Gli esiti drammatici della presidenza di Donald Trump
Analisi di Antonio Donno
Donald Trump
Una volta Winston Churchill disse: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”. È impossibile sapere se Donald Trump conoscesse questo aforisma di Churchill, ma certamente quello che è successo due giorni fa rispecchia perfettamente, almeno nella sua prima parte, ciò che Trump pensa della democrazia. Fin dagli esiti delle elezioni del 3 novembre scorso, Trump non ha fatto altro che denunciare i brogli che hanno consentito a Joe Biden di vincere le elezioni presidenziali. È stato un crescendo di accuse, di denunce, che hanno infiammato gli Stati Uniti fino ai drammatici esiti degli ultimi due giorni. Trump ha presentato un numero imponente di contestazioni legali, ma nessuna di esse ha avuto un riscontro positivo per lui. Così, i fatti incredibili di due giorni fa, quando si sono riuniti i Grandi Elettori per sancire la vittoria di Biden, sono il risultato di un ultimo, infuocato appello di Trump a una mobilitazione generale. L’assedio a Capitol Hill, sede del Senato e della Camera dei Rappresentanti, da parte dei sostenitori dell’ex presidente, è stato l’atto finale di un attacco alla democrazia che non ha avuto precedenti nella storia americana e che ha proiettato a livello internazionale un’immagine terribile del Paese dei Padri Fondatori. Gli Stati Uniti, paese padre della democrazia, ha subito uno shock che lascerà uno strascico nella storia americana. Eppure, l’elezione di Trump nel 2016 aveva dato voce ad una parte importante del popolo americano, quella parte che gli stessi Padri Fondatori avevano definito come l’America del “common man”, un’America della gente semplice che vive esclusivamente del proprio lavoro e che è disprezzata dalle classi abbienti. Trump aveva introdotto delle riforme economiche che avevano progressivamente portato la disoccupazione al 3,5%, una percentuale che gli economisti definiscono generalmente fisiologica in un’economia capitalistica. Il Covid-19, il “virus cinese”, come lo ha definito Trump, ha distrutto queste importanti acquisizioni economiche, che avevano ridato fiato, in particolare, proprio alla vita quotidiana del “common man” americano. Al di là del fatto oggettivo costituito dalla pandemia, che ha travolto l’intero pianeta, non si può negare, tuttavia, che, alle prime avvisaglie della diffusione del virus, Trump abbia sottovalutato, con un tipico suo atteggiamento, la gravità del fatto. Così, la parte democratica dell’elettorato americano ha colto al balzo quest’errore di Trump per attribuirgli l’intera responsabilità della pandemia.
L'assalto al Campidoglio da parte di sostenitori di Donald Trump
Nonostante questo, Trump ha utilizzato sapientemente i suoi poteri per rafforzare la posizione del Partito Repubblicano. Ha ottenuto la maggioranza nella Corte Suprema, strappandola ai democratici, e ha conservato la maggioranza al Senato, che costituisce il passaggio obbligato per qualsiasi legge votata dalla Camera dei Rappresentanti, che aveva una maggioranza democratica. Inoltre, ha varato una politica internazionale che ha avuto solidi punti strategici di affermazione, in particolare nel Medio Oriente. La politica di Trump, in stretto coordinamento con il governo di Netanyahu, ha modificato sostanzialmente il volto politico di quella regione. Il ridimensionamento strategico dell’Iran, mediante l’applicazione di sempre più pressanti sanzioni economiche e il ritiro di Washington dal Jcpoa, e la nascita degli Accordi di Abramo, che hanno riavvicinato alcuni paesi arabi sunniti a Israele, hanno rappresentato un indubbio successo per il governo di Trump. A questo occorre aggiungere la rimodulazione dei rapporti economici con la Cina, finora sempre sbilanciati a favore di Pechino, una rimodulazione che lasciava intendere nuovi passaggi importanti per riequilibrare la questione dei dazi doganali tra i due paesi. Tutto questo, tuttavia, non è stato sufficiente per consentire a Trump di essere rieletto per un secondo mandato. Il presidente non ha accettato questo verdetto e ha compiuto gesti che hanno delegittimato il suo quadriennio e dato vita ad una ribellione della sua parte dell’elettorato che ha portato agli esiti osceni per una democrazia, nel momento in cui gruppi di dimostranti, anche armati, sono penetrati in Capitol Hill, il cuore della democrazia americana e l’hanno messo a soqquadro. Come conseguenza del rifiuto degli esiti delle elezioni presidenziali del 3 novembre, rifiuto che si è caratterizzato per i toni sempre più inclini a suscitare una ribellione di massa, il Partito Repubblicano ha perso la maggioranza al Senato, dove sono subentrati due senatori democratici nelle elezioni della Georgia, Stato repubblicano dove gli stessi elettori di quel partito hanno voltato le spalle a Trump, disgustati.
Antonio Donno