Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 24/12/2020 a pag.3, con il titolo "Per la quarta elezione in Israele si prepara l'esercito degli anti-Bibi", l'analisi di Micol Flammini.
Micol Flammini
Roma. Mentre la ventitreesima Knesset votava per il proprio dissolvimento, tutti erano impegnati a cercare il responsabile: chi, tra i due leader della coalizione, aveva deciso di portare Israele al voto per la quarta volta in due anni? Benjamin Netanyahu, premier e capo del Likud, accusava Benny Gantz, e Gantz, leader di Blu e bianco, accusava Netanyahu. Ufficialmente il governo è caduto perché non è riuscito ad approvare il bilancio entro la data prevista, ma negli ultimi giorni sembrava che i due leader avessero deciso di accordarsi, non tanto sul budget, quanto su una proroga. Non c'è stato molto da fare, i parlamentari hanno votato contro la proroga e si andrà a votare il 23 marzo del 2021. Questa elezione, però, presenta qualche elemento di novità.
Durante le tre precedenti, il voto era stato un duello tra Netanyahu e Gantz, quest'ultimo si era presentato come l'alternativa più credibile al premier, era riuscito anche a strappargli qualche elettore del Likud più moderato. Dal nulla, questo ex capo di stato maggiore dell'esercito israeliano era diventato il principale rivale di Netanyahu, talmente importante che quando Donald Trump presentò il suo piano di pace per il medio oriente, chiamò anche lui a Washington, nonostante non fosse ancora nulla, se non il leader dell'opposizione. Sembrava essere la pedina più importante, l'ago della bilancia, sembrava che senza di lui, senza Gantz, nulla in Israele potesse muoversi. E infatti, nonostante le differenze e nonostante tutti e due avessero giurato che mai avrebbero formato un governo con l'altro, qualcosa si è mosso quando Gantz, l'oppositore, l'ex generale anti Bibi, decise per il bene del paese di cambiare idea, creando uno scossone dentro all'ala più a sinistra del partito. Tutta quella forza però l'ha perduta in fretta, nel governo a rotazione ha accettato che fosse Netanyahu a fare il premier per primo e lui, ministro della Difesa e vice premier, si è messo a guardarlo mentre parlava di annessione; faceva i discorsi alla nazione durante la pandemia; concludeva accordi di pace con i rivali storici nel medio oriente senza dirgli nulla e senza informarlo dei suoi incontri riservati con il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman e si faceva vaccinare il diretta contro il coronavirus.
Qualcuno sostiene che Gantz abbia sofferto per le accuse di chi gli diceva di essersi "sporcato" formando il governo con Netanyahu e che da quel momento abbia cercato di farsi vedere integerrimo e pronto a far cadere il governo. Qualcuno al contrario sostiene che quel Gantz forte e rigoroso che duellava con il premier era una montatura, che è sempre stato troppo debole in politica e si è lasciato incantare dalle promesse di Bibi per brama di potere: era ormai chiaro che Netanyahu non gli avrebbe concesso la premiership che gli spettava a rotazione. Gantz è il grande sconfitto di questa nuova caduta e il suo ruolo nella prossima campagna elettorale non sarà neppure quello di leader dell'opposizione. E' uscito dimezzato, ristretto da questo governo e secondo i sondaggi dai 33 seggi conquistati a marzo dello scorso anno scenderebbe a sei, appena sopra la soglia di sbarramento. Ma anche Bibi esce da questo governo con qualche problema in più, perché a sfidarlo non troverà più Gantz e la sinistra, troverà un suo ex alleato ed ex ministro del suo partito: Gideon Sa'ar. Sa'ar era un esponente dell'ala più radicale del Likud e dopo aver tentato di sfidare Netanyahu alle primarie - un grande azzardo perché ormai il destino del Likud appartiene al premier e viceversa - ha deciso di uscirne e creare un partito tutto suo. Nuova speranza è stato fondato l'8 dicembre scorso, quando già il governo scricchiolava e Sa'ar aveva intuito che la quarta elezione si stava avvicinando. Rispetto a Gantz, l'ex ministro del Likud ha la possibilità non soltanto di rubare i voti più radicali del Likud, già ci sono state delle fuoriuscite, ma anche la forza di riunire attorno a sé altri partiti di destra.
