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Il Foglio Rassegna Stampa
14.11.2020 Faraz Pervaiz, il cristiano braccato dagli islamisti
Analisi di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 14 novembre 2020
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Il super ricercato»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 14/11/2020, a pag.II, con il titolo 'Il super ricercato' l'intervista di Giulio Meotti a Faraz Pervaiz.

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Giulio Meotti

FARAZ PERVAIZ Pakistani Christian Facing Death on “Blasphemy” Charges
Faraz Pervaiz

Il suo volto, il suo nome e la taglia sulla sua testa sono ovunque nelle strade del Pakistan. A Karachi, a Rawalpindi, a Islamabad. Nei lampioni della luce, di fronte alle scuole coraniche, sotto i viadotti, nelle mura delle case, di fronte a edifici governativi e moschee. "E poi nelle scuole cristiane, alle fermate dell'autobus, fuori dalla Moschea Rossa e il ministero degli Affari religiosi", racconta al Foglio il super ricercato del Pakistan. Il nome non è quello del leader di al Qaida, Ayman al Zawahiri, ma di Faraz Pervaiz, un cristiano accusato di blasfemia. "G'ustakh-e-rasool ki aik hi sazaa. Sar tann se juda! Sar tann se juda". E' quello che si canta nelle strade del Pakistan alla volta di Pervaiz. "C'è solo una punizione per aver insultato il Profeta. Staccate la testa dal corpo! Staccate la testa dal corpo". A luglio, un musulmano non ha aspettato il verdetto del giudice e ha ucciso in aula, sparandogli a bruciapelo, l'uomo che due anni prima aveva accusato di blasfemia. Nei giorni scorsi, una guardia di banca ha ucciso il proprio manager dopo averlo accusato di blasfemia. Si muore quasi ogni giorno in Pakistan accusati di blasfemia. Pervaiz non è ricercato solo dagli islamisti. Il suo nome è in un elenco della Fia, l'agenzia pachistana federale, che ci mostra. E' la denuncia per blasfemia. Il pensiero di Pervaiz ritorna alla mattina in cui è scappato dal suo paese per rifugiarsi in Tailandia, quando i mullah avevano "I jihadisti hanno in odio la libertà religiosa e di parola, le basi di tutti gli altri diritti tanto cari all'occidente" già emesso la loro prima fartwa. "Nessuno è venuto a salutarci quando ho lasciato Lahore con i miei figli, mia moglie, mia madre, mia sorella e la sua famiglia" racconta Pervaiz in questa intervista esclusiva al Foglio. "Eravamo alla stazione ferroviaria. I ricordi della scuola, la separazione dagli amici, l'amore per tutto ciò che considero casa, la partenza per una destinazione sconosciuta, sono diventati un incubo. Per salvare la famiglia e la mia vita ho iniziato a camminare su sentieri pieni di spunzoni. Non avrei mai pensato che avrei lasciato la mia città e il mio paese e che sarei andato lontano. Il treno correva sui binari da ore. IIo pianto con mia sorella. I ricordi della mia città natale, Lahore, hanno cominciato a tormentarmi. All'improvviso ho visto che mia madre ha iniziato a piangere. Sono riuscito a controllare le mie lacrime con grande difficoltà. Il treno si fermava nelle stazioni. I passeggeri salivano e scendevano, il sole stava per sorgere. Sono tornato dalla toilette e mi sono seduto. Mia moglie mi ha chiesto perché stavo piangendo. Le ho detto che ero appena stato in bagno. `Non è acqua, sono lacrime', ha detto". Il volo da Karachi a Bangkok doveva decollare dall'aeroporto internazionale di Quaid-e-Azam alle 22. "Siamo saliti sull'airbus. Tutti i passeggeri avevano preso posto, quando improvvisamente gli ufficiali dell'immigrazione sono saliti sull'aereo e hanno trascinato fuori tutta la mia famiglia. Mi è caduto il cielo addosso. Eravamo chiusi in una stanza, quando è arrivato un ufficiale dell'immigrazione, `il nome di Faraz Pervez è nella lista di divieto di espatrio, non potrà uscire dal Pakistan'. Li ho supplicati di lasciarci andare. Sono tornati trenta minuti dopo, mi hanno portato fuori dalla stanza e mi hanno detto: `Se ci dai i tuoi soldi e gioielli, verrai mandato via'. Ho detto di si per salvare la mia famiglia. Siamo arrivati a Bangkok senza un centesimo ma con grande coraggio