Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 08/12/2020, a pag. 17, con il titolo "Il viaggio del Papa in Iraq per i cristiani d'Oriente: 'Un messaggio di pace' ", il commento di Paolo Rodari.
Fino a oggi la Chiesa ha ignorato i cristiani - sempre meno numerosi - che vivono nei Paesi islamici. Il viaggio del Papa in Iraq cambierà qualcosa?
Ecco l'articolo:
Papa Bergoglio
Visiterà Bagdad, la piana di Ur, legata alla memoria di Abramo, la città di Erbil, Mosul e Qaraqosh nella piana di Ninive. Dopo una sosta di quindici mesi dovuta alla pandemia, Francesco tornerà a viaggiare compiendo dal 5 all'8 marzo un pellegrinaggio in Iraq. E la prima volta di un Papa nel Paese dell'antica Mesopotamia. Il programma, spiega il direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni, «terrà conto dell'evoluzione dell'emergenza sanitaria mondiale». In sostanza, dicono fonti interne, non è escluso che all'ultimo minuto tutto salti se le condizioni non lo permetteranno. Ma intanto l'annuncio c'è. Francesco lancia il cuore oltre l'ostacolo e programma un viaggio che nel 1999 già Giovanni Paolo II aveva provato a fare. La Santa Sede, tuttavia, non riuscì a trovare un accordo con Saddam Hussein e il volo non ebbe luogo. Francesco aveva già detto di volersi recare in Iraq nel giugno scorso durante l'udienza con le Opere di Aiuto alle Chiese orientali. La sua intenzione è di rendersi vicino, in modo tangibile e concreto, alla popolazione del Paese, non solo a quella cristiana.
«Un pensiero insistente mi accompagna pensando all'Iraq - aveva detto - perché possa guardare avanti attraverso la pacifica e condivisa partecipazione alla costruzione del bene comune di tutte le componenti anche religiose della società, e non ricada in tensioni che vengono dai mai sopiti conflitti delle potenze regionali». Come ha ricordato Vatican News, Bergoglio il 25 gennaio scorso aveva ricevuto Barham Saliti, presidente della Repubblica d'Iraq, e in quell'occasione l'ipotesi del viaggio si era fatta concreta. Con il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e Paul Richard Gallagher, segretario per Rapporti con gli Stati, erano state affrontate le sfide del Paese, la necessità di «favorire la stabilità e il processo di ricostruzione - evidenziava una nota della Sala Stampa - incoraggiando la via del dialogo e della ricerca di soluzioni adeguate a favore dei cittadini e nel rispetto della sovranità nazionale».
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Centrale «l'importanza di preservare la presenza storica dei cristiani» e «la necessità di garantire loro sicurezza e un posto nel futuro» del Paese. Dall'Iraq negli ultimi anni sono stati costretti a fuggire molti cittadini, fra cui diversi cristiani. Questi ultimi tra il 2014 e il 2017, dopo l'occupazione della piana di Ninive da parte del sedicente Stato islamico, si sono ridotti a circa 100-120 mila (erano 1 milione e 200 mila prima del 2003). Mentre sono oltre 4 milioni, secondo l'Unicef, le persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria. L'annuncio del viaggio serve anche per spostare l'attenzione della comunità internazionale su un territorio sofferente e dimenticato. La visita del Papa in Iraq è un «messaggio di pace», ha fatto sapere il governo di Bagdad. «Il Papa viene da noi e ciò vuol dire che porta ai cristiani d'Oriente che da tempo vivono nell'incertezza e nella paura il suo supporto, ma anche la speranza per una situazione migliore», ha detto il Patriarca dei Caldei, il cardinale Raphael Sako.
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