Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/11/2020, a pag. 19, con il titolo 'Sogno un Iran che parli con Israele e conceda diritti', l'intervista di Francesco De Leo.
Faezeh Hashemi
Faezeh Hashemi, politica e attivista iraniana, è la figlia dell’ayatollah ‘Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, presidente dell’Iran dal 1989 al 1997, presidente dell’Assemblea degli Esperti dal 2007 al 2011 e presidente del Consiglio per il Discernimento dal 1989 sino alla sua scomparsa nel 2017: 57 anni, parlamentare dal 1996 al 2000, si è battuta per i diritti di genere. È Presidente della Lega femminile del Partito Executives of Construction. Ha subito due condanne per propaganda anti-regime, che le sono costate 12 mesi di carcere.
Come va l’Iran? Che fase è questa per il suo Paese? «È una domanda complessa. La situazione politica ed economica non è facile e non mi sembra che le autorità diano risposte adeguate».
Qual è il futuro della Repubblica Islamica? Il suo rapporto con la modernità come procede? «L’Iran è un Paese moderno, ma non dal punto di vista della cultura della modernità. Possediamo gli strumenti della modernità, ciò che esiste in Occidente e nei Paesi sviluppati. Ma la modernità si arresta quando si tratta di pensare e ragionare, specie di diritti delle donne».
Alcuni giornali internazionali hanno scritto di una sua possibile candidatura alle presidenziali del 2021. Ci ha pensato davvero? «No. Non ho al momento preso una decisione. E non mi piacerebbe diventare presidente della Repubblica nella situazione odierna: il presidente qui non ha nessuna autorità».
Che trasformazioni sogna per l’Iran? «Che la nostra politica cambi sul piano internazionale, innanzitutto. Perché secondo me finora la nostra politica estera non ha fatto che aumentare di giorno in giorno i nostri problemi. Per quanto riguarda la nostra politica interna poi — i diritti umani, la libertà di parola, i diritti delle donne — beh… necessitano di un grande cambiamento».
L'ayatollah Khomeini
Ci sono alcuni Paesi arabi che hanno firmato accordi in questi ultimi mesi con Israele. Che idea se ne è fatta? «Sono Paesi sovrani che hanno il diritto di decidere le loro politiche con Israele. Anche se fossimo contrari non potremmo vincolarli o protestare per le loro scelte. Penso che l’Iran oggi debba riuscire ad avere relazioni con tutti i Paesi del mondo».
Una pace dell’Iran con Israele sarebbe una rivoluzione per il Medio Oriente con sviluppi nell’intera comunità internazionale. Si arriverà mai a questo? «È poco probabile. La pace in Medio Oriente e l’ostilità tra i due Paesi sono però questioni molto diverse tra loro. Ad esempio, in alcune discipline sportive i palestinesi gareggiano con gli israeliani. Noi no. Oppure, i palestinesi dialogano con gli israeliani, mentre noi manteniamo un atteggiamento minaccioso. Possiamo non fare una pace vera, ma possiamo mutare la nostra politica. Ancora, i palestinesi riguardo all’accordo degli Emirati, del Bahrein e del Sudan con Israele, hanno reagito in un modo diverso dagli iraniani. Non hanno avuto una reazione così contraria. Questi accordi con Israele non ci impediscono di dialogare. Possiamo trovare una via di mezzo tra inimicizia e dialogo».
Sarebbe auspicabile un rapporto nuovo tra Iran e Israele? «Non ritengo importante mettersi alla ricerca di qualcosa del genere. È più importante il rapporto con gli Stati Uniti. Non avere un rapporto con l’America ci ha creato moltissimi problemi».
Com’è la situazione del Covid nel suo Paese? «Non è affatto positiva. Ci sono dei morti in aumento e mancano regole sul distanziamento sociale».
Si è sempre occupata delle questioni di genere. Cosa può dirci attualmente della condizione della donna nella società iraniana? «Sono molte le cose da fare riguardo alla questione della donna. Da quando ho iniziato ad occuparmene, non è cambiato molto. Ma le nuove generazioni sono molto attive e consapevoli dei loro diritti. Hanno coraggio, scendono in piazza, pagano un caro prezzo per rivendicare diritti».
In alcune manifestazioni di protesta per il carovita si sono evocati i Pahlavi. Non era mai successo. Che impressione le ha fatto? «Il popolo fa bene a manifestare. La cosa che mi addolora è che noi autorità al governo non abbiamo fatto nulla affinché la gente non rimpiangesse lo Shah. La Repubblica Islamica non ha avuto una condotta positiva ed è questo il motivo per cui la gente acclama il nome di Reza Shah: sono stati bruciati 40 anni».
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