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La Repubblica Rassegna Stampa
03.11.2020 Terrore islamista a Vienna
Cronaca di Tonia Mastrobuoni, analisi di Gianluca Di Feo

Testata: La Repubblica
Data: 03 novembre 2020
Pagina: 2
Autore: Tonia Mastrobuoni - Gianluca Di Feo
Titolo: «Terrore a Vienna. Spari e morte nei locali del centro - Come al Bataclan un attacco multiplo nel cuore d’Europa»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/11/2020, a pag.2, con il titolo "Terrore a Vienna. Spari e morte nei locali del centro" il commento di Tonia Mastrobuoni; a pag. 4, con il titolo "Come al Bataclan un attacco multiplo nel cuore d’Europa", il commento di Gianluca Di Feo.

Ecco gli articoli:

Terrorismo a Vienna. Sparatoria vicino alla sinagoga di Seitenstettengasse
Terrorismo a Vienna: attacco alla sinagoga

Tonia Mastrobuoni: "Terrore a Vienna. Spari e morte nei locali del centro"

Risultati immagini per tonia mastrobuoni repubblica
Tonia Mastrobuoni

I primi spari sono esplosi intorno alle otto di sera, nella Seitenstettengasse, nei pressi della sinagoga di Vienna. E tra video amatoriali e tweet di conferma della polizia, la capitale austriaca è precipitata nel giro di pochissimi minuti nell’angoscia di un feroce attacco terroristico multiplo. Notizie caotiche di numerosi scontri a fuoco, di un attacco alla sinagoga, di ostaggi in un Hilton e in un ristorante asiatico, di attentatori ceceni e di kamikaze imbottiti di esplosivo sguinzagliati per i vicoli del centro si sono rincorse per ore, molte smentite, alcune confermate. E gli abitanti del centro, blindati dalla polizia, paralizzati da un commando ancora potenzialmente attivo, ancora capace di seminare terrore e morte, si sono barricati in casa fino a notte fonda. «Non lasciate le vostre abitazioni »: è stato questo il mantra martellante di tutte le autorità, mentre le squadre speciali Cobra e Wega setacciavano i vicoli attorno a Schwedenplatz. Alle 23 circa sono cominciati a girare i primi video di arresti vicino al Graben, la strada dello shopping viennese, mai confermati. A mezzanotte, collegato con la tv pubblica Orf , il ministro dell’Interno Karl Nehammer ha continuato a dire che «l’attacco è ancora in corso» e ha supplicato i viennesi a «non uscire di casa». Anche il sindaco di Vienna, Michael Ludwig, ha twittato «mantenete la calma» e «rimanete a casa». Il sindaco socialdemocratico ha parlato di «immagini scioccanti». Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, di un «attacco ripugnante». Poco dopo le prime sparatorie, Nehammer aveva già rivelato che si trattava «apparentemente di un attacco terroristico», eseguito da diversi attentatori dotati di «armi lunghe», probabilmente fucili automatici, «per aumentare la pericolosità dell’azione». E a notte fonda ha puntualizzato che «la lotta contro i presunti terroristi è ancora in corso». Il centro di Vienna è rimasto blindato nella notte, e secondo i cronisti dell’ Orf , è piombato in un silenzio spettrale dopo gli scontri a fuoco. La polizia ha supplicato da subito via twitter di non condividere foto o notizie, di mandarle alle forze dell’ordine per consentire una verifica seria delle indiscrezioni che si rincorrevano incontrollate su tutti i social media. La presunta storia degli ostaggi all’Hilton o in un ristorante asiatico non è mai stata confermata. La dinamica delle sparatorie non è ancora del tutto chiara. Alle otto di sera «vari attentatori» avrebbero aperto il fuoco «in sei luoghi diversi, tutti vicini alla Seitenstettengasse », via con diversi locali affollati nell’ultima sera prima del lockdown deciso dalle autorità austriache. Questi gli elementi forniti da un portavoce della polizia di Vienna, che intorno alle 22,30 ha fornito la prima ricostruzione un po’ ordinata del caos. Il primo bilancio ufficiale è di almeno due vittime, un passante e uno degli attentatori. E poi «vari feriti, tra cui alcuni gravi» anche se la polizia non ha confermato i rumors su quindici feriti tra cui sette gravi. Tra questi ultimi ci sarebbe anche un poliziotto. A quell’ora era già riunito il gabinetto di crisi del governo Kurz e si rincorrevano voci su sette morti e un commando terroristico di quattro persone che avrebbe sferrato l’attacco al cuore della città. Anche Daniel Melcher, della Wiener Berufsrettung, la protezione civile, ha parlato di «diversi morti e feriti». L’attentatore ucciso, secondo la ricostruzione della Orf, aveva una cintura esplosiva. Nella confusione dei primi minuti, inevitabile che molti abbiano pensato a un’aggressione contro la sinagoga d Seitenstettengasse. Ma la direttrice esecutiva della comunità ebraica Erika Jakubovits ha chiarito subito, raggiunta telefonicamente da Repubblica, che «non è un attacco alla sinagoga. Non sappiamo ancora cosa sia. Ci sono stati spari e abbiamo detto alla nostra comunità di restare in casa». Anche il presidente della comunità ebraica, Oskar Deutsch, non ha confermato per ora il sospetto di un aggressione mirata contro la comunità ebraica. Deutsch ha twittato che «al momento dei primi spari la sinagoga era chiusa». Il cancelliere, Sebastian Kurz, ha twittato dopo la riunione d’emergenza che «attraversiamo un momento difficile per la Repubblica. Voglio ringraziare tutte le forze dell’ordine che rischiano la vita, soprattutto oggi per la nostra sicurezza. La nostra polizia prenderà delle misure decise contro gli autori di questo ripugnante attacco terroristico». Il leader conservatore ha confermato la morte di un aggressore e si è detto «orgoglioso» della polizia che lo avrebbe ucciso. «Non ci lasceremo mai intimidire dal terrorismo e lotteremo con risolutezza contro questi attacchi». Il presidente francese, Emmanuel Macron, è stato tra i primi ad esprimere la sua vicinanza all’Austria, a esortare Vienna «a non arrendersi». Macron, che ha affrontato una serie di attacchi terroristici nel suo Paese avvenuti nelle ultime settimane, ha dichiarato che «i francesi condividono lo shock e il lutto degli austriaci, colpiti questa sera da attacchi alla loro capitale, Vienna. Dopo la Francia, è un nostro amico ad essere attaccato. I nostri nemici devono sapere con chi hanno a che fare».

