IC7 - il commento di Marco Paganoni
Dal 1° al 7 novembre 2020
Le mappe e gli slogan dell'odio
La mappa in cui Israele è cancellata. La scritta: "La normalizzazione è tradimento. No alla normalizzazione”
Probabilmente molti in Occidente pensano che i sentimenti di orrore e di condanna per il massacro degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del settembre 1972 siano un fatto universale, un po’ come il raccapriccio e la riprovazione per le agghiaccianti decapitazioni in video o il turpe mercato di schiave del sesso yazide perpetrati pochi anni fa dall’Isis. In fondo, quali dubbi morali potrebbero mai sorgere di fronte a undici atleti ebrei dello stato d’Israele catturati, torturati e trucidati proprio in Germania a soli 27 anni dalla Shoà, e proprio durante le Olimpiadi, luogo e simbolo fin dall’antichità di una sacra tregua di pace fra i popoli? “Un crimine selvaggio contro la civiltà, consumato da menti malate", definì la strage re Hussein di Giordania.
Ebbene, no. L’esecrazione non è universale. Grazie alla puntuale opera di documentazione della ong Palestinian Media Watch veniamo a sapere che il mese scorso un nuovo portale d’ingresso alla Palestine Polytechnic University di Hebron, donato dal Consiglio dell'Unione Studentesca dell’ateneo, è stato intitolato “con orgoglio” alla memoria del “martire Salah Khalaf Abu Iyad”, come ha detto il presidente dell’organismo studentesco Saif Al-Muhtasib. Ne ha dato notizia il 18 ottobre sulla propria pagina Facebook Abbas Zaki, membro del Comitato Centrale di Fatah (il movimento palestinese che fa capo ad Abu Mazen). Il “martire” Salah Khalaf, più noto come Abu Iyad, uno dei co-fondatori di Fatah, altri non è che il capo di Settembre Nero, la formazione terroristica segreta incaricata negli anni ’70 di compiere i “lavori sporchi” per conto di Fatah permettendo al capo dell’Olp Yasser Arafat di non doverne rispondere pubblicamente. Come scrisse in un libro lo stesso Salah Khalaf, "Settembre Nero non era un'organizzazione terroristica a sé stante: era piuttosto un'unità ausiliaria del movimento di resistenza in un momento in cui quest'ultimo non era in grado di realizzare appieno il proprio potenziale militare e politico”. Ancora più esplicito Mohammed Daoud Oudeh, noto anche come Abu Daoud, un operativo di Settembre Nero che nel 1972 disse alla polizia giordana (citato dal quotidiano giordano Al-Dustur): "Non c'è un’organizzazione Settembre Nero: Fatah annuncia le proprie operazioni con questo nome in modo che Fatah non appaia come l'esecutore diretto dell'operazione". Oggi la finzione, a cui tanti all’epoca finsero di credere, non serve più. Il “martire Salah Khalaf” concepì e pianificò il massacro delle Olimpiadi di Monaco e per questo viene celebrato da Fatah. Sul nuovo portale d’ingresso del politecnico di Hebron, sopra alla targa che celebra "la fortitudine del martire Saleh Khalaf Abu Iyad”, campeggiano i ritratti suo e di Yasser Arafat.
L'ingresso del Politecnico di Hebron
Nessuna meraviglia. Esistono già quattro scuole palestinesi intitolate alla memoria del carnefice di Monaco: due a Gaza, una a Rafah e una a Tulkarem, sotto Autorità Palestinese. L'Autorità Palestinese ha anche un centro sportivo chiamato: "Il Centro Martire Salah Khalaf" al quale il mese scorso la tv ufficiale dell'Autorità Palestinese ha dedicato un programma in cui si poteva vedere il ritratto del capo terrorista affiancato da quelli di Yasser Arafat e Abu Mazen. Sul nuovo ingresso del Politecnico di Hebron è stata apposta anche una targa per attestare che si tratta di un dono del Consiglio dell'Unione Studentesca. A sinistra del testo figura il logo del Consiglio Studentesco. A destra, quello del gruppo studentesco Martiri di Al-Aqsa, affiliato a Fatah. Entrambi i simboli riportano la tipica mappa delle rivendicazioni massimaliste palestinesi, che comprendono l’intero territorio: Israele risulta cancellato dalla carta geografica. Anche qui, poca sorpresa. In quegli stessi giorni, il movimento Fatah postava su Facebook una serie di immagini contro i recenti accordi di normalizzazione tra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan.
Ancora dall'ingresso del Politecnico di Hebron
Tutte le immagini consistevano in varianti grafiche della rappresentazione della mappa della “Palestina” che esclude l’esistenza di Israele, accompagnate dalla scritta: "La normalizzazione è tradimento. No alla normalizzazione”, e da slogan come: “La determinazione del nostro popolo è più forte di tutte le imprese di annessione e occupazione" o “Una bandiera che sventola e un obiettivo che nobilita". Messaggio inequivocabile: l’obiettivo che nobilita è la distruzione dello stato ebraico. En attendant il risultato finale delle elezioni presidenziali americane, c’è solo da augurarsi che qualunque prossima amministrazione a Washington abbia abbastanza acume politico e onestà intellettuale per guardare in faccia questa realtà, con cui Israele deve comunque fare i conti.
Marco Paganoni, direttore di Israele.net