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La Stampa Rassegna Stampa
02.11.2020 Sulla Stampa la peggiore disinformazione per difendere fanatismo islamico e terrorismo
Hamid Mohsin, Nathalie Tocci

Testata: La Stampa
Data: 02 novembre 2020
Pagina: 1
Autore: Hamid Mohsin - Nathalie Tocci
Titolo: «Il momento di difendere la diversità - Se riparte lo scontro tra civiltà»
Riprendiamo dalla STAMPA del 30/10/2020, a pag.1, con il titolo 'Il momento di difendere la diversità' il commento di Hamid Mohsin; con il titolo "Se riparte lo scontro tra civiltà", il commento di Nathalie Tocci.

Due pezzi in prima pagina sul quotidiano torinese di sabato disinformano. Hamid Mohsin, in nome dell'equivoco concetto di "difesa della diversità" difende di fatto il fanatismo islamico, abbracciando un terzomondismo a oltranza che è ormai di casa alla Stampa. Nathalie Tocci fa perfino peggio, mettendo sullo stesso piano Trump che combatte il terrorismo e i terroristi islamici e riconducendo ogni colpa agli Stati Uniti.

Ecco gli articoli:

Hamid Mohsin: "Il momento di difendere la diversità"

Edicola Digitale La Stampa
Ogni persona dovrebbe essere in condizioni di dire ciò che desidera in qualunque luogo e in qualunque momento. La libertà di espressione è un valore altissimo. Poi però c'è un altro valore, quello di non insultare gli altri, di rispettarne la differenza, di non alimentare il razzismo usando i mezzi di comunicazione. Ciò che accade in Francia è lo scontro tra questi due valori, ed è ovvio che la soluzione non è facile, quando si ha davanti agli occhi l'assassinio di qualcuno nel modo orribile in cui è avvenuto. Tuttavia, se la posizione di un criminale non è né ragionevole né difendibile da nessun punto di vista, quella di chi cerca di difendersi da opinioni articolate che sembrano fare danno a una minoranza o a un gruppo socialmente debole non può considerarsi una posizione innaturale. Ecco dunque che si tratta di uno scontro tra due punti di vista ragionevoli: la libertà di espressione da una parte, la difesa di una minoranza fragile dall'altra. E la sfida è difendere queste due cose insieme, perché solo sostenendo l'una e l'altra proteggiamo l’intera comunità. Non va dimenticato che il mondo musulmano è formato da persone molto diverse: daKhartoum a Baghdad, le differenze sono tante. Ma questo non significa che esista una incompatibilità con i valori dell'Occidente. Del resto, se guardiamo alla democrazia Usa, possiamo forse dire che tutti i sostenitori di Trump credono nei valori democratici? No, allo stesso tempo sono tanti coloro che invece ci credono, che sono contro il razzismo e l'esclusione dei più deboli. In ogni sistema democratico, abbiamo persone che non concordano pienamente con i valori liberali, e perciò bisogna persistere nell'esercizio della democrazia. Non credo che i musulmani siano più incompatibili di altre persone con la vita democratica: sono pochi, in proporzione, gli individui coinvolti in atti di violenza. E anziché pensare che ci sia un'incompatibilità di fondo, e procedere a un irrigidimento del sistema securitario, sarebbe meglio pensare che tutti, anche i musulmani, vogliano partecipare alla democrazia. Il compito, semmai, è estendere il sostegno ai più fragili perché siano liberi di esprimersi. Poi c'è la politica e le regole su cui si basa il suo potere. Una delle manifestazioni di quest'ultimo è convincere un determinato gruppo di persone che ci sia qualcuno a difenderli. Sebbene Erdogan e Macron siano diversi e con una cultura politica agli antipodi, sotto questo profilo sembrano simili: Macron si presenta come difensore dei valori francesi in opposizione alla Turchia, all'Africa o ad altri; e Erdogan fa la stessa cosa. Entrambi, del resto, attraversano una situazione difficile: l'economia turca è in crisi, quella francese è piegata dagli effetti della pandemia. Ora è il momento di creare opportunità, di stabilire empatia, più che giocare in difesa. E importante per la società europea stabilire un ambiente culturale in cui le diversità possano prosperare, non rinchiudersi nella volontà di ristabilire la purezza di radici individuali. Una ragione di ottimismo c'è, ed è rappresentata dalle nuove generazioni. Recentemente sono stato in Italia, in provincia di Milano, a fare visita alla cugina della madre di mia moglie. Ho visto la piazza animata da ragazzi che sembravano divertirsi, si scambiavano baci e pacche sulle spalle. Guardarli, assistere all'evidenza di una generazione che cresce condividendo il senso di una comunità, mi ha fatto pensare che credere in una vera integrazione è possibile.
(Testo raccolto da Francesca Sforza)

Nathalie Tocci: "Se riparte lo scontro tra civiltà"

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La copertina del libro di Huntington (Garzanti ed.)