Gianluca Di Feo: "Come al Bataclan un attacco multiplo nel cuore d’Europa"

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Gianluca Di Feo

Uomini in tenuta militare, con i caricatori di riserva alla cintura e un berretto nero. Impugnano il kalashnikov con perizia, alternando colpi singoli e raffiche: si muovono come se avessero l’esperienza dei combattimenti nelle strade. È questo il volto del terrore che ha insanguinato il centro di Vienna, la nuova tappa di un’offensiva contro il cuore dell’Europa che non conosce tregua. Le dinamiche dell’attacco ricordano i momenti più cupi della storia recente: come nella notte del Bataclan, il commando ha agito in maniera sincronizzata, facendo fuoco tra la gente ai tavolini di un locale; prendendo ostaggi in un ristorante; seminando ordigni. Prima ancora era accaduto in India, nel 2008, con dieci diversi gruppi d’assalto impegnati a devastare gli hotel di Mumbai. E ieri a Vienna, come nella strage di Charlie Hebdo , i terroristi non si sono intimoriti all’arrivo della polizia: l’hanno affrontata ad armi spianate, proseguendo il loro piano feroce. Per ore la capitale asburgica è precipitata in un incubo, con sei diverse sparatorie in più punti della città mentre il bilancio di morti e feriti continuava a crescere. Proprio la competenza militare degli assalitori ha fatto ipotizzare che possa trattarsi di ceceni: i soldati più spietati della falange islamista, gli ultimi accorsi a Mosul per difendere i bastioni del Califfato ma anche protagonisti pochi giorni fa dell’esecuzione dell’insegnante francese Samuel Paty. Non è casuale la scelta dell’obiettivo iniziale, le viuzze che circondano la sinagoga di Seitenstettengasse: il bersaglio di un attentato antisemita del 1981, attribuito ai fedayin palestinesi di Abu Nidal, che aveva provocato due morti e 21 feriti. Ma da allora il luogo di culto è sempre vigilato dagli agenti. E proprio per questo probabilmente hanno deciso di fare scattare l’operazione da lì: con la certezza che subito si sarebbe scatenata un’inequivocabile attenzione mediatica. Tutte le ultime azioni jihadiste in Europa vogliono essere un manifesto: il segnale che la lotta islamista non è stata debellata con la sconfitta sul campo dello Stato islamico. C’è un unico disegno dall’accoltellamento del 25 settembre davanti alla vecchia redazione parigina di Charlie Hebdo all’assassinio di Samuel Paty, il professore che aveva parlato ai suoi alunni delle “vignette sataniche”, fino alla decapitazione nella cattedrale di Nizza. Le indagini stanno ricostruendo come non si trattasse di “lupi solitari”, di menti deboli spinte ad uccidere dalla propaganda online dell’odio fondamentalista: dietro di loro gli investigatori stanno delineando reti senza confini, capaci di garantire appoggio logistico e denaro. E le loro azioni stanno ottenendo l’effetto di scatenare una mobilitazione senza precedenti contro la Francia e contro i valori dell’Europa laica: anche ieri decine di migliaia di persone sono scese in piazza in Bangladesh, in Indonesia, in Pakistan bruciando i ritratti di Macron. Un consenso di massa che torna a rianimare i fuggitivi dell’Isis asserragliati nelle montagne siriane e irachene, ma anche le frange di Al Qaeda che in Afghanistan vedono avvicinarsi l’ora del ritiro statunitense e della riscossa sull’Occidente. Per comprendere la loro strategia bisogna tenere presente una delle frasi pronunciate dal presidente turco Erdogan, il nuovo Sultano che cerca di ergersi a paladino dell’Islam: «I musulmani in Europa sono trattati come gli ebrei nella Germania hitleriana». L’obiettivo è arrivare a questo. La crudeltà delle azioni mira a innescare una reazione a catena, scatenando la ritorsione contro le comunità islamiche presenti nei nostri Paesi. È sempre stato così: nelle bombe che dilaniarono le stazioni di Madrid; in quelle negli autobus e nella metropolitana di Londra e nel tir che travolse il mercatino di Natale a Berlino. Finora la risposta delle democrazie europee ha impedito che il loro disegno avesse successo; replicando all’orrore con le leggi dello stato di diritto, alle stragi con i processi. Adesso però il clima sta cambiando. Ci sono movimenti sovranisti sempre più aggressivi, che in Germania hanno già ispirato attentati contro i ritrovi degli immigrati turchi. E ci sono partiti di estrema destra sempre più forti, in Francia, in Germania, in Austria, che hanno la tentazione crescente di cavalcare la paura di fasce della popolazione già piegate dalla pandemia inarrestabile. Proprio da queste pagine Bernard-Henri Lévy ha lanciato l’appello a disinnescare la “guerra di civiltà”. Mai come oggi, soprattutto davanti a questo nuovo bagno di sangue, è l’unica strada per non precipitare nel baratro.

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