Io sono del mio amato
Annick Emdin
Astoria
euro 17
“Due guerre mondiali hanno cambiato la storia della mia famiglia, hanno reso i miei antenati apolidi, eternamente esuli”.
L’esordio narrativo di Annick Emdin, drammaturga, sceneggiatrice, regista teatrale, è una storia di fantasia che trae ispirazione sia dai racconti di Isaac Singer, Elie Wiesel, Primo Levi, Amos Oz “che le hanno mostrato attraverso i loro occhi luoghi sconosciuti”, sia da pezzi di conversazioni ascoltate dai nonni e dagli zii in lingue diverse. Una famiglia cosmopolita quella di Annick di cui si conservano ancora scatole piene di lettere, di racconti, di poesie mai tradotte scritte in alfabeti diversi.
Con “Io sono del mio amato” , “un tentativo – spiega l’autrice – di dare una forma al caos dell’esistenza, di trovare risposte a domande eterne” il lettore si confronta con due storie, due vite, distanti nel tempo e nella geografia: quella di Chaim che parte dall’Ucraina del 1941 quando, catapultato nel giorno delle nozze in un mondo di violenza, è costretto a fuggire con il suo amico in un lungo peregrinare che lo porterà, dopo essere sopravvissuto ad Auschwitz, in Palestina e quella del giovane Levi Kogan, primogenito di una famiglia charedì che vive nel quartiere ultraortodosso di Mea Shearim ed è il nipote prediletto di Chaim, inflessibile patriarca di questa famiglia. Con uno stile cinematografico, in un flusso ininterrotto di eventi, l’autrice narra a capitoli alterni la storia della famiglia Kogan che comincia lontano da Israele in un piccolo shtetl in Ucraina. Nell’alternarsi fra passato e presente, sullo sfondo della grande Storia, si dipanano le vicende di Levi e di Chaim che raccontano la piccola storia di una famiglia di ebrei osservanti, salda nelle loro convinzioni religiose che si trova però ad affrontare una realtà inaspettata e per questo deve derogare ai rigidi precetti della religione. La vita di Levi Kogan, un giovane cresciuto lontano dalla tecnologia e dalla vita frenetica del “mondo normale”, viene sconvolta da un attentato terroristico cui si salva grazie all’intervento di Yael, una donna soldato che lo protegge con il suo corpo. Questo episodio scardina convinzioni ben radicate, lo porta a riflettere sul modo più opportuno di servire la Patria e capisce che anche lui deve dare un contributo alla difesa del paese. Fra Yael, una ragazza moderna che fuma e crede nella parità fra uomo e donna, e il giovane Levi nasce un sentimento che diventa sempre più forte e li porta a condividere una quotidianità non priva di difficoltà. Da una parte c’è la famiglia di Levi che si rifiuta di accettare una fidanzata non charedì, dall’altra c’è l’apprendistato di Levi nel “mondo normale” con l’arruolamento nell’esercito. E’ proprio nel corso di un’azione militare diretta alla cattura di un pericoloso terrorista che Levi prenderà una decisione destinata a cambiare il corso della sua esistenza e a recuperare il rapporto affettivo col nonno.
Non è stata facile la vita di Chaim, un uomo che ha conosciuto perdite, sofferenze indicibili, che ha visto morire in Europa gli amici più cari, che durante il nazismo ha perso la fede per ritrovarla grazie all’amore di una donna, che ha combattuto per difendere il suo paese, anche se nessuno della famiglia è a conoscenza del suo passato. In apparenza è un uomo inflessibile, rigido nell’osservanza dei precetti religiosi ma con un cuore generoso che saprà difendere il nipote in un momento di estrema gravità e condividere le sue scelte sentimentali insieme a una visione del mondo più moderna. Il romanzo di Annick Emdin, scorrevole e con uno stile semplice ma coinvolgente, offre vari spunti di riflessione: il rapporto fra le rigide regole imposte nelle comunità charedì e l’afflato di libertà delle nuove generazioni, la necessità dell’uomo di varcare i confini della propria vita per guardare verso l’ignoto, il pericolo che la costruzione di muri imposti dalla religione, dalla famiglia, da sentimenti di odio o intolleranza imprigionino la nostra anima. “Io sono del mio amato” è un libro che per la sua struttura si presta ad una lettura veloce ed è consigliato a chi vuole approcciarsi, in modo leggero, alla comunità charedì; tuttavia rimane troppo in superficie il racconto dell’Israele degli anni Novanta alle prese con guerre e terrorismo e, nel contempo, appare poco approfondita la ricostruzione storica delle persecuzioni antiebraiche durante la Seconda Guerra mondiale. Con un finale dal sapore fiabesco l’autrice apre uno spiraglio di luce nella possibilità che anche i muri più alti del pregiudizio e dell’odio si possano abbattere e i conflitti comporre in nome dell’amore e del rispetto reciproco.
Giorgia Greco