‘Apartheid’ in Israele: bloccare le fake news della propaganda
Analisi di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
A destra: una vignetta della propaganda antisemita e antisionista
Quasi tre quarti di secolo dopo la rinascita dello Stato ebraico, i nemici di Israele galoppano con la fantasia pur di negargli ogni legittimità. Ultimo avatar, l'accusa di apartheid. Ma innanzitutto è necessario un breve riassunto degli episodi precedenti. Il tentativo di appellarsi alla simpatia dell’Occidente facendo diventare gli israeliani i nuovi nazisti, i palestinesi che sostituiscono gli ebrei nel ruolo di vittime, non ha avuto molto successo, le immagini del Gran Mufti di Gerusalemme Hajj Amin al Husseini ricevuto in pompa magna da Hitler sono ancora troppo impresse nella memoria collettiva. Ciò non impedisce alle vignette che rappresentano questo o quel leader israeliano in uniforme delle SS di apparire regolarmente sui giornali della stampa araba in generale e su quella dell'Autorità Palestinese e di Hamas in particolare. Un secondo tentativo che ha avuto invece un certo successo, è stato cercare di cancellare il legame tra il popolo ebraico e la Terra di Israele. Abbiamo visto l'UNESCO affermare senza alcuna vergogna che il Monte Moriah – pardon, “la spianata delle moschee” - dove furono costruiti il Primo e il Secondo Tempio, non aveva nulla a che vedere con gli ebrei e il giudaismo. Ciò non ha impedito alle nazioni di fede cristiana di votare a favore di decisioni che sembrano contrarie alle loro tradizioni: se su detta spianata non c'era nessun Tempio, cosa veniva a fare lì Gesù di Nazareth? E arriviamo così a un terzo avatar di questo sforzo di delegittimazione: Gesù era infatti un palestinese! Avremmo dovuto pensarci. Bisogna leggere e rileggere l'ammirevole articolo apparso su Le Monde nel dicembre del 1995 quando, ai sensi degli Accordi di Oslo, Betlemme passò sotto il controllo dell'Autorità Palestinese: “Primo Natale palestinese.” La parola Palestina non compare nel Nuovo Testamento e comunque Gesù era un ebreo, ma non importa. L'idea si è fatta strada nella narrativa dell'Autorità Palestinese, che non esita a fare di Gesù “il primo martire palestinese, ucciso dagli ebrei.” Sono stati i romani, ma questo dettaglio non ferma né Abu Mazen né l'attuale mufti di Gerusalemme che sostiene che Gesù avrebbe predicato il Corano per le strade della Palestina. Elucubrazioni che la stampa europea sta ben attenta a non condannare, e ancora meno a citare. Dall'altra parte dell'Atlantico, l'idea ha successo e si è potuto leggere sul serissimo New York Times un forum in cui si sostiene che il fondatore del cristianesimo era un palestinese con i capelli crespi e la carnagione ramata. Nel complesso queste teorie hanno scarso impatto sul grande pubblico. Si doveva inventare una nuova strategia, una nuova prospettiva più universale.
Questa volta Israele è accusato di praticare l'apartheid, il sistema di privazione dei diritti civili, di oppressione e discriminazione razziale che ha disonorato il Sud Africa per molti anni. Un'accusa smentita dai fatti. Secondo gli ultimi censimenti, gli arabi rappresentano il 20% della popolazione del Paese. Nelle elezioni del 2020, hanno inviato alla Knesset una lista araba di 15 parlamentari - sui 120 dell'Assemblea - nonostante l'affluenza alle urne fosse stata al di sotto della media nazionale. Quasi il 20% degli studenti arabi frequentano l’Università. Il 35% dei farmacisti appartiene alla comunità araba , molto presente nelle professioni sanitarie ma anche nella magistratura. Allora da dove viene la bufala? Dall'Autorità Palestinese, ovviamente, che qualifica come muro dell'apartheid la barriera che separa Israele dai territori dell’ Autonomia palestinese, sulle linee del cessate il fuoco del 1967. Fu in seguito alla Seconda Intifada, che negli attacchi terroristici causò la morte di oltre 800 civili israeliani, che fu presa la decisione di costruire un ostacolo per porre fine alle incursioni e proteggere così la popolazione. Il tracciato di questo muro è controverso, poiché invade alcuni punti dei territori palestinesi. Detto questo, resta un fatto inconfutabile: da una parte del muro c'è lo Stato di Israele con il suo 20% di cittadini arabi , dall'altra, l'Autorità Palestinese che si autoproclama Judenrein , vale a dire che nessun ebreo può pretendere di stabilirsi lì.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".