Riprendiamo dalla REPUBBLICA online di oggi, 02/11/2020, con il titolo "Covid, un italiano fra le cavie del vaccino israeliano: al via la sperimentazione", l'analisi di Sharon Nizza.
Sharon Nizza
È iniziata oggi la fase di sperimentazione umana del vaccino made in Israel per il Covid-19. Si chiama Brilife (che sta per “Bri”, la prima sillaba della parola in ebraico briut, “salute”, il, la sigla di Israele e life, “vita”) e le star indiscusse di oggi su tutti i media israeliani sono i primi due volontari a ricevere l’iniezione (uno del vaccino e uno del placebo). Uno dei due è Aner Ottolenghi, 34 anni, dottorando di immunologia all’Università Ben Gurion, ed è di origini italiane.
“Mio nonno Aldo, di Torino, si trasferì in Israele poco dopo l’emanazione delle leggi razziali, alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Noi siamo la terza generazione in Israele, ma abbiamo la cittadinanza italiana e un grande legame con le nostre origini” racconta in una conversazione con Repubblica Ottolenghi, che stamattina ha ricevuto l’iniezione (se del vaccino o del placebo, lo saprà solo a sperimentazione conclusa). Ora trascorrerà 24 ore sotto osservazione all’ospedale Hadassah Ein Kerem di Gerusalemme. “Quando sono arrivate le prime notizie su come l’Italia fosse stata colpita duramente dalla pandemia, mi si è spezzato il cuore. Ma è un Paese forte e sono sicuro che saprà uscirne, come tutti noi”. Due eccellenze nel settore medico riconosciute a livello internazionale, l’Ospedale Hadassah insieme all’Ospedale Sheba di Tel Hashomer nei pressi di Tel Aviv, conducono la prima fase di sperimentazione del vaccino creato dall’Istituto Biologico di Nes Ziona (IIBR). IIBR è il centro di ricerca che in genere conduce esperimenti top secret, affiliato all'Ufficio del primo ministro e al ministero della Difesa.
Già a fine gennaio Netanyahu aveva incaricato l’Istituto di dedicarsi alla ricerca di un vaccino e di una cura per il nuovo virus che allora doveva ancora diventare così predominante nelle vite di ognuno di noi. Il vaccino israeliano si basa su un modello di ricerca simile a quello di Oxford, ovvero l’utilizzo di vettori virali derivati da un virus già esistente. “Nel nostro caso, ci siamo basati sul virus della stomatite vescicolare (VSV), geneticamente ingegnerizzato con una proteina di Sars-CoV-2”, ci spiega il prof. Yossef Karako, capo dell’unità per le sperimentazioni cliniche dell’ospedale Hadassah. È lo stesso procedimento utilizzato per creare il vaccino contro l’Ebola, dimostratosi altamente efficace. “Tra le varie tipologie di vaccino, quelli basati sui vettori virali si sono dimostrati in passato tra i più sicuri ed efficaci” dice Karako. L’ospedale Hadassah, nella sua sede di Mosca, è coinvolto anche nella ricerca del vaccino russo. Aner Ottolenghi, tra i fondatori della ong “Midaat”, che si occupa di contrastare la diffusione di fake news sulla ricerca scientifica e in particolare sull’uso dei vaccini, dice di non aver esitato a partecipare perché conosce i risultati del vaccino contro l’Ebola e la mancanza di effetti collaterali significativi sugli esseri umani. “È un grande onore per me fare parte della sperimentazione. Invito il pubblico a prendere parte all’esperimento e aiutare così tutti noi”. “Penso a tutte quelle persone che hanno perso il lavoro di una vita. Questa è la mia piccola occasione di aiutare” ha detto il secondo volontario, Segev Harel, 27 anni, personal trainer e bagnino rimasto senza lavoro a causa della pandemia. Durante un raro intervento pubblico, alla conferenza stampa all’ospedale Tel Hashomer, il prof. Shimon Shapira, il direttore dell’IIBR, ha parlato di “momento storico. Crediamo in questo vaccino. Sono dieci mesi che ci lavoriamo e per i parametri che abbiamo potuto verificare per ora è sicuro ed efficace. Non abbiamo preso nessuna scorciatoia, abbiamo avuto l’approvazione degli enti regolatori tedeschi e della Fda americana. Brilife è un vaccino eccellente, sicuro e a portata di mano che servirà la popolazione israeliana”. La sperimentazione umana durerà fino a giugno. La prima fase, iniziata oggi, durerà un mese, con 80 volontari sani tra i 18 e i 55 anni che inizieranno la somministrazione al termine delle 24 ore di osservazione sui due volontari iniziali. Nella seconda fase, la cerchia dei volontari verrà estesa a mille partecipanti fino agli 85 anni e con malattie pregresse.
Da gennaio è prevista la fase di sperimentazione di massa, con migliaia di partecipanti. “A seconda del livello di morbosità che avremo allora in Israele, dovremo considerare se effettuare parte dei test anche in Paesi con un maggiore tasso di contagio. L’obiettivo stabilito dalla Fda è verificare che il contagio tra i soggetti a cui è stato somministrato il vaccino vero sia del 50% inferiore rispetto ai soggetti cui è stato somministrato il placebo”, ci dice Karako. “Mentre continuiamo con la nostra ricerca, sono in contatto con Stati Uniti, Germania, India, Russia e Italia per garantire alla popolazione israeliana dosi dei vaccini in lavorazione” ha detto Netanyahu, spiegando di aver anche dato il via all'istituzione del primo centro di produzione di massa per vaccini, che probabilmente vedrà luce nella cittadina di Yeruham, nel deserto del Negev. In parallelo, l’IIBR conduce da quest’estate insieme all’ospedale Carreggi di Firenze e all’Ente Toscana Life Science, una ricerca congiunta per lo sviluppo e la clonazione di anticorpi che potrebbero fornire una cura al Coronavirus, basata sull’isolamento di otto anticorpi monoclonali individuati a giugno dall’istituto israeliano.
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