Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 01/12/2020, a pag.I, con il titolo "The network", l'analisi di Daniele Raineri.
A destra: eliminati gli uomini del regime: dopo Qassem Suleimani, Mohsen Fakhrizadeh
Daniele Raineri
Netanyhau rivela all'Onu il progetto nucleare iraniano, ma l'Occidente continua a fingere di non sapere, un altro esempio dell'eredità degli 8 anni di Obama
In questo articolo vedremo che l'operazione per uccidere il generale e scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh è stata compiuta, come anche altre operazioni, da un network di persone che non lascia l'Iran. E' un gruppo residente, che molto probabilmente lavora per conto dell'intelligence di Israele. Inoltre cercheremo di capire da chi è formato questo gruppo, perché è quasi certo che non si tratta di agenti israeliani infiltrati in Iran. Partiamo dai fatti. Venerdì 27 novembre poco dopo le due del pomeriggio il generale Fakhrizadeh, che è anche uno scienziato con specializzazione in Fisica e guida il programma nucleare clandestino dell'Iran, è ucciso in un'imboscata su una strada poco trafficata vicino alla capitale Teheran. Altri quattro scienziati iraniani coinvolti nel programma di ricerca atomica furono uccisi in una campagna di omicidi mirati tra il 2010 e il 2012, ma questa volta è differente. Quelli perlopiù furono ammazzati mentre erano sulle loro auto personali, nel traffico, da motociclisti che piazzavano a mezza altezza sulla portiera del veicolo una bomba adesiva. In un caso il congegno uccise il guidatore ma non sua moglie sul sedile accanto ed è così che conosciamo la dinamica di due degli omicidi. In un terzo caso i motociclisti hanno sparato. In un quarto, lo scienziato fu ammazzato mentre apriva la porta del garage di casa da una bomba comandata a distanza che era nascosta in una motocicletta parcheggiata lì vicino. Fakhrizadeh però è il capo del programma e da quando sono cominciati gli assassinii è protetto da guardie del corpo e si sposta in incognito con un convoglio formato da più macchine dai vetri oscurati che compie giri imprevedibili. Il livello di difficoltà per capire dove si trova e raggiungerlo è molto più alto. Una Nissan blu esplode davanti all'auto del generale, lo sappiamo dalle foto sul luogo dell'agguato. Si vedono la carcassa dell'auto, i segni della bruciatura sull'asfalto, i detriti proiettati tutto attorno e una linea elettrica che corre parallela alla strada danneggiata. Qualcuno spara al guidatore dell'auto di Fakhridazeh e da quanto sono vicini fra loro i fori sul parabrezza si capisce che è un tiratore esperto. Non spara a raffica, piazza pochi colpi precisi. Da una foto presa da un'altra angolazione si vede che qualcun altro è stato ucciso appena fuori dall'auto, mentre era sdraiato sull'asfalto - dove restano gli spruzzi di sangue - e molto probabilmente gli hanno sparato alla testa. E' quello che ci si aspetta in questo tipo di operazioni, che devono concludersi con la certezza assoluta della morte del bersaglio.
E' possibile che sia stato un finale simile a un'esecuzione: hanno tirato fuori Fakhrizadeh dalla macchina, lo hanno identificato e gli hanno sparato. Alcuni testimoni dicono che sono stati uomini armati scesi da un Suv nero, altri aggiungono anche uomini a bordo di motociclette. Il tutto dura pochi minuti. Immagini registrate poco dopo da passanti a debita distanza, quindi fuori dall'area cordonata che era molto estesa, mostrano la strada bloccata e un elicottero dei Guardiani della rivoluzione che atterra e poi decolla. Il gruppo di fuoco è scomparso nel nulla. Non c'è nemmeno, come succede a volte in questi agguati, il ritrovamento successivo di auto e moto bruciate in qualche luogo isolato. Le notizie dall'Iran ci arrivano filtrate dallo stesso apparato di sicurezza e propaganda che a gennaio provò per tre giorni a negare di avere abbattuto con due missili un aereo passeggeri con 176 persone a bordo e l'uccisione del generale-scienziato è uno smacco per il regime, quindi circolano versioni diverse e confuse per spiegare cosa è successo. In un primo momento si parla di un attentatore suicida e si dice che Fakhrizadeh è stato trasportato vivo in ospedale, ma sono informazioni poco credibili. Due giorni dopo l'agenzia Fars, legata ai Guardiani, dice che l'agguato è stato compiuto da un robot controllato a distanza, che avrebbe sparato dalla Nissan blu e poi si sarebbe autodistrutto. L'agguato di terroristi estremisti oppure l'imprevedibile assassino supertecnologico sono storie che tentano di coprire una realtà chiara agli uomini della sicurezza in Iran: c'è un gruppo di sabotatori che lavora all'interno del paese per conto di Israele e riesce a portare a termine operazioni dannosissime per il regime. Ora, gli agguati contro soggetti in movimento possono essere di due tipi. Ci sono gli attacchi opportunistici, nel senso che sfruttano le circostanze che si creano al momento: il gruppo di fuoco raggiunge il veicolo-bersaglio e spara quando vede che ci sono le condizioni giuste. Il modello è quello dell'uccisione del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa a Palermo nel settembre 1982, due mafiosi in motocicletta pedinarono e raggiunsero l'auto di scorta, quello dietro sparò con un fucile automatico AK-47 attraverso il finestrino contro un poliziotto mentre nello stesso momento altri killer a bordo di un'auto che era arrivata a tutta velocità facevano lo stesso contro il generale e sua moglie. Oppure l'agguato è pianificato in anticipo in un posto fisso, perché il gruppo di fuoco ha il vantaggio di disporre di informazioni affidabili. In questo secondo caso il modello è la strage di Capaci, quando i mafiosi attesero il passaggio del giudice Giovanni Falcone e della sua scorta e fecero saltare in aria un pezzo di autostrada.
