Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/01/2021, a pag.16, con il titolo "Burns, un superdiplomatico per guidare le spie della Cia" il commento di Alberto Flores d’Arcais.
Con la Cia guidata da William Joseph Burns le democrazie non potranno dormire sonni tranquilli. Burns è stato infatti sempre pronto, in passato, a trattare con le dittature e i regimi liberticidi, a partire dall'Iran, dimostrandosi una controfigura di Obama.
Ecco l'articolo:
Alberto Flores D'Arcais
William Joseph Burns
«La mia prima missione diplomatica è stata un totale fallimento». Così William Joseph Burns, nominato dal presidente eletto Joe Biden nuovo direttore della Cia, inizia le sue memorie (The Back Channel) pubblicate nel 2019, cinque anni dopo aver lasciato il Dipartimento di Stato per diventare presidente del Carnegie Endowment for International Peace, il più celebre think-tank di politica estera Usa. A Foggy Bottom (il quartiere di Washington che ospita il dipartimento di Stato) aveva passato 33 anni, da quel primo fallimento del 1983 ai confini tra Iraq e Giordania fino a diventare il numero due della diplomazia americana, con John Kerry Segretario di Stato. Oltre tre decenni al servizio di cinque presidenti (Ronald Reagan, George Bush padre, Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama), in spirito bipartisan passando dal Medio Oriente a Mosca, dal sud est asiatico all’Iran. È stato lui, insieme a Jake Sullivan (il nuovo consigliere per la Sicurezza nazionale) a instaurare il canale segreto con Teheran che avrebbe portato all’accordo sul nucleare durante l’amministrazione Obama. Pochi sanno però che il suo primo incontro segreto con funzionari iraniani era stato deciso nel 2008, sotto il repubblicano Bush jr. Per la Cia è un outsider, ma nel mondo dell’intelligence Burns è stato sempre apprezzato. Classico ‘gray man’, uomo in grigio della politica internazionale che conosce i segreti del mondo tra diplomazia e spionaggio, riservato e allo stesso tempo uomo-squadra, attento ai collaboratori e leale con i suoi superiori.
L'Iran prepara i missili
Nel luglio 2002 fu lui, insieme a Ryan Crocker e David Pearce (due stimati ambasciatori), ad inviare un promemoria al Segretario di Stato Colin Powell, sottolineando i rischi di un ‘cambio di regime’ in Iraq: «Lo sforzo per rovesciare il regime potrebbe, se non stiamo attenti, diventare una disfatta». Nei suoi decenni da diplomatico ha avuto diversi mentori, ma quelli da cui è stato più influenzato sono Colin Powell e soprattutto Jim Baker (il suo favorito), due Segretari di Stato repubblicano. Parla sia l’arabo che il russo, ha cercato di frenare qualche eccesso Usa nei confronti della Russia post-sovietica, ha messo in guardia dal rovesciare Saddam Hussein e ai tempi della primavera araba l’egiziano Hosni Mubarak. ‘Uomo grigio’, ma dotato di ironia e di una notevole scrittura. Memorabili alcuni suoi cablogrammi (rivelati da WikiLeaks), come quello in cui racconta un matrimonio dell’alta società nel Caucaso «completo di enormi quantità di alcolici, ubriaconi che brandiscono una pistola e grappoli d’oro massiccio» cui aveva partecipato anche il leader della Cecenia Ramzan Kadyrov. Una prosa che Timothy Garton Ash avrebbe definito «degna di Evelyn Waugh».
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