e speranza in mezzo a questo Mar Rosso". Pervaiz sperava di aver superato ogni difficoltà. A Karachi, nel Paidstan meridionale, nei giorni scorsi sono apparsi poster che offrono una ricompensa di dieci milioni di rupie (62.860 dollari) per uccidere questo cristiano reo di pubblicato "contenuti anti-islamici sui social media". "La taglia sulla testa di Maloon (maledetto) Faraz Pervaiz è fissata a dieci milioni. L'unica punizione per aver insultato il Profeta è la decapitazione", recita il volantino con la foto di Pervaiz. Anche Jamaat Ahle Sunnat, una setta islamica Barelvi, ha messo una taglia, portando la somma a 124 mila dollari. Questo padre di tre figli è fuggito di nuovo con la famiglia in un luogo segreto fuori Bangkok, dopo che la sua posizione è stata rivelata in un video diffuso dagli islamisti sui social e diventato virale. Il video, realizzato da un rifugiato musulmano pakistano, invitava "ogni musulmano di questo mondo" a recarsi a Bangkok e uccidere Pervaiz. Ha ricevuto minacce da quando si è pronunciato a favore delle minoranze cristiane dopo l'attacco alla "Joseph Colony" di Lahore, il ghetto cristiano, da parte di una folla che ha saccheggiato e distrutto centinaia di case e chiese. Pervaiz ha guidato le proteste che chiedevano giustizia e ha gestito un blog in cui ha sfidato sia la politica sia la teologia islamica. La prima taglia di 62 mila dollari su Pervaiz è stata offerta dal partito Tahreek-e-Labbaik. E' stato lanciato un appello, caduto nel vuoto, affinché il Canada salvi questo rifugiato cristiano pachistano dopo che il Canada ha dato asilo ad Asia Bibi, la donna cristiana costretta a nascondersi dagli estremisti musulmani a seguito di false accuse di blasfemia. "Stanno dicendo che è responsabilità di ogni musulmano di questo mondo trovarmi e uccidermi", ci racconta Pervaiz. "Una volta che scoprono esattamente dove mi trovi, ci vuole un'ora". Pervaiz, la moglie e i tre figli, è sostenuto dal gesuita australiano Michael Kelly, a lungo impegnato nella difesa dei cristiani perseguitati. Oggi vivono nascosti in un monolocale, senza quasi mai uscire. Le cose si sono fatte molto serie quando a mettere una taglia sulla sua testa è stato Tehreek-e-Labbaik, lo stesso partito che ha esortato i musulmani a uccidere Bibi dopo che è stata prosciolta dalle accuse di blasfemia dalla Corte suprema pachistana. Quando gli estremisti islamici pachistani pensavano che Pervaiz fosse nei Paesi Bassi, Tehreek-e-Labbaik ha organizzato una manifestazione davanti all'ambasciata olandese a Islamabad, chiedendo al governo olandese di restituire Pervaiz. L'ufficio Onu per i rifugiati a Bangkok ha contattato Google e Facebook e alla fine è riuscito a bloccare il video che ne rivelava l'indirizzo. A guidare le proteste contro di lui c'è anche il fratello di Mumtaz Qadri, l'assassino dell'ex governatore del Punjab Salman Taseer, ucciso per aver difeso Asia Bibi. "Sono stato accusato di blasfemia, un grave crimine in Pakistan, la cui punizione è, secondo le circostanze del caso, l'ergastolo o la morte" ci racconta. "Il motivo per cui sono accusato di questi crimini è che ho parlato in modo critico dell'islam sui miei social. Sono stato anche aggredito in un minimarket da alcuni musulmani che mi hanno riconosciuto". Il caso Asia Bibi è stato una linea rossa per i cristiani di quel paese. "Apparteneva a una famiglia cristiana molto povera" ci spiega Pervaiz. "Volevano impiccarla per aumentare il rispetto del Profeta e rafforzare i suoi compagni jihadisti mostrandone il terrore verso i non musulmani. Durante la prigionia di Asia, la maggior parte dell'intera nazione cristiana pakistana digiunava e pregava. Il presidente francese Emmanuel Macron non solo ha concesso la cittadinanza onoraria a Bibi, ma l'ha anche incontrata. Anche noi abbiamo lanciato un forte movimento a favore di Asia Bibi sui social. Ci opponiamo alle false idee dei jihadisti che vogliono imporre con la forza al mondo. Questa ideologia ha lo scopo di denigrare i diritti umani e la libertà di espressione. E sembra che i jihadisti stiano vincendo. Non sono solo le organizzazioni per i diritti