Entrambi gli esempi sono presi da storie di mafia perché la dinamica è simile, c'è un territorio che in teoria è sotto controllo ma colpi di mano rapidi possono ribaltare la situazione e i rapporti di forza per pochi minuti. L'agguato di venerdì appartiene alla seconda categoria e quindi presuppone tutta una serie di requisiti: il gruppo di fuoco conosceva in anticipo il percorso del generale, aveva preparato un'autobomba per bloccare in un punto prestabilito il convoglio e cogliere di sorpresa le guardie del corpo, era preparato a uno scontro a fuoco ed era abbastanza numeroso da prevalere, si è dileguato nel nulla perché si era organizzato prima - e non è svanito in mezzo al deserto, ma in un'area che è a venti chilometri dalla capitale Teheran. Oppure, versione numero due, la Nissan saltata in aria davanti all'auto del generale apparteneva alla sua scorta e quindi è stata colpita da un ordigno nascosto sull'orlo della strada e questo rafforzerebbe l'idea di un'operazione preparata in anticipo in un punto specifico. Si capisce perché escono "notizie" di killer robot fantascientifici, per evitare l'imbarazzo di un apparato di sicurezza che si scopre ancora una volta vulnerabile. Questo network di sicari è molto attivo a giudicare dalle notizie che si trovano in chiaro sui media. Il 2 luglio nel sito un'esplosione fortissima ha devastato un edificio per la ricerca nucleare a Natanz, il sito più grande nel suo genere in Iran per l'arricchimento dell'uranio. Il governo stesso dopo avere tergiversato ha ammesso che si è trattato di un sabotaggio perché le immagini prese all'esterno mostrano che la forza dello scoppio viene dall'interno. Qualcuno ha piazzato una bomba dentro. Poco più di un mese più tardi, dopo che in tutto il paese si era verificata una sequenza di esplosioni misteriose che però sono difficili da inquadrare perché le notizie sono centellinate, un commando in motocicletta ha ucciso il numero due di al Qaida, Abu Mohammed al Masri, mentre era alla guida della sua Renault bianca nelle strade di Teheran. Un altro esempio: nel gennaio 2018 una squadra ruba da un caveau nella capitale cinquecento chili di documenti di carta ed elettronici che formano l'archivio del progetto nucleare clandestino dell'Iran e poi li porta fuori dal paese. E' probabile che altre operazioni non raggiungano la soglia di attenzione dei media. Ed è plausibile che la maggior parte dell'attività sia molto più discreta e consista soprattutto nel raccogliere informazioni. A questo punto si è capito che le attività di questo gruppo dentro l'Iran sono già difficili da portare avanti per iraniani che parlano la lingua farsi con l'accento naturale di chi è nato in Iran, che conoscono alla perfezione il territorio e sanno come muoversi. Questo esclude l'ipotesi che ci siano agenti israeliani sotto copertura. Tutti hanno visto la serie "Fauda" che racconta le avventure di una squadra di infiltrati israeliani che agisce nei territori palestinesi, ma è una realtà diversa: gli arabi-israeliani sono tanti, imparare un po' di arabo tanto da capirlo è possibile e le missioni si svolgono a dieci chilometri da Israele. Stare in Iran e passare per iraniani per un periodo di tempo lungo sarebbe davvero arduo e per farla semplice oggi non è più possibile trovare abbastanza persone con quelle caratteristiche. Inoltre queste attività sono macchinose, richiedono un lungo periodo di preparazione e l'attesa del momento giusto. La sorveglianza del caveau che proteggeva l'archivio nucleare durò più di un anno. Si tratta di un gruppo che sta in Iran e non si muove. Naturalmente non esistono informazioni a proposito di questo network di sabotatori dell'intelligence israeliana, ma è possibile fare congetture informate a partire da spezzoni di notizie usciti in questi anni. Come con i buchi neri, che non si possono vedere e però se ne può intuire la presenza perché curvano il campo gravitazionale attorno a loro. Nel gennaio 2011 un articolo del quotidiano francese Figaro citava una non meglio identificata "fonte di sicurezza" a Baghdad, in Iraq, che sosteneva che c'erano uomini dell'intelligence israeliana nel Kurdistan iracheno, che allora era una regione semiautonoma poco controllata dal governo iracheno. Il Kurdistan confina con l'Iran - è un confine molto "poroso" come si dice di solito negli articoli di giornale, che vuol dire che passa di tutto. Come si sa la minoranza curda vive a cavallo di quattro paesi: Iran, Iraq, Turchia e Siria, e c'è movimento fra i quattro settori - quando è possibile. Gli israeliani nel Kurdistan iracheno secondo il Figaro reclutavano agenti fra i curdi iraniani e li addestravano allo spionaggio e al sabotaggio come parte della campagna clandestina contro il programma atomico dell'Iran - inclusi gli omicidi mirati di scienziati iraniani. La fonte diceva che quella campagna in pratica era diretta dal Kurdistan.
