BDS è movimento antisemita, notizie dagli USA Analisi di Andrea Molle
Testata: Italia Oggi Data: 09 dicembre 2020 Pagina: 2 Autore: Andrea Molle Titolo: «Il Boycott, Divestment, Sanctions è un vero movimento antisemita»
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi 09/12/2020, a pag.2 con il titolo "Il Boycott, Divestment, Sanctions è un vero movimento antisemita" il commento di Andrea Molle.
Si censura chi nega la vittoria di Biden, ma non chi nega l'Olocausto. Al Preside di una scuola californiana è stato recentemente riconosciuto il diritto di escludere la Shoah dal curriculum scolastico in base al fatto che alcuni genitori non la considerano realtà storica. Le aggressioni contro gli ebrei ortodossi e gli atti di vandalismo ai danni di cimiteri e sinagoghe rappresentano più del 70% degli hate crimes in America, ma non si osservano manifestazioni di protesta e non esiste un movimento Jewish Lives Matter Perché combattiamo il razzismo in tutte le sue forme, ma non l'antisemitismo? Lord Johnatan Sacks, l'ex Rabbino Capo d'Inghilterra recentemente scomparso, usava rispondere a questa domanda comparando l'antisemitismo a un virus col quale abbiamo imparato a convivere. Esso ha saputo mutare in movimenti apparentemente inconciliabili come il neonazismo e, appunto, il movimento «Boycott, Divestment, Sanctions» (Bds) che ha come obiettivo quello di isolare politicamente ed economicamente lo Stato Ebraico.
Le critiche a Israele sono legittime, ci mancherebbe, e non è corretto sostenere che tutti coloro che criticano Israele siano antisemiti. Ma bisogna essere capaci di andare oltre l'apparenza e riconoscere l'antisemitismo anche quando non si presenta con teste rasate e svastiche tatuate. Movimenti come il Bds sono dunque chiaramente antisemiti perché la loro critica nasce dal pregiudizio e dalla negazione del diritto degli ebrei all'autodeterminazione. Questo atteggiamento è diffuso soprattutto tra quei progressisti che, non potendo ammettere di essere razzisti, o sfacciatamente filo-palestinesi, hanno finito per creare il mito che il buon ebreo è solo quello dichiaratamente antisionista (leggi anti-israeliano). Si è creato dunque un paradosso della cultura dell'intersezionalità, un approccio sistemico alla discriminazione che identifica temi, obiettivi e strategie comuni alle minoranze, ma che esclude a priori il popolo ebraico dal meccanismo di solidarietà e anzi spesso lo indica come modello di oppressione. Se da un lato si costringe il popolo ebraico a prendere continuamente le distanze da Israele, implicitamente affermando che i due sono equivalenti, dall'altro si nega che la critica allo Stato ebraico sia una critica all'identità ebraica. Una logica fallace che ha il vantaggio, per chi la propugna, di rendere impossibile la confutazione e fa al che la minoranza più perseguitata della storia sia l'unica a cui è negato il diritto di definire autonomamente l'esperienza della propria discriminazione.
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