Antisemitismo via Zoom alla presentazione del libro di Lia Tagliacozzo Commento di Elena Loewenthal
Testata: La Stampa Data: 13 gennaio 2021 Pagina: 21 Autore: Elena Loewenthal Titolo: «I fascisti digitali: 'Ebrei al forno'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/01/2021, a pag.21, con il titolo "I fascisti digitali: 'Ebrei al forno' " il commento di Elena Loewenthal.
Elena Loewenthal
Lia Tagliacozzo
Fra le tante cose che in questi mesi di pandemia sono cambiate radicalmente c'è anche la nostra percezione delle mura domestiche. Siamo rinchiusi in casa come in una prigione. Al tempo stesso essa è diventata uno spazio pubblico, lo scenario del dibattito politico e culturale: virtuale perché da remoto, eppure reale come gli scaffali di libri, i quadri appesi, i ninnoli di più o meno dubbio gusto sullo sfondo dei volti e delle voci. Oggi più che mai la casa è diventata il nostro rifugio, l'unico spazio al sicuro dalle incertezze del mondo, dal quale ci sembra di poterci affacciare all'esterno senza correre rischi, attraverso lo schermo del nostro device. Ma non è così. Perché oggi scopriamo che si pub fare violenza anche passando per un'applicazione. «L'importante è non lasciarsi prendere dalla paura. Non cedere all'intimidazione», spiega Lia Tagliacozzo, autrice di un libro uscito da poco e intitolato «La generazione del deserto» (Marini editore), all'indomani della presentazione via Zoom organizzata dal Centro di Studi Ebraici di Roma e funestata da una vera e propria aggressione antisemita. «Era iniziata da poco, stava parlando Claudia Abbina, c'erano circa centoventi persone collegate, quando abbiamo sentito un vociare, delle urla che si avvicendavano con "ebrei ai forni", "stiamo tomando", `viva Hitler". Sul mosaico dello schermo sono anche comparse immagini di svastiche. E' durato tutto non più di due minuti perché gli amministratori della piattaforma hanno bloccato quei partecipanti. E ci tengo a dire che la presentazione del libro è ripresa regolarmente. No, non dobbiamo farci intimidire».
La copertina (Manni ed.)
Questo vergognoso episodio ci dice in fondo due cose. Due verità molto scomode, inaccettabili. La prima è che con una puntualità sconfortante gli episodi di antisemitismo—violenza verbale, simbolica o fisica che sia — si moltiplicano proprio intorno al Giorno della Memoria, di fatto spalmati su tutto il mese. E' come se questa ricorrenza fomentasse una rabbia cieca. Allora non si pub non pensare che c'è qualcosa che non funziona nel modo in cui viene intesa questa commemorazione. Che non è, non deve essere un atto di ossequio alle vittime dello sterminio bensì la consapevolezza che quell'orrore fa parte della storia d'Italia e d'Europa. Perché il Giorno della Memoria riguarda non tanto gli ebrei quanto il resto del mondo: la nostra comune civiltà che ha visto, permesso e prodotto tutto questo. A ciò dovrebbe appunto servire il ricordo: a condividere quel passato invece di liquidarlo come altrui svendendo i propri sensi di colpa con un omaggio, magari a denti stretti, ai morti. No, non è affatto questione di senso di colpa—che è ingiusto e inutile—ma di coscienza storica. Intorno a questa memoria si avvita invece ogni anno la vergogna di aggressioni razziste e antisemite. La seconda è che a tutto questo si somma il disvalore aggiunto di una violenza capace di penetrare dentro le nostre case attraverso le piattaforme di incontro virtuale: ora sappiamo che cliccare su un link pub essere un gesto sinistro e niente affatto innocuo, capace di violare l'intimità e la sicurezza del nostro spazio domestico.
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