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La Repubblica Rassegna Stampa
15.11.2020 Se Putin si prende la Libia
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 15 novembre 2020
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Se Putin si prende la Libia»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 15/11/2020, a pag. 1, con il titolo "Se Putin si prende la Libia", l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

La proposta di Erdogan e Putin per la Libia è un
Vladimir Putin, Recep T. Erdogan

Con l’America distratta da una delicata transizione di poteri fra due presidenti e l’Europa impegnata a difendersi dalla seconda ondata del virus, il protagonista nel Mediterraneo è Vladimir Putin che con una serie di mosse, abili e silenziose, sta mettendo in atto un piano per ipotecare il controllo della Libia e rafforzare la sua proiezione in Africa. Secondo un rapporto riservato presentato in settembre al Consiglio di Sicurezza dell’Onu fra novembre 2019 e luglio 2020 sono almeno 338 gli aerei cargo russi decollati dalla Siria verso la Libia. A cui bisogna aggiungere, dall’8 luglio al 2 settembre di quest’anno, l’arrivo di altri 70 aerei cargo russi in aeroporti — e tre navi cargo in porti — della Libia Orientale sotto il diretto controllo delle milizie del generale Khalifa Haftar, uomo forte di Bengasi, sostenuto da Egitto ed Emirati ma reduce dal fallito assalto a Tripoli in giugno. L’ammiraglio americano Heidi Berg, direttrice dell’Intelligence dell’Africa Command del Pentagono, ritiene che questo imponente ponte aereo-navale russo abbia portato sul terreno almeno tremila effettivi della Brigata Wagner, mercenari che operano a fianco e su disposizioni di Mosca, assieme ad altri duemila mercenari siriani — ognuno dei quali riceve uno stipendio di 2.000 dollari al mese — sostenuti dai relativi equipaggiamenti. l continua a pagina 27 segue dalla prima pagina A cui bisogna sommare almeno 14 Mig 29 Fulcrum e Su24 Fencer schierati nella base aerea di Al Khadim in Cirenaica che hanno iniziato ad operare anche in quella, più strategica, di Al Jufra a Sud di Sirte ed a ridosso della Tripolitania. Se a ciò aggiungiamo la fornitura di Mosca ad Haftar delle unità di difesa aerea SA-22 — in attesa delle promesse batterie anti-missili SS-300 — non è difficile arrivare alla conclusione che mentre l’America era il teatro del capitolo finale della rovente sfida Trump-Biden e l’Europa correva ai ripari per proteggersi disordinatamente dalla seconda ondata del Covid-19, le forze filo-russe hanno portato a termine un significativo dispiegamento in Libia. Proprio sotto gli occhi di Italia e Francia, le nazioni europee più attente a quanto avviene a Tripoli e Bengasi. I risultati del rafforzamento russo sono oggetto di analisi nei Paesi Nato perché la Libia si trova al centro del Mediterraneo, a breve distanza dalle basi alleate in Sicilia e confina con numerosi Paesi africani. Basta guardare alla mappa militare del Paese maghrebino per accorgersi di quanto sta avvenendo. Le unità della Brigata Wagner — composta da ex militari russi, bielorussi, ucraini, moldavi e serbi — sono presenti non solo in Cirenaica nelle basi di Al Marj, Al Khadim e nella zona petrolifera di Marsa al Brega bensì anche a sud di Sirte lungo un tracciato che attraversa il Sahara fino ai confini con l’Algeria passando per le basi di Gurdabiyah, Al Jufra, Al Shati, Tamanhint e Ghat. E ancora: le unità di Wagner sono state avvistate, con mezzi blindati anti-mine nella base di Al Wigh, davanti alla frontiera con Ciad e Niger. Parigi e Roma tradiscono crescente preoccupazione su tali sviluppi anche perché, qualche settimana fa, Mosca ha fatto circolare la proposta di creare una divisione de facto della Libia tracciando una “linea rossa” di separazione da Sirte al Sahara destinata ad essere sorvegliata sul lato Ovest da turchi ed italiani e su quello Est da egiziani e francesi. L’ardita iniziativa russa è stata — si apprende da fonti al corrente dei contatti avvenuti — rinviata al mittente da tutti i destinatari ma il fatto stesso che sia stata immaginata significa che Mosca ha fretta di creare una situazione sul terreno capace di assicurarle il controllo di almeno metà della Libia. Magari puntando a far trovare il nuovo presidente Usa, Joe Biden, davanti ad una serie di fatti sul terreno assai difficili da cambiare. Ad avvalorare questo scenario ci sono le notizie di fonte occidentale, degli ultimi giorni, sull’arrivo in Libia di piccoli contingenti militari russi che avrebbero iniziato a sostituire in alcune località gli effetti della Brigata Wagner. In tutto ciò la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, dopo aver evitato con il proprio intervento in giugno la sconfitta militare del governo Fayez al Sarraj, ha assunto di fatto il controllo della Tripolitania schierando alcune centinaia di uomini, inviando migliaia di mercenari siriani e posizionando davanti alla costa, fra Misurata e Tripoli, le navi da guerra Gaziantep, Gediz e Gokceada. Ovvero, la Tripolitania blindata da Erdogan è l’unica area della Libia dove la Brigata Wagner non è presente anche se — secondo fonti Africom — avrebbe posizionato mine e ordigni Ied lungo il ciglio di molte strade per ostacolare la libertà di movimento delle forze di Sarraj e dei suoi alleati turchi. Ciò che colpisce è l’analisi che gli esperti del comando Africom fanno sulle mosse di Putin in Libia, collegandole al costante rafforzamento militare russo in corso in altri nazioni africane — dalla Repubblica Centrale Africana al Mozambico — per fronteggiare l’espansione strategica cinese in Africa. Come dire, il Cremlino considera l’Occidente talmente indebolito in Africa da puntare le sue carte migliori tutte nella sfida con Pechino.

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