Anche a fare la tara, è facile vedere come i curdi sono specializzati nel passaggio e nel contrabbando su quel tratto di confine. Chi scrive un anno fa nell'Iraq del nord ha sentito un passeur di Erbil vantarsi così: "Se durante il viaggio non apri bocca posso portarti fino a Teheran". La minoranza curda in Iran è irrequieta e durante l'ultima ondata di rivolte, un anno fa, è stata punita con ferocia particolare. Nell'ottobre 2013 il Washington Post pubblicò un pezzo di David Ignatius, un commentatore americano di solito bene informato, che raccontava un caso successo l'anno prima: l'intelligence turca per fare un dispetto a Israele aveva rivelato all'intelligence dell'Iran l'identità di dieci iraniani che si incontravano con i loro contatti dello spionaggio israeliano in territorio turco. In effetti nell'aprile 2012 l'Iran aveva annunciato lo smantellamento di una rete di spie iraniane per conto di Israele, con quindici arresti. Ignatius scrive che gli israeliani erano consapevoli che il controspionaggio della Turchia è sempre molto attivo ma non si aspettavano questo tipo di azione ostile da parte dei turchi. All'epoca l'Amministrazione Obama decise di ignorare tutta la faccenda. C'è anche un'altra direzione nella quale guardare ed è l'Azerbaijan, la piccola nazione al confine nord, sempre in bilico fra rapporti cordiali con Israele e quelli di buon vicinato con l'Iran. C'è una numerosa comunità etnica di azeri con cittadinanza iraniana (più di venti milioni di persone) e alcuni di loro fanno la spola fra Teheran e la loro terra d'origine. La cosa ha già attirato sospetti e fatto innervosire il regime negli anni passati, anche se gli azeri sono di certo la minoranza meglio integrata del paese, forse perché sono anch'essi di religione sciita. Nel febbraio 2012 il ministero degli Esteri iraniano ha convocato per due volte nel giro di diciassette giorni l'ambasciatore azero a Teheran per protestare - e tutte e due le volte c'entrava Israele. La prima volta il regime iraniano ha accusato l'Azerbaijan di aiutare l'intelligence israeliana nella campagna mirata di omicidi contro i suoi scienziati nucleari l'ultimo omicidio risaliva ad appena un mese prima. La seconda volta gli iraniani hanno chiesto ragione all'ambasciatore azero di un accordo per l'acquisto di tecnologia militare israeliana per il valore di un miliardo e mezzo di dollari, inclusi aerei, droni e un sistema di difesa missilistico, che era appena stato annunciato. L'accordo di compravendita prevedeva anche l'arrivo in Azerbaijan di un gruppo di esperti israeliani a fare da consulenti, a poche ore di strada dal confine iraniano (in parte, sono le stesse armi viste all'opera nel recentissimo conflitto contro l'Armenia nel Nagorno-Karabakh). Questa è il contesto e per un po' sarà difficile riuscire a sapere di più. L'Iran, quindi un regime che crea e finanzia milizie nei paesi vicini per espandere la propria egemonia sul medio oriente, deve guardarsi da un gruppo di sabotatori con passaporto iraniano. I membri di quel gruppo ogni giorno eludono la caccia all'uomo permanente ordinata dal regime e non sanno, perché non lo sa nessuno, se questa situazione è destinata a durare e ancora quanto.
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