Hong Kong sotto il giogo di Pechino Cronaca di Filippo Santelli
Testata: La Repubblica Data: 24 novembre 2020 Pagina: 16 Autore: Filippo Santelli Titolo: «Sfida per Hong Kong. Wong si dichiara colpevole: 'Non mi piego a Pechino'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 24/11/2020, a pag. 16, con il titolo "Sfida per Hong Kong. Wong si dichiara colpevole: 'Non mi piego a Pechino' ", la cronaca di Filippo Santelli.
Filippo Santelli
In custodia in attesa di sentenza. Una sentenza che senza dubbio sarà di condanna, e che potrebbe far scattare una pena fino a tre anni di reclusione. Joshua Wong, 24 anni, volto della protesta per la democrazia di Hong Kong, si è dichiarato ieri colpevole del reato di organizzazione di assemblea non autorizzata, una manifestazione svoltasi a giugno del 2019, periodo delle proteste di massa contro il governo della città, durante la quale la folla ha circondato il quartier generale della polizia. Insieme a Wong si sono dichiarati colpevoli anche Agnes Chow e Ivan Lam, compagni del movimento per l’autodeterminazione Demosisto, sciolto qualche mese fa. Anche loro sono in regime di custodia. Per tutti la sentenza arriverà mercoledì prossimo, 2 dicembre. All’inizio Wong aveva dichiarato di volersi difendere dalle accuse, non è chiaro il motivo per cui abbia deciso di optare per l’ammissione di colpevolezza. Alla fine dell’audizione, dopo essere stato portato via dagli agenti, il leader del movimento pro democrazia ha scritto su Twitter che l’attenzione dovrebbe andare piuttosto ai dodici attivisti di Hong Kong fermati dalla polizia cinese mentre cercavano di fuggire verso Taiwan, detenuti da mesi nella Cina continentale senza poter scegliere un avvocato. «Quello che stiamo facendo è spiegare al mondo il valore della libertà», ha scritto Wong. L’anno scorso l’attivista aveva già passato tre mesi in carcere per fatti legati a una precedente protesta ed era stato rilasciato a metà del mese di giugno, proprio mentre le nuove proteste per la democrazia a Hong Kong prendevano corpo. Pur non essendo riconosciuto come un leader del movimento, Wong si è ritagliato il ruolo di ambasciatore all’estero, cercando il supporto dei governi stranieri, in particolare di quello americano. Le autorità di Pechino lo hanno spesso tacciato di collusione con le potenze straniere e di indipendentismo, anche se finora non gli è stata mossa nessuna accusa legata alla nuova legge sulla sicurezza nazionale, che punisce proprio quei reati. L’organizzazione di assemblea illegale - della quale si è assunto la responsabilità - è un capo d’accusa minore, ma che prevede comunque una pena massima fino a tre anni di reclusione. L’eventuale carcerazione di Joshua Wong sarebbe l’ennesimo colpo all’opposizione di Hong Kong, che negli ultimi mesi le autorità di Pechino e quelle della città hanno messo a tacere con ogni possibile metodo, politico o giudiziario. Una decina di giorni fa il governo di Carrie Lam, sfruttando una nuova norma appena approvata dal Parlamento centrale, ha destituito quattro deputati del campo democratico senza passare da una corte. Per protesta, l’intera opposizione si è dimessa in massa, lasciando all’interno del Consiglio legislativo solo gli esponenti della maggioranza filo Pechino e rivelando che l’autonomia di Hong Kong ormai non esiste più.
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