Israele di fronte alle elezioni americane Fiammetta Martegani intervista il ricercatore israeliano Noah Slepkov
Testata: Avvenire Data: 03 novembre 2020 Pagina: 10 Autore: Fiammetta Martegani Titolo: «'Su Israele prevarrà lo status quo, chiunque sarà il vincitore'»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 03/11/2020, a pag.10 con il titolo 'Su Israele prevarrà lo status quo, chiunque sarà il vincitore', l'intervista di Fiammetta Martegani.
Fiammetta Martegani
Noah Slepkov
«Chiunque dovesse vincere queste elezioni americane, per Israele il più grande riflesso non sarebbe tanto sul piano dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti e i vicini mediorientali, quanto su quello della politica interna». Così commenta Noah Slepkov, ricercatore per il Jppi (Jewish People Policy Institute), consulente strategico della Knesset per i rapporti internazionali, e nota firma del quotidiano Haaretz. Secondo l'analista canadese, se i13 novembre dovesse farcela Donald Trump, a discapito di tutti i pronostici che da settimane lo danno perdente, «la conseguenza diretta sull'opinione pubblica israeliana (e soprattutto sull'attuale primo ministro in carica) sarebbe quella di vedere smentita l'efficacia dei sondaggi. Sondaggi che danno anche l'attuale premier israeliano in discesa. A quel punto, Benjamin Netanyahu potrebbe ribaltare il discorso dominante e (oltre a vedere rinnovata la consolidata amicizia con Trump) ritroverebbe la sicurezza che è stata messa severamente in discussione in questo periodo pandemico. Potrebbe insomma giocarsi la carta del parallelismo con il grande alleato d'Oltreoceano e cominciare la rimonta nei consensi». Dovesse vincere Joe Biden, invece, inevitabilmente diventerà prioritaria, nel rapporto tra Israele e il nuovo inquilino della Casa Bianca, la questione Covid. «Perché il presidente neoeletto si troverà a dover gestire prima di tutto le drammatiche conseguenze della pandemia sul fronte interno, sia a livello sanitario che economico - spiega Slepkov - lasciando in secondo piano la politica internazionale, e di conseguenza anche quella in Medio Oriente. Di fatto, l'eventuale (e più probabile) vittoria di Joe Biden, per quanto non gradita all'elettorato della destra israeliana, finirà per non compromettere i risultati ottenuti dal suo predecessore con gli Accordi di Abramo, garantendo, anzi, lo status quo della regione». Il discorso è diverso per il nodo Iran. «La vittoria di Biden potrebbe riaprire quel dialogo introdotto da Obama e poi blindato da Trump. E Teheran, trovandosi ormai isolata proprio in conseguenza del nuovo assetto regionale consolidato, potrebbe vedere nel leader dei democratici un partner privilegiato con cui provare a ricucire i rapporti». Quanto alla questione palestinese, infine, forse è possibile attendersi qualche mutamento sensibile: «Dalle parti di Ramallah, un candidato democratico verrebbe accolto con molta più benevolenza rispetto al rivale repubblicano: proprio a causa dell'approccio sfacciatamente filo-israeliano dell'attuale presidente americano, in questi ultimi anni i palestinesi si erano ostinatamente ritirati sulle loro posizioni. Biden potrebbe avere l'opportunità di riaprire il dialogo». Il che potrebbe non piacere a buona parte dell'opinione pubblica israeliana. Specialmente a quanti si aspettavano, e ancora aspettano, l'annessione di parte dei Territori promessa da Trump. «Verrebbe sicuramente congelata - sottolinea Slepkov - in nome dello stretto legame tra il partito democratico e quella larga fetta di elettorato americano di origine ebraica che guarda al processo di pace e chiede una soluzione di due Stati. Il che esclude fermamente ogni tipo di annessione». In sostanza, conclude Slepkov, «a prescindere dal vincitore, per Israele si tratta di una win-win situation. Mentre, per Bibi, per lui sì, le cose potrebbero cambiare. E in modo decisivo».
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