umani, ma è il mondo intero a capitolare di fronte all'agenda jihadista. Quindi, penso che i jihadisti abbiano raggiunto i loro obiettivi visto che volevano vincere e sconfiggere il mondo con il loro terrore e orrore. I jihadisti hanno annunciato lucrose taglie sulla mia testa. La mia decisione di esercitare la mia libertà di parola, che è un diritto sancito dal diritto internazionale e conferito dalla giustizia naturale, è stata all'altezza del loro odio incendiario nei miei confronti. Diversi post e video di Facebook raffigurano me e la mia famiglia mentre veniamo giustiziati per decapitazione". Pervaiz ha osato sfidare le leggi del suo paese. "Dobbiamo fare di più che chiedere semplicemente l'abrogazione delle leggi sulla blasfemia. Dobbiamo incoraggiare i cambiamenti educativi in Pakistan. La discriminazione è inculcata sin dalla giovane età. Secondo uno studio condotto dalla Commissione degli Stati Uniti per la libertà religiosa internazionale, i cristiani vengono demonizzati e ritratti come spie dell'occidente nei libri di testo nazionali. Ogni anno 700 ragazze cristiane vengono rapite, violentate e costrette a sposare gli islamici. Stanno commettendo un genocidio del cristianesimo. Qui i cristiani vengono torturati, violentati e bruciati vivi". Pervaiz sa che tanti hanno già pagato con la vita per il suo stesso "crimine". Il governatore musulmano Salman Taseer e il ministro cattolico Shabaz Bhatti per aver chiesto l'abolizione della legge sulla blasfemia. In carcere langue Junaid Hafeez, studioso di letteratura che si è formato nelle università americane e in prigione con l'accusa di blasfemia. Il suo avvocato, Rashid Rehman, coordinatore della Commissione per i diritti umani del Pakistan, è stato ucciso nel suo ufficio. Non è arrivato a processo il professor Muhammad Shakil Auj. Gli imam delle madrasse lo avevano condannato a morte. Auj era il preside della facoltà di Studi islamici dell'Università di Karachi e si definiva "musulmano liberale". Mashal Khan era uno studente di giornalismo all'università. Lo avevano accusato di pubblicare contenuti "blasfemi". Gli hanno sparato alla testa. Shahzad e Shama, marito e moglie cristiani, sono stati torturati e arsi vivi nel Punjab dopo accuse di blasfemia. Il giudice Arif Iqbal Bhatti ha pagato con la vita aver assolto dei "blasfemi". Di tornare a casa, non se ne parla. "Non posso tornare in Pakistan per una serie di motivi", dice Pervaiz. "Non posso perché c'è un ordine di arresto contro di me per blasfemia, che comporta la pena di morte. Inoltre, ho ricevuto minacce dirette da persone come Lal Masjid e altri estremisti che desiderano vedermi morire per aver esercitato la libertà di parola. Sarei sicuramente ucciso per via giudiziaria o extragiudiziaria. Mi hanno preso di mira perché critico apertamente i fondamenti dell'islam. Ho attirato la loro ira perché rifiuto di tacere. L'islam promuove la poligamia, la schiavitù, l'odio per l'apostasia e altre idee estreme che sono in netto contrasto con i valori che dovrebbero essere i precetti di una società giusta ed equa. Il modo in cui l'islam tratta le donne è riprovevole, come il fatto che la testimonianza di una donna valga solo la metà di quella di un uomo e che una donna abbia diritto a solo un quarto di ciò che i suoi fratelli ereditano. La libertà di espressione è un diritto fondamentale. Rafforza tutti gli altri diritti tanto cari all'occidente, consentendo alla società di svilupparsi e progredire". Pervaiz teme per la sua famiglia. "Mia moglie e i miei figli sono stati in un centro di detenzione per tre anni quando siamo riparati qui. Mia figlia fa molte domande, `quando andremo a scuola', `perché ci nascondiamo', mia moglie piange ogni notte. Non parliamo con i nostri parenti in Pakistan a causa dei problemi di sicurezza". Ora, forse, comprenderemo un po' meglio anche l'enormità di quanto successo la mattina del 16 ottobre nella scuola media di Conflans-Sainte- Honorine, dove è stato decapitato un "blasfemo" di nome Samuel Paty. Karachi è nelle periferie delle nostre città multiculturali.

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