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Il Foglio Rassegna Stampa
10.09.2002 D'Alema ricade nella demagogia


Testata: Il Foglio
Data: 10 settembre 2002
Pagina: 4
Autore: un giornalista
Titolo: «Il Demagogo»
Su Il Foglio, a pagina 4 di martedì 10 settembre viene esaminata la posizione di D'Alema su Israele. Pubblichiamo per intero l'articolo intitolato "Il demagogo":
"Roma. Si fa andreottiano in "Oltre la paura". Massimo D'Alema. "Questo significa forse equiparare gli assassini suicidi del World Trade Center e una delle adolescenti palestinesi che si sono fatte esplodere in mezzo a civili israeliani? Personalmente non lo credo" Perchè, aggiunge: "il punto è cogliere, senza reticenze, i processi che innescano quella violenza, anche al fine di arginarne la crescita. Da un lato, questo significa condannare con la medesima fermezza forme, purtroppo esistenti, di "terrorismo di Stato", e dunque la scelta di colpire civili inermi in una logica di violenza o di rappresaglia indiscriminata; dall'altro chiarire la strategia della lotta alle nuove forme di terrore. Sabato sera con ancora maggiore impeto, questa tesi ha ripetuto ai militanti della festa di Modena che a lungo lo hanno applaudito. A Gad Lerner, che a lungo ha evocato il "terzomondismo ambiguo e inconcludente" ha risposto che è terrorismo "qualsiasi atto di violenza deliberata contro i civili" e dunque ciò sta a significare come "anche le violenze di un esercito contro i civili siano atto di terrorismo. La politica di Israele oggi non mi sembra tale da garantire la sicurezza degli stessi israeliani" E la posizione di Tony Blair che si dice disposto a versare sangue per far fuori Saddam? "La giudico sbagliata".
Contiene molte pagine. "Oltre la paura", destinate a deludere gli estimatori di un D'Alema "statista principe" a sinistra. Come quando si domanda se può "l'arbitrio di una sola potenza o dei paesi più ricchi, decidere su una questione tanto delicata e cruciale nelle nuove relazioni internazionali?" O la necessità di "un'altra immagine dell'occidente per rimuovere le ragioni, non sempre prive di verità, di diffidenza o addirittura odio". O di quando annota: "La lotta al terrorismo, allora, non solo non può essere concepita come uno scontro di civiltà tra l'occidente e l' Islam, ma neppure come guerra ideologica e militare contro il male". Scrive D'Alema, che la teorizzazione da parte americana di "azione militare preventiva" contro i paesi potenzialmente sostenitori del terrorismo, o sospettati di esserlo, a partire dall'Iraq "avrebbe un esito "disastroso non solo sul piano politico, ma anche sul terreno della sicurezza." Si domanda: "Cosa significa per esempio, agli occhi del mondo arabo e non solo, che si applichino con giusto rigore le sanzioni nei confronti di Saddam Hussein mentre si continua a ignorare l'occupazione illegittima dei territori palestinesi da parte di Israele?" Fa sua, D'Alema con preveggenza, una citazione di Tommaso-Padoa Schioppa: "La forza americana ha bisogno di essere temperata dalla saggezza europea". E non a caso il primo capitolo del libro si intitola: "Orgogliosi di essere europei", anche se ammette, "l'Europa è stata spesso restia ad assumersi le proprie responsabilità. E questo è un limite che in futuro dovrà essere corretto". Molti passaggi dell'opera D'Alema ha citato alla festa dell'Unità, con non aspettato consenso.
Per niente statista di stampo blairiano, D'Alema in fondo nel suo dare un po' a una parte e un po' all'altra, è un continuatore. Eccolo, a riprova, nel '91, al tempo di "tempesta nel deserto" evocare "un cinismo bellicista che ci ha portato verso una guerra scellerata e che sta facendo di un tiranno pazzo e temerario come Saddam Hussein una sorta di eroe dei popoli arabi". Vero che al tempo tutto il Pc, quasi Pds, era su quella linea. Achille Ochetto incolpava l'occidente di aver "indebolito la difficile opera di moderazione di Arafat, favorendo di fatto le forze più estremiste" diceva di attendere "l' Aurora di un giorno nel quale non la forza e la potenza, ma ma il diritto e la cooperazione internazionale reggeranno le sorti del mondo", e trovava consolazione nel fatto che "agli occhi di tutti siamo il partito, in Italia, che con più convinzione e tenacia si batte per la pace". E persino quello che l'Ansa ancora identificava con il "comunista Veltroni" voleva ripristinare "la legalità internazionale", cacciare Saddam dal Kuwait, ma "con le armi della diplomazia". Si andava a San Pietro per l'Angelus, con i bimbi e Roberto Formigoni. E sull'Unità Massimo Cacciari al quesito: "Ha ragione il Papa?", replicava: "Il papato è oggi l'unica forza che possa contrastare il processo di secolarizzazione incarnato dalla cultura americana". Ma una guerra D'Alema l'ha fatta: quella del Kosovo. Disse, da presidente del consiglio: " Noi saremo con i nostri alleati" scrive oggi che "cercammo di capire le ragioni delle diverse parti, anche quelle dei serbi" e "accettammo la via dell'intervento armato, senza però rinunciare alla ricerca di uno sblocco politico". E può darsi, concede, che gli USA e il Generale Clarck "abbiano sofferto" ma il gran discutere, assicura adesso, " fu una risorsa in più che l'America non dovrebbe mai sottovalutare, prima di tutto nel suo interesse". Niente sangue, magari una lezione.
Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare il proprio parere sul discorso di D'Alema alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà un'e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@ilfoglio.it

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