in testa, con l'offerta d'accordi segreti, per evitare sorprese esplosive, in cambio dell'isolamento d'Israele) le sigle palestinesi del terrore sono strumenti quasi esclusivi della diplomazia segreta araba e mediorientale. Sotto attacco terroristico nei territori, Israele non è il bersaglio principale del terrorismo internazionale che, anche quando semina morti nelle sinagoghe e nei ristoranti kosher, colpisce al cuore le capitali europee puntando così ai suoi veri bersagli: l'imperialismo, il capitalismo, le democrazie, il modo di vita occidentale (sono le stesse fantasie, fateci caso, dei moderni jihadisti). Non è Israele (o non è soltanto Israele) il bersaglio degli attentati nell'Europa post Sessantotto, anche se in prima fila, quando esplode la bomba, ci sono i palestinesi o i loro fratelli in antisionismo crucchi e giapponesi: i nazisti rossi della banda Baader-Meinhof (o Raf) e i maoisti trucidi del Nippon Sekigun, l'Armata rossa giapponese, ma anche i neonazisti tedeschi, addestrati nei campi palestinesi e in quelli della Ddr Quel che si vuole ottenere con gli attentati, e ciò che spiega l'assistenza ai terroristi da parte dei regimi dell'est, è la destabilizzazione dell'Europa, che Mosca intende trasformare in un'alleata pavida e inaffidabile degli Stati Uniti, il grande nemico. Quanto agli attentati più specificamente antisemiti, il massacro del villaggio olimpico del 1972 a Monaco, per esempio, o le stragi nelle sinagoghe in Francia e in Italia, la Stasi e Mosca non li apprezzano. Marxisti e leninisti come sono, approvano che una bomba esploda in una discoteca piena di marines in quota Nato (notoriamente nemici delle buone cause) ma le carneficine in forma di pogrom, stragi motivate nazionalisticamente e religiosamente anziché politicamente e ideologicamente, attentati in cui a morire non sono i funzionari degli apparati politici e militari dell'imperialismo ma donne e bambini, non piacciono alla Stasi (per ragioni strategiche, beninteso, non umanitarie o sentimentali). Disapprovano (benché qui la documentazione sia scarsa: scarsa ma esistente) anche l'attentato di Bologna, che a dispetto delle sentenze dei nostri tribunali antifascisti è quasi certamente una ritorsione dei gruppuscoli palestinisti (e della Raf) dopo l'arresto d'un mammasantissima dell'Olp a Roma.

Penna impassibile, Gianluca Falanga illustra con passione e competenza questo vasto labirinto di mosse e contromosse, d'illusioni militari, di guerre clandestine, di collusioni tra destre e sinistre estreme. È una storia popolata di criminali pallidi, di strateghi da film di spionaggio, di terroristi che fanno la bella vita, di traffici d'armi, di denaro facile, di covi a Praga e Sofia, di hotel di lusso, di scuole d'omicidio e sabotaggio nelle campagne tedesche. Ma soprattutto è una storia di vittime innocenti. E di questa sostanza, infatti, cioè di vittime innocenti, che negli anni settanta sono fatti i sogni del terrorismo e dei suoi finanziatori e sostenitori. Passano i decenni, e non è cambiato molto (fatta eccezione, naturalmente, per l'inabissamento dell'Urss): il terrore prospera, i suoi sponsor dilagano, le vittime sono sempre più innocenti, gli attentati sempre più gratuiti, gli ayatollah sempre più atomici, e la destabilizzazione cresce.

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