I servizi di sicurezza israeliani ieri hanno arrestato un ragazzo arabo israeliano di 16 anni. Qualche settimana fa aveva ucciso un compagno di classe, anche lui sedicenne. Si conoscevano da sempre. L'assassino è fuggito subito dopo aver compiuto il suo crimine, ma è stato ritrovato in tempi relativamente brevi. Ci sono casi in cui la lingua si scioglie, persino nella società araba nota per tenere la bocca ben cucita. In un primo momento lui ha cercato di negare, ma presto si è reso conto che era inutile. Non solo l'arma del delitto era stata goffamente nascosta nell'appartamento in cui viveva con i suoi genitori, ma c'erano ancora tracce del sangue della vittima sul suo unico paio di scarpe. Perché questo omicidio? Non si trattava di una rivalità romantica, i due non si disputavano il cuore di un’ammaliatrice della loro età, tanto meno si trattava di una disputa su un bene che l'uno avrebbe sottratto all'altro. No. Il movente, quello che ha spinto un adolescente a ucciderne un altro, non aveva nulla di personale. Semplicemente un lontano evento oscuro contrapponeva le loro famiglie ed è in virtù di questo conflitto, la cui origine si perde nella nebbia degli anni e dei ricordi, che una semplice discussione si è conclusa nel sangue. C'è motivo di temere che questo omicidio non sarà l'ultimo, la famiglia della vittima è desiderosa di vendicarla. Vi racconteranno che si tratta di una questione d'onore. E non accusate le usanze delle società arabe: come l’ha ben raccontato Corneille, Rodrigue, innamorato di Chimène, sfida comunque suo padre a duello e lo uccide per vendicare l'affronto fatto al suo proprio padre. Ovviamente è successo qualche secolo fa e da allora la società occidentale è alquanto mutata. L'altra storia è avvenuta domenica scorsa in Samaria e cercheremmo invano onore o valore. Secondo gli elementi noti fino ad oggi, un gruppo di giovani palestinesi, pare siano otto, accovacciati sul ciglio di una strada, attende che passi il primo veicolo con targa israeliana. infine ne arriva uno. I giovani sbucano fuori; l'auto rallenta. Sono le due del pomeriggio passate da poco e il tempo è molto bello; la visibilità è perfetta. Al volante c’è una madre di quarantadue anni, accompagnata dal figlio di quindici anni e dalla figlia dodicenne. Non importa. Uno dei "giovani" corre incontro e arrivato all'altezza del suo finestrino, le lancia una grossa pietra in testa prima di scappare, seguito dal resto del gruppo. Ferita gravemente, la donna si accascia mentre l'auto prosegue la sua corsa; il figlio ha la presenza di spirito di tirare il freno a mano prima di spegnere il motore. Al momento vengono ascoltati una dozzina di sospetti. La stampa francese non ha parlato di questo incidente; se lo avesse fatto, non avrebbe mancato di sottolineare che è successo nella “Cisgiordania occupata” e che la vittima risiede in una “colonia”. L'Unione Europea, intanto, chiede chiarimenti a Israele a seguito di uno scontro tra palestinesi e forze di sicurezza in cui è rimasto ferito un palestinese.
Michelle Mazelscrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".