La cristallizzazione del conflitto in Siria oramai uscito dalla sua fase più acuta, la recrudescenza della guerra in Libia, l'imprevedibilità di Trump, e, infine, la concentrazione globale sulla pandemia, avevano messo a tacere le sirene Huntingtoniane dello scontro di civiltà. Avevamo rimesso nel cassetto quella lente distorta attraverso la quale osservare il mondo, una lente che era stata apparentemente confermata dagli attacchi dell'11 settembre 2001 e messa a fuoco quando le primavere arabe del 2011 entrarono nel loro lungo inverno. La decapitazione di Paty, la dichiarazione scomposta di Macron sulla crisi dell'Islam, le proteste nel mondo mussulmano, il tentativo cinico del presidente turco Erdogan di cavalcare l'onda dello sdegno mussulmano, e infine l'attacco di Nizza e l'appello di Macron, sembrano riportarci al 2015, quando da Parigi a Bruxelles, Londra a Berlino, l'Europa si avvitava nel vortice del terrorismo. Ma siamo realmente tornati a quel periodo? Per certi versi non ne siamo mai usciti. Che la radicalizzazione, fino ad arrivare al terrorismo, abbia profonde cause sociali, politiche, economiche e psicologiche in Francia in particolare e in Europa in generale è oggetto di studio da anni. Seppur mai lineare, esiste un nesso che lega da un lato la marginalizzazione di intere comunità, l'alienamento individuale nell'era digitale, la violenza fisica e psicologica di guerre e migrazioni forzate e le logiche della criminalità, e dall'altro i processi di radicalizzazione fino ad arrivare al terrorismo dall'altro. L'Europa è solo all'inizio della più grave crisi economica e sociale dal dopoguerra, una crisi che ha conseguenze profondamente inique. Sappiamo già che la pandemia ha accelerato le disparità economiche, sociali, geografiche e di genere, un trend destinato a crescere se non contrastato in modo deciso tanto a livello nazionale quanto europeo. Non stupisce dunque se il terrorismo, così come i disordini sociali fomentati da gruppi di es trema destra, trovino terreno fertile nel profondo disagio sociale e economico che stiamo vivendo. Eppure l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno come italiani e come europei è di ricadere nella trappola dello scontro di civiltà, che ci impedisce di vedere e affrontare con lucidità le sfide di portata storica che ci attendono. La Francia e Macron hanno le proprie logiche e motivazioni. Che la Francia, con la sua interpretazione radicale di laicità, ha una questione aperta e mai risolta con l'Islam risaputo, così come è noto che Macron, che lentamente si prepara alle presidenziali del 2022, è testa a testa nei sondaggi con chi con tutta certezza sarà la sua sfidante: Marine le Pen. In un contesto in cui l'estrema destra non arretra, il Paese viene colpito da una nuova ondata di terrorismo e si ritrova in cima alla tragica classifica della seconda ondata del Covid 19, non sorprende che Macron giochi la carta patriotico-nazionalista, così come nei mesi scorsi ha tentato, a onor del vero con poco successo, di cavalcare l'onda della politica estera, dalla Libia al Mediterraneo orientale. E una tattica razionale, per certi versi anche comprensibile, ma non per questo condivisibile. Così come non lo è il gioco di Erdogan, anche lui afflitto da problemi interni, che ha usato la politica estera come leva e riscatto nei confronti della propria opinione pubblica. Nel 2019 il partito di Giustizia e Sviluppo di Erdogan perse le elezioni amministrative, finendo con la clamorosa sconfitta a Istanbul. L'economia era già dolorante, quando la pandemia ha colpito ilPaese. Attraverso la politica estera, a partire dalla Libia, passando per il Nagorno Karabakh e finendo con lo scontro con la Francia sull'Islam, Erdogan ha riacquistato un consenso interno, ma anche internazionale nel mondo mussulmano di cui non godeva da un decennio. L'Europa non ha alcun interesse né ad alimentare una lente distorta religioso-culturale che estremizza il dibattito internazionale e da un assist a dinamiche nazionali e nazionaliste, né tantomeno a distrarsi da ciò che concretamente conta: ossia coordinare una risposta europea alla seconda ondata del Covid19 e accelerare il lavoro che assicuri che la ripresa economica dalla pandemia sia verde, digitale e equa. La gravità della crisi è tale che ricadere nel vortice dialettico e politico dello scontro di civiltà è semplicemente un lusso che non possiamo permetterci.

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