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Avvenire Rassegna Stampa
08.12.2020 Joe Biden e gli insediamenti nei territori contesi
Commento di Fiammetta Martegani, ma Avvenire presenta il servizio in modo pessimo

Testata: Avvenire
Data: 08 dicembre 2020
Pagina: 17
Autore: Fiammetta Martegani
Titolo: «Biden e il dubbio-coloni: in vent'anni raddoppiano»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 08/12/2020, a pag.17 con il titolo "Biden e il dubbio-coloni: in vent'anni raddoppiano" la cronaca di Fiammetta Martegani.

Il titolo di Avvenire "Biden e il dubbio-coloni: in vent'anni raddoppiano" è indegno di un quotidiano che si pretende equilibrato, come la maggior parte dell'informazione su Israele che passa sul quotidiano cattolico. Invece la cronaca di Fiammetta Martegani è abbastanza equilibrata - la giornalista per esempio scrive di territori contesi, e non "occupati" - ma l'intero servizio è presentato come atto d'accusa verso i "coloni" e i governi israeliani a guida Netanyahu. Per approfondire l'importante argomento della politica di Biden nei confronti di Iran e terroristi arabi palestinesi, ecco il link all'analisi di Antonio Donno: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=80182 pubblicata su IC

Ecco l'articolo:

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Fiammetta Martegani

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Joe Biden

Gerusalemme Un forte senso di nausea. E questa la sensazione che ti accompagna quando viaggi in macchina lungo i tornanti sterrati che attraversano iTerritori palestinesi. Ai bordi delle strade, dominano cumuli di rifiuti e di macerie. Niente a che vedere con l'asfalto a quattro corsie che collega gli insediamenti ebraici disseminati per la Cisgiordania. Sembra di tomare indietro di cinquant'anni. Precisamente, al 1967, quando, con la vittoria di Israele nella Guerra dei Sei Giorni, e la conquista delle terre che appartenevano alla Giordania, divenne cruciale costruire avamposti ebraici sulle alture più prominenti del deserto di Giudea, in modo da garantire la sicurezza sul fronte est, ovvero lungo la Valle del Giordano. Oggi, quelli che erano solo piccoli accampamenti provvisori, sono diventati quartieri residenziali con villette, scuole e parchi verdi circondati da cancellate, filo spinato, pattuglie dell'esercito israeliano. Una crescita che ha causato non pochi problemi sia interni che su scala internazionale, a cominciare dal fatto che l'Onu non riconosce la legittimità di queste "colonie" «La normalizzazione degli insediamenti è cominciata negli anni Novanta con gli Accordi di Oslo», spiega Yehuda Shaul, co-fondatore del Israeli Centre for Public Affairs, mostrando sulla mappa le aree A, B e C, che si trovano oltre la LineaVerde.

La zona A è sotto il totale controllo dell'Anp (Autorità nazionale palestinese); la B risponde a un regime misto: amministrazione palestinese e controllo militare di Tzahal; la C ricade interamente sotto giurisdizione israeliana. In queste aree, negli ultimi vent'anni di governo Netanyahu è stata aperta la strada, o meglio, le strade, alla creazione dei corridoi di comunicazione trai principali settlements, lasciando, così, sempre più ai margini le 196 "isole" palestinesi che si trovano tra area A e B. «L'ultimo passo per l'annessione delle nostre enclave al resto del Paese - continua Shaul, riferendosi in particolare a Kamei Shomron, Ariel, MaaleAdumim e Gush Etzion - è il completamento della barriera di separazione, attualmente sospesa per questioni di budget». La cosa era prevista dal piano "Peace to Prosperity" proposto dall'Amministrazione Trump, che è però rimasto congelato, ufficialmente a causa della pandemia. Ora a vedersela con tutta la questione sarà il neo-presidente Joe Biden. La sua ultima visita nello Stato ebraico risale al 2010, quando, in veste di vice di Barack Obama, era stato accolto con l'annuncio dell'approvazione della costruzione di 1.600 nuove abitazioni a Gerusalemme Est. E la cosa non gli era piaciuta: «Queste mosse di tipo unilaterale potrebbero compromettere seriamente la fiducia reciproca tra i due Paesi», aveva detto. Ora Israele studia i primi passi dell'alleato. Per ora solo indizi: ieri Biden ha confermato che intende conservare gli Accordi di Abramo (quelli avviati da Donald Trump per la normalizzazione dei rapporti tra Israele e i Paesi arabi), e, secondo alcuni analisti, potrebbe fare leva su questa intesa per spingere Netanyahu a orientarsi verso la soluzione dei due Stati. Resta il fatto che, intanto, la suburbanizzazione delle colonie prosegue. E con essa si sviluppa la rete infrastrutturale.

L'attuale ministra dei Trasporti Miri Regev (del Likud di Netanyahu) ha appena varato un Master Plan milionario che include raccordi anulari, tunnel e sopraelevate, per collegare la maggior parte degli insediamenti a Gerusalemme. Il tutto in previsione che, entro il 2040, il numero di settler- 430.000 secondo il censimento del 2018 - raggiunga il milione. I bulldozer sono già all'opera, e mangiano, ogni giorno, i terreni agricoli contesi che sono stati coltivati dai palestinesi, e su cui è basato gran parte del loro sostentamento. Secondo Sivan Hirsch-Hoefler, esperta di Studi Strategici all'istituto universitario Idc di Herzliya, per quanto riguarda l'espansione delle colonie non ci sarà una grande differenza con il cambio di guardia alla Casa Bianca: «Del resto - commenta -, durante l'Amministrazione Obama le costruzioni sono aumentate più che durante quella di Donald Trump». Per Biden la sfida più grande sarà proprio navigare tra questi delicati equilibri. Compresi quelli tra gli ebrei in patria, sempre più ortodossi, e quindi propensi ad annettere i territori, egli ebrei americani, sempre più laici, da sempre avversi alle annessioni e favorevoli alla soluzione dei due Stati. L"Accordo del Secolo" puntava ad implementare de iure quello che sta già avvenendo de facto. Resta ora da capire quale strada imboccherà la nuova Amministrazione Usa.

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