Gli interrogativi sulla politica mediorientale dell’Amministrazione Biden
Analisi di Antonio Donno
Joe Biden
Joe Biden ha presentato ufficialmente il suo governo. Ora si tratta di vedere quali saranno le iniziative che Washington assumerà nei confronti della situazione nel Medio Oriente e degli Accordi di Abramo. Se, da una parte, tali accordi rappresentano un punto fermo da cui è impossibile retrocedere, se non si vuole ricacciare indietro quella parte del mondo arabo che vi ha aderito, chiudendo la decennale disputa con Israele sulla base di intese che favoriscono la pacificazione dell’area e la collaborazione economica, dall’altra sono due gli altri problemi cruciali che possono alterare gravemente i risultati acquisiti finora: l’Iran e la questione palestinese. Proprio per questo motivo, nel periodo di transizione ancora in atto, Netanyahu e Pompeo stanno moltiplicando i loro sforzi per rafforzare l’intesa con le dirigenze dei paesi arabi che hanno aderito agli Accordi di Abramo e per convincere l’Arabia Saudita ad aderirvi, anche se in seno alla casa reale vi sono contrasti di non poco conto sul problema. Il timore è che, sull’esempio di Riad, i paesi arabi che intendono entrare negli accordi, come l’Oman, tentennino prima di prendere tale decisione, in attesa dei comportamenti della nuova Amministrazione americana. La questione palestinese sarà uno dei punti nodali del governo democratico di Joe Biden: all’interno della sua Amministrazione emergeranno posizioni favorevoli alla riapertura di un contenzioso relativo all’annosa disputa “due popoli-due Stati”. Il che, di per sé, non costituirebbe un problema insormontabile, se non fosse che le pretese dell’Autorità Palestinese sono tali da essere inaccettabili da parte di Gerusalemme. Se l’Amministrazione Biden dovesse schierarsi sulle posizioni dell’AP, si aprirebbe un nuovo, assai grave capitolo del contrasto, con conseguenze che potrebbero riportare in auge gli atteggiamenti dei tempi di Obama nei confronti di Israele. È difficile dire, allo stato attuale, se Biden sarà in grado di resistere alle pressioni dei filo-palestinesi del suo governo, intese a riaprire il contenzioso con Gerusalemme sul problema; né, tantomeno, è inopportuno pensare che possano sorgere dispute all’interno dell’Amministrazione democratica.
Donald Trump, Hassan Rohani
L’Iran è una questione apparentemente disgiunta da quella palestinese; ma oggi le due questioni potrebbe risultare intrecciate. Il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare e le durissime sanzioni imposte da Trump all’Iran non furono seguiti da eguali decisioni da parte dei paesi europei. Questa dissociazione gioca a favore del nuovo governo di Biden, che troverebbe nell’Europa una condivisione certa per il ritorno di Washington nel Jcpoa e per l’abolizione delle sanzioni. Un punto di partenza per ripristinare i rapporti con Teheran. Come è noto, il regime degli ayatollah è ormai presente nei territori gestiti dalla dirigenza palestinese e influenza le decisioni di quest’ultima. Allo stesso modo, da più tempo, fornisce armi a Hamas nella Striscia di Gaza e esercita, di conseguenza, altrettanta influenza. Nel momento in cui si dovesse ridiscutere il rientro degli Stati Uniti nel Jcpoa, il problema palestinese potrebbe riemergere nella discussione tra le parti. È ovvio che, nella sua attuale situazione di debolezza, Teheran non potrebbe pretendere di avere voce in capitolo nella questione; potrebbe, però, attendere pazientemente che gli stessi diplomatici americani pongano sul tavolo delle trattative il nodo palestinese, essendo il regime iraniano ben consapevole che la questione palestinese è caldeggiata da esponenti di primo piano del governo di Biden. A questo punto, le posizioni che nel tempo l’Iran ha acquisito in seno al mondo palestinese potrebbero avere un peso importante. In sostanza, l’Iran si prepara a rinegoziare il ritorno di Washington nel Jcpoa, consapevole che i nuovi atteggiamenti americani lo aiuterebbero a uscire dalla grave condizione attuale. L’Autorità Palestinese non può che augurarsi che questo accada e che la questione palestinese sia posta nuovamente al centro della politica mediorientale degli Stati Uniti. Accadrebbe, a questo punto, il contrario di ciò che Trump era riuscito a realizzare durante il suo mandato. Mentre Trump era riuscito a dissociare la questione iraniana da quella palestinese, mettendo all’angolo Teheran con le sanzioni, da una parte, e marginalizzando, dall’altra, la posizione dell’AP con gli Accordi di Abramo, oggi, con l’Amministrazione democratica di Biden le due questioni potrebbero essere nuovamente riallacciate, riportando l’intera questione mediorientale in una condizione di ambiguità e di incertezza.
Antonio Donno