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Informazione Corretta Rassegna Stampa
25.10.2020 I futuri tre Si di Khartum
Commento di Deborah Fait

Testata: Informazione Corretta
Data: 25 ottobre 2020
Pagina: 1
Autore: Deborah Fait
Titolo: «I futuri tre Si di Khartum»
I futuri tre Si di Khartum
Commento di Deborah Fait

Se Donald Trump si chiamasse Tizio-Caio e fosse un democratico, se Netanyahu fosse un qualsiasi Sempronio della sinistra israeliana il premio Nobel sarebbe già pronto e confezionato. Trattandosi di Bibi e Donald questa possibilità non viene nemmeno presa in considerazione e la motivazione è semplice: i palestinesi, coccolati dall'Europa anche per la loro violenza verso Israele, protestano, minacciano, sono incazzatissimi, la pace non è roba che li riguardi, anzi li danneggia. Terrorismo e guerra significano tanti soldi da mettere nei conti all'estero dei loro boss mafiosi, l'odio, non la pace, permette loro di vivere adulati e protetti dal mondo intero. I due leader che stanno cambiando il volto e la realtà del Medio Oriente con tutto quello che segue, scambi commerciali di tutti i tipi, turismo ad alto livello e un salto di qualità, soprattutto democratico, delle popolazioni di quei paesi. Per il Sudan sarà molto di più, sarà tornare a vivere dopo la dittatura di Omar al-Bashir durata 30 anni che ha ridotto il paese alla miseria e alla fame. Trump ha fatto una mossa di enorme intelligenza, ha rimosso il Sudan dalla lista degli stati sponsor del terrorismo e, con la probabile prossima firma di normalizzazione con Israele, pioveranno sul paese africano tonnellate di dollari e di aiuti. L'agricoltura sudanese è a livelli medievali e, nonostante la terra sia fertile, non produce quasi niente quindi da Israele potranno arrivare aiuti importantissimi. Israele è al primo posto nella scienza dell'agricoltura, ha trasformato, come si usa dire, il deserto in giardino ed è pronta a rifornire il Sudan di ogni mezzo, dal trattore al metodo dell'irrigazione a goccia e a spruzzo che tutto il mondo ