Riprendiamo da LIBERO di oggi, 10/01/2021, a pag.1, l'intervista "La lezione dello Stato ebraico" di Alessandro Gonzato a Arnon Shahar, responsabile nazionale della task force della vaccinazione anti-Covid del Maccabi health service.
«Tra marzo e aprile avremo vaccinato tutta la popolazione israeliana. Oggi siamo quasi al 20%: abbiamo immunizzato un milione 900 mila persone. L'arrivo delle prime dosi del vaccino di Moderna ci sta permettendo di accelerare ulteriormente. È un'operazione di guerra, e in guerra non si può perdere tempo». Arnon Shahar, 43 anni, un passato da paracadutista nell'esercito israeliano, è il responsabile nazionale della task force della vaccinazione anti-Covid del Maccabi health service. Si è laureato in Medicina e Chirurgia all'Università di Bologna. In Israele si è specializzato in Medicina di famiglia, dirige una grande clinica privata, 10 mesi fa il premier Benjamin Netanyahu gli ha affidato la direzione della gestione dei pazienti Covid e poi quella vaccinale. «Domani», ci dice (oggi per chi legge, ndr), «mi sottopongo alla seconda iniezione: la prima l'ho ricevuta il 20 dicembre, come gli altri componenti della squadra».
La vaccinazione della popolazione, invece, quand'è iniziata? «Il giorno dopo».
Una settimana prima del "Vaccine-Day" europeo. «Eravamo pronti alla somministrazione già settimane prima dell'arrivo del vaccino Pfizer-Biontech. Abbiamo preparato medici e infermieri, di persona ma anche in video tramite Zoom, spiegandogli esattamente come si somministrano le dosi: non bisogna toccarle troppo perché il siero è molto sensibile, è necessario sapere esattamente come va aspirato il liquido, è fondamentale non girare le fiale. Di pari passo abbiamo spiegato alla popolazione, in tivù, su internet e per radio in cosa consiste il vaccino. Abbiamo mostrato i dati del livello di sicurezza. Dal premier al ministro della Salute, tutti si sono vaccinati in diretta il risultato è che oggi per sottoporsi alla vaccinazione c'è la fila».
Quante iniezioni fate al giorno? «Abbiamo cominciato con 70 mila: oggi siamo a più del doppio».
Chi avete vaccinato finora? «Tutto il personale medico, gli over 60 e le persone immunodepresse. Adesso inizia la fase 2».
E a chi tocca? «A chi ha problemi a uscire di casa, alle forze di polizia e agli insegnanti. Vacciniamo nelle palestre e negli stadi. Abbiamo 400 postazioni mobili: spostiamo le nostre forze dove c'è bisogno, come in un campo di battaglia. Ogni infermiere riesce a vaccinare una media di 7,5 persone all'ora. E un lavoro incessante: per garantire il turn over abbiamo assunto anche un buon numero di paramedici dell'esercito. Non bisogna girarci attorno: è un'operazione bellica».
Non vaccinate nessuno o quasi negli ospedali: perché? «Non vanno intasati. Inizialmente abbiamo sbagliato anche noi ricoverando troppa gente. Poi, alla luce di quello che stava succedendo in Italia, abbiamo cambiato strategia il futuro della medicina non è l'ospedale tradizionale, ma quello virtuale».
Ci spieghi. «Si basa sulla medicina di comunità. Vanno ospedalizzati solo i pazienti gravi. Noi monitoriamo quotidianamente i pazienti da remoto nelle loro case attraverso call center, messaggi video e audio. C'è un'applicazione dedicata: al medico di famiglia basta un click per aggiornare in tempo reale la cartella medica. Abbiamo fornito a tutti il saturimetro per controllare l'ossigenazione del sangue. Quando una persona ha bisogno di medicinali glieli mandiamo. Se un paziente si aggrava inviamo l'ambulanza e lo portiamo in ospedale per sottoporlo agli esami. In questo ospedale virtuale lavorano 2 mila medici e 700 infermieri: al momento abbiamo 20 mila pazienti classificati in 4 fasce di rischio».
Un altro mondo rispetto all'Italia... «Guardi che noi non siamo più intelligenti di voi: abbiamo semplicemente evitato di commettere gli stessi errori. L'Italia, purtroppo, non si è mai ripresa dalla prima ondata E stata una tragedia: 4 mila persone in terapia intensiva con la metà dei posti disponibili. Sarebbe andato in crisi chiunque».
Cosa cambierebbe nel sistema italiano anti-Covid? «La logistica delle cure, che sposterei fuori dagli ospedali, se non per i casi più gravi. Creerei un'unica task force con a capo un medico o un infermiere d'esperienza, meglio con una formazione militare. Avete strutture e competenze migliori di noi ma non le sfruttate. Poi va detto che avete a disposizione pochi vaccini».
Secondo lei l'Italia cos'ha sbagliato principalmente? «In queste situazioni bisogna essere rapidi e correggere immediatamente le decisioni che non portano risultato, ma non voglio assolutamente criticare nessuno».
Qui è successo che al centro vaccinale di Modena, vicino alla sua Bologna, a fine giornata gli infermieri hanno somministrato ai parenti le dosi avanzate... «Qui se capiamo che un giorno non riusciamo a effettuare tutte le iniezioni a disposizione telefoniamo e inviamo messaggi a persone inserite nelle fasce successive, quelle non prioritarie. Abbiamo costruito un archivio, ci bastano pochi secondi per avvisare i diretti interessati».
Come vengono applicate le restrizioni? «Siamo al terzo mini-lockdown: finora le chiusure sono state di 2-3 settimane, non di più. Al termine di questa quarantena un quarto degli israeliani sarà già stato vaccinato».
Tra non molto sarete il primo Paese Covid-free in 4 mesi, grazie al vaccino, avrete sconfitto il virus del secolo. Altre nazioni europee tra cui l'Italia, dati alla mano, non ce la faranno prima di un paio d'anni. «Per ora è solo un'idea, nulla di ufficiale, ma non escludo che a vaccinazione terminata potremo aiutare chi è più indietro. Potremmo far venire persone dall'estero e pensare di vaccinare anche i turisti. Saremo pronti a metterci a disposizione. Io sto già offrendo la mia esperienza a chi è interessato, ho parlato con l'ambasciata italiana, ho fatto collegamenti con medici inglesi. Vogliamo fare di tutto perché la situazione torni alla normalità il più velocemente possibile».
Potete già somministrare anche il vaccino di Astrazeneca? «No: anche qui ci vorrà ancora un po' di tempo, ma non possiamo distrarci. In guerra non è permesso. Bisogna concentrarsi sulle forze in campo».
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