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Se si votasse adesso, il partito di Netanyahu, secondo i sondaggi di Channel 12, avrebbe 28 seggi, rimarrebbe il primo partito, ma subito dopo verrebbe Nuova speranza con 20 seggi. Le ultime elezioni sono sembrate più un referendum su Netanyahu che un voto per il futuro governo del paese. La campagna elettorale contro Gantz era però anche incentrata sulle differenza tra i due partiti, basti pensare all'annessione della Cisgiordania: Bibi era a favore, Benny no. Oppure la legge sull'uguaglianza, che definiva il carattere ebraico dello stato, Bibi era a favore e Benny no. La campagna di Sa'ar probabilmente sarà invece tutta spostata sui temi più cari alla destra e si concentrerà sulle promesse che Bibi non ha mantenuto, come l'annessione della Cisgiordania. Il leader di Nuova speranza, avvocato di 53 anni, potrebbe diventare il leader di una grandissima coalizione anti Bibi e raccogliere quindi attorno a sé partiti molto diversi tra di loro ma accomunati dall'obiettivo di allontanare Netanyahu dal governo e fargli affrontare il processo per corruzione e abuso d'ufficio. Di questa coalizione, che avrebbe pochissima speranza di andare d'accordo, potrebbero far parte: Yair Lapid con Yesh Atid, Naftali Bennett con Yamina, Avigdor Lieberman con Yisrael Beytenu e anche Gantz. Tutti questi partiti non riuscirebbero ad avere la maggioranza, a meno che non chiedessero anche il supporto esterno della Lista comune dei partiti arabi. Tutti troppo stretti dentro a un contenitore piccolo che ha come unica prospettiva non tanto quella di governare, quanto quella di cacciare Netanyahu. Sa'ar dovrebbe diventare il capo di una schiera di uomini che hanno avuto il sogno di sfidare e battere il premier. Sa'ar ha ancora tempo per farsi conoscere, per organizzare una campagna elettorale convincente e per attirare la fiducia degli altri partiti politici. Sarà difficile invece per Netanyahu fare in modo che qualcun altro, dentro alla Knesset, si fidi di lui. Dopo aver dimostrato che anche in un governo di unità nazionale, come era quello formato con Gantz, non sarebbe disposto a lasciare il posto del primo ministro una volta esaurito il suo turno, chi altri si lascerebbe coinvolgere? Forse, suggerisce qualche analista sui media israeliani, proprio Sa'ar, ma dovrebbe pretendere di assumere lui per primo il ruolo del premier.
Oppure, Netanyahu dovrebbe convincere Bennet e Yamina e i suoi alleati haredi, ma insieme, se i risultati fossero i numeri che diffondono oggi i sondaggi, arriverebbero a 58 seggi. Non abbastanza e anche in questo caso potrebbe servire rivolgersi a Sa'ar. Se l'offensiva al premier nelle ultime elezioni veniva dalle sinistra, ora viene dalla parte opposta. Sono cresciuti i partiti più radicali, quelli identitari, quelli che considerano Netanyahu troppo moderato. Mentre i moderati, che speravano in Gantz, adesso si trovano senza qualcuno che li rappresenti. Le elezioni in Israele sembrano una sfilata di nuovi possibili rivali del premier, uno dietro l'altro, da Lieberman a Lapid, da Bennet a Gantz, fino a Sa'ar, si sono alternati nel tentativo di impersonare il ruolo dello sfidante di Natanyahu. Un anti Bibi dietro l'altro sono usciti di scena, si sono fatti più piccoli. Forse sarà questo probabile esercito di figuranti anti Bibi a dare a Sa'ar qualche speranza di provare a formare un governo senza Netanyahu ma senza obiettivi comuni, o forse, come suggerisce Haviv Rettig Gur del Times of Israel, dopo una quarta elezione ce ne sarà probabilmente una quinta. I partiti politici hanno già iniziato ad assumere per la campagna elettorale, il Comitato elettorale aveva pubblicato annunci di lavoro per il personale dei seggi già una settimana prima che la Knesset si sciogliesse. Suggerisce Gur che, con questi sondaggi, potrebbe essere saggio per tutti gli interessati non licenziarsi troppo rapidamente dopo il 23 marzo. "Probabilmente ne avremo ancora bisogno per una quinta elezione improvvisa ad agosto".
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