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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
25.11.2020 Il ruolo di Trump in Medio Oriente e il disgelo tra Arabia Saudita e Israele
Serve velocizzare il processo per arrivare a un accordo di pace

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 25 novembre 2020
Pagina: 30
Autore: la redazione del Sole24Ore
Titolo: «Trump cerca di affrettare i tempi del disgelo tra Israele e Arabia Saudita»
Riprendiamo dal SOLE24ORE di oggi, 25/11/2020 a pag.30, l'analisi "Trump cerca di affrettare i tempi del disgelo tra Israele e Arabia Saudita".

A destra: Benjamin Netanyahu, Mohammed Bin Salman, Mike Pompeo

Se Riad dicesse sì a Gerusalemme, avviando relazioni con uno Stato che non ha mai riconosciuto sin dalla sua tormentata nascita, nel 1948, sarebbe una svolta storica. Capace di ridisegnare gli equilibri geopolitica di tutto il Medio Oriente e creare un fronte agguerrito e unito in grado di mettere l'Iran in grandissime difficoltà. Ma tutto è ancora in sospeso. Al punto che la visita che il premier israeliano Benjamin Netanyahu, insieme al direttore del Mossad, Yossi Cohen, ha fatto domenica in Arabia Saudita è circondata da un alone di mistero. In questo incontro durata circa due ore, il premier più longevo di Israele, che sta vivendo uno dei periodi politicamente più difficili della sua vita, ha incontrato il giovane principe reggente, Mohammed Bin Salman (Mbs), l'uomo più influente del Regno saudita, ed il segretario di Stato americano Mike Pompeo, ovvero l'uomo che ha strenuamente lavorato, riportando grandi successi, agli storici processi di normalizzazione avvenuti negli ultimi tre mesi tra Israele e alcuni Paesi arabi sunniti, come Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan. Fonti israeliane hanno confermato il viaggio. La controparte saudita lo ha invece negato. Ma questo di per sé non è una novità. L'incontro sarebbe avvenuto a Neom, la città saudita del futuro, che si affaccia sul Mar Rosso, su cui Mbs intendeva investire 500 miliardi di dollari per sviluppare un enorme polo industriale all'avanguardia. Il simbolo di Vision 2030, il faraonico e ambizioso piano ideato da Mbs per affrancare la dipendenza saudita dal greggio e diversificarne l'economia.

Netanyahu, Mossad chief fly to Saudi, hold first known meet with crown  prince | The Times of Israel
Benjamin Netanyahu con Yossi Cohen, a capo del Mossad

Certo la serie di accordi di normalizzazione delle relazioni con Israele, ed il suo conseguente riconoscimento come Stato sovrano (il più importante è quello avvenuto lo scorso agosto con gli Emirati Arabi Uniti), rappresentano delle svolte importanti. Ma è come se, al contempo, fossero stati preparati e realizzati per spianare la strada verso un obiettivo ben più grande: un accordo ufficiale di normalizzazione con l'Arabia Saudita, il gigante sunnita del Golfo, lo stato più ricco, che detiene la più grandi riserve di greggio, ed il più influente nel mondo arabo. Nella mente di Donald Trump Israele doveva probabilmente entrare in quella solida alleanza che aveva forgiato con Mbs nel maggio del 2018. Quando il presidente americano firmò vendite di armi per no miliardi di dollari, pose le basi per altri grandi accordi commerciali ma soprattutto creò una grande alleanza volta a isolare l'Iran. Da allora le relazioni tra Israele e Riad erano andate intensificandosi. Tanto chele due rispettive intelligence, pur senza conferme ufficiali, hanno cominciato a lavorare su diversi fronti. Non è più un segreto che Riad sia favorevole a un accordo di normalizzazione con Israele, ma il processo appare più lungo e spinoso rispetto agli altri. Per il colosso del mondo arabo, in cui si trovano due dei tre luoghi più sacri della religione musulmana (Mecca e Medina), noto per essere la culla dell'Islam sunnita, riconoscere Israele, come hanno fatto prima solo l'Egitto, nel 1978, e la Giordania, nel 1994 (oltre ad Emirati e Bahrein quest'anno) comporta una serie di conseguenze e potenziali reazioni sul fronte esterno ma anche, e forse soprattutto, su quello interno. La monarchia saudita, che fino a pochi anni fa era stata il paladino della causa palestinese - ruolo assunto oggi dalla Turchia di Erdogan - non vuol perder del tutto la faccia davanti al mondo musulmano, Ecco perché il Governo di Riad chiede a Israele come pre-condizione un «accordo articolato e permanente che porti alla creazione di uno Stato palestinese» ha spiegato sabato scorso il ministro saudita degli Esteri, il principe Faisal bin Farhan. Tema rovente, perchè Netanyahu non è mai sembrato entusiasta, usando un eufemismo, alla creazione di un futuro Stato palestinese. E il piano di pace di Trump, che lo priverebbe comunque di molti punti salienti, è stato subito rigettato dalla controparte palestinese. Certo, il fatto che la visita di Netanyahu sia avvenuta proprio mentre un'altra delegazione israeliana volava verso il Sudan - la prima in assoluto - per intrattenere colloqui relativi alla normalizzazione trai due Paesi, annunciatilo scorso mese, e forse per finalizzarli con un documento ufficiale, suggerisce una considerazione: Pompeo ha fretta . Fretta di terminare il suo difficile compito e mettere il neo presidente degli Stati Uniti d'America, Joe Biden, davanti a fatti compiuti. Lo stesso sta avvenendo con l'Iran. Inasprire le sanzioni a poche settimane dall'insediamento del neo presidente significa rendergli più difficile la strada verso la ripresa di un accordo sul nucleare con Teheran. Certo, Netanyahu potrebbe vendere all'opinione pubblica israeliana un accordo storico con un colosso del calibro dell'Arabia Saudita. E cercare di risollevarsi dalle grandi difficoltà che sta attraversando sul fronte interno.

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