Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/01/2021 a pag.18, con il titolo 'L'ebreo che mette la Shoah in conto alle ferrovie', il commento di Maria Luisa Colledani.
La copertina (Sole24Ore - Domenica ed.)
La memoria è futuro e pace. Soprattutto se viene da un uomo coraggioso e tenace come Salo Muller, classe 1936. Suo padre, sua madre e quasi tutta la famiglia sono stati inghiottiti dai campi di sterminio. Così, la vita di Salo è diventata memoria: sulle tracce di Primo Levi, ci ricorda che «è avvenuto quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire». Salo come Primo Levi, come Liliana Segre, Sami Modiano o Nedo Fiano. Ma Salo anche come colui che sta lottando perché le società ferroviarie d'Europa, responsabili di aver trasportato gli ebrei a morire, indennizzino gli eredi di quei 6 milioni di innocenti che pesano sulla coscienza della storia. Amsterdam, un sabato mattina del novembre 1942. Mamma Lena dà un bacio in fronte a Salo che sta entrando a scuola: «A stasera e fa' il bravo». A sei anni quelle parole sono i titoli di coda della vita serena di Salo e sono il titolo del libro in cui racconta il suo inferno. Il volume, tradotto ora per la prima volta in italiano dal Sole 24 Ore, è stato pubblicato nel 2005: Salo andava raccontando la sua infanzia da anni nelle scuole e in incontri pubblici. «Ho conservato le lettere della Croce Rossa, lunghe una sola riga ciascuna. In una il nome di mia madre, Lena Blitz, nata il 20 ottobre 1908 e morta ad Auschwitz il 12 febbraio 1943. Nell'altra quello di mio padre, Louis Muller, nato il 20 luglio 1903 e morto ad Auschwitz il 30 aprile 1943».
RASTRELLAMENTI Mamma Lena e papà Louis sono vittime di uno dei rastrellamenti voluti dalle SS in Olanda: sono deportati prima al campo di Westerbork e poi ad Auschwitz. Eppure, si sentivano, pur ebrei, Amsterdammers a tutti gli effetti come si credevano cittadini olandesi i 140mila ebrei del Paese. Poi, divieto dopo divieto, perdono spazi, libertà, vita. Salo Muller racconta questa discesa agli inferi, che ricorda il percorso tutto in discesa che si compie nel Museo Ebraico di Berlino. La struttura architettonica voluta da Daniel Libeskind è la fisicità della caduta: la percentuale di ebrei olandesi eliminati dai tedeschi, quasi l'80% del totale, è la più alta nell'intera Europa occidentale. Le pagine di Muller, anche nel ricostruire il clima di inizio anni 40, sono cronaca pura, nessun abbandono, per questo possono essere perfette per i ragazzi: istantanee, pezzi di storia in capitoli brevi e potenti. I tedeschi privano gli ebrei di case, botteghe, negozi, terreni, gli ebrei non possono usufruire di treni, tram, biciclette, taxi e telefoni pubblici, e l'avversione antisemita è tollerata sempre più apertamente. Il clima di quei giorni fa rabbrividire riletto oggi, fra degrado sociale, rigurgiti antisemiti e manifestazioni con le svastiche al petto. Salo resta orfano e la resistenza olandese lo nasconde, lo aiuta a trovare alloggi di fortuna e famiglie che lo proteggono. Ogni nuova famiglia un nuovo nome, un nuovo straniamento, una nuova partenza e un nuovo abbandono, fino ai mesi in Frisia, nel Nord dei Paesi Bassi, dove zio Omke e zia Beppe gli fanno da genitori e lui diventa Japje, piccolo Jakob: «Mi sembrava di vivere in un mondo tutto mio, ma pensavo spesso a mamma e papà. Ancora non capivo perché non li avessi più rivisti né come mai in tutto quel tempo non avessi ricevuto loro notizie. Mi mancavano tanto anche zia Ju e zio Louis. Nel frattempo, avevo compiuto otto anni e già lavoravo sodo in campagna».
STUDENTE RIBELLE Il tempo sospeso, l'infanzia annichilita da momenti atroci come una fucilazione per rappresaglia: Salo è un ragazzino minuto, troppo basso e magro per la sua età. Prega perché i genitori tornino, ma quando l'Olanda viene liberata lo aspetta una nuova partenza: lo accolgono zia Ju, sorella della mamma, e zio Louis. Combatte contro asma, debolezze e fantasmi, è uno studente ribelle e senza pace. Trova la sua strada - e che strada - grazie a Jan Rodenburg, docente al corso serale per diventare massaggiatore: da11960 al 1972 sarà il fisioterapista dell'Ajax di Johan Cruijff, che, con il suo calcio totale, porterà il pallone nella modernità. Ha molto dalla nuova vita: i successi con l'Ajax, una bella famiglia con Conny e i loro figli ma è impossibile tornare alla leggerezza di quando suonava la batteria, dono di nonno Barend. Così, con il tempo, la vita dell'ex massaggiatore dell'Ajax è diventata testimonianza e lotta. Anche contro le ferrovie. Salo, prendendo spunto da quanto avvenuto in Francia, ha chiesto e ottenuto dalla NS, la società olandese dei trasporti ferroviari, un risarcimento per i sopravvissuti e per gli eredi delle vittime della Shoah. Ora che la sua battaglia è diventata un nuovo libro, Mijn gevecht met de Nederlandse Spoorwegen, la volontà è di estendere la richiesta alle ferrovie tedesche. I suoi pensieri sono senza appello: «Do la colpa alla compagnia ferroviaria per aver trasportato consapevolmente ebrei nei campi di concentramento e per aver ucciso quegli ebrei in modo terribile. Non posso arrendermi perché questo mi fa male ogni giorno. Ogni giorno ci penso e mi fa male. E voglio che quel dolore finalmente passi». Ma potrà mai passare un dolore così feroce, così eterno? Intanto, scolpite nel vostro cuore questo libro e lo sguardo mite e fermo di Salo, che parla di passato per costruire un futuro con i tulipani in fiore.
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