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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Libero Rassegna Stampa
28.08.2002 Il cattivo israele da lezione


Testata: Libero
Data: 28 agosto 2002
Pagina: 2
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Macchè no-global, sull'ambiente il cattivo Israele da lezione a tutti»
Dimitri Buffa spiega quanto importante sia il contributo che Israele da sull'ambiente e sull'ecologia al mondo fin dal 1958.
E quanto però questo contributo sia poco riconosciuto dai media italiani che, per non rischiare di parlare bene di Israele, non menzionano gli stage organizzati dall'università Ben Gurion.

UN ESEMPIO DI ECOLOGIA E SVILUPPO SOSTENIBILE? IL TERZO MONDO PRENDA ESEMPIO
DA ISRAELE

Un esempio di ecologia e di sviluppo sostenibile? Il terzo mondo, i G77,
prenda esempio da Israele e partecipi, invece che alle ammucchiate no
global, ai due convegni organizzati dallo stato ebraico a Johannesburg, nel
corso del summit, oggi e domani nel quartiere di Ubuntu.
Si parlerà di come un deserto è potuto diventare un giardino fertile e
pieno di acqua, di come la palma da dattero potrebbe divenire una pianta
per dare da mangiare anche alle popolazioni di zone aride come il Sahel.
Insomma si sovvertiranno tutti i luoghi comuni del "politically correct" che
indicano lo stato con Gerusalemme per capitale come fonte di guai e di
inquinamento ambientale che i "poveri arabo palestinesi" poi dovrebbero
subire.
I due incontri sono sponsorizzati dal ministero dell'agricoltura israeliano
e dal Mashav, cioè dal Centro per la cooperazione internazionale di Tel
Aviv, e verranno mostrati i progressi fatti dai ricercatori israeliani
nell'aiutare gli stati africani bisognosi di acqua e di cibo senza
sconvolgere l'ambiente. Studi che nessun media italiano o europeo mai
riporterà per non rompere quella vulgata che vuole Israele come fonte di
ogni male, in Medio Oriente e fuori.
Per avere un'idea del valore di queste ricerche basti pensare che Israele
dalla sua nascita ha accresciuto di dodici volte le potenzialità agricole
che nel 1948 erano quasi pari a zero, ossia identiche a quelle della maggior
parte degli stati di quella regione.
Il primo degli studi che verranno presentati nella due giorni israeliana a
Johannesburg (dove peraltro si prevedono solo manifestazioni dei famigerati
no global che inviteranno a boicottare i prodotti con la stella di David) si
chiama Ipalac (international program for arid land crops, programma
internazionale per i raccolti nelle terre aride) ed è stato messo a punto
dall'università Ben Gurion e sponsorizzato persino dalla Fao, dall'Unesco e
dal governo finlandese. In cosa consiste?
Nel trapiantare i metodi che con poca acqua a disposizione hanno
trasformato il deserto del Neghev in una terra fertile e produttiva alle
zone del Sahara saheliano e dell'Africa occidentale. Insomma Israele mette a
disposizione le proprie tecnologie e i propri segreti per migliorare le
condizioni di vita degli stati del terzo mondo che di solito si
contraddistinguono per il loro anti-semitismo e per l'ostilità diplomatica a
Gerusalemme (vedi Durban 2001). Questi metodi di fertilizzazione delle zone
desertiche sono basate sull'irrigazione a bassa pressione che è fatta di
tecnologia a basso costo e completamente ecologica, e alla portata di
chiunque abbia voglia di mettersi a lavorare la terra, persino nel deserto.
Relatore di questo studio sarà Yitzhak Abt, un consulente del Mashav che è
stato a capo del programma israeliano per la cooperazione internazionale.
Il secondo progetto che sarà mostrato dal professor Dov Pasternak, ex
ordinario della Ben Gurion University di agronomia, é quello che ha avuto un
enorme successo nel Niger e che si chiama Icrasat (international crop
research institute for semi arid tropics, istituto per la ricerca
internazionale sui raccolti nelle terre semi aride dei tropici). Lo hanno
rinominato Afican market garden.
Entrambi questi studi hanno la caratteristica di non imporre ai popoli
sottosviluppati un modello di sviluppo, ma di aiutarli a trovare da soli
quello adatto. Il Mashav da anni fa cooperazione in questa maniera e i
risultati, specialmente nell'impianto delle palme da dattero, hanno avuto
riconoscimenti importanti da Fao e Unesco, ma naturalmente non sono mai
stati pubblicizzati per non fare buona reclame ad Israele.
Eppure i training in cui il Mashav è coinvolto oggi sono migliaia: nel 1958
erano 137, cinque anni dopo oltre 1262, evidentemente funzionavano. E i loro
tecnici, circa 10 mila, insegnano l'agricoltura ecologica e lo sviluppo
sostenibile dappertutto, in Asia (57%) e in Africa (43%).
E in questi stage organizzati da enti ed esperti israeliani ormai lavorano
più di 50 mila tecnici dei paesi del terzo mondo, generalmente senza alcuna
relazione diplomatica con Israele. E sono corsi organizzati sia in patria
sia fuori cui sono ammessi anche coloro che Israele vorrebbero cancellarla
dal mondo.
Ma naturalmente a Johannesburg nessuno sottolineerà quanto fa lo stato di
Israele per il terzo mondo. Il summit infatti è stato organizzato solo per
mettere sotto accusa il cattivo occidente e per dare una vetrina in più ai
no global e ai parolai europei dello sviluppo sostenibile. Quelli che da
anni lavorano a progetti concreti ottenendo risultati apprezzati dagli
addetti ai lavori, lavorando persino sotto la minaccia del boicottaggio
accademico, naturalmente non fanno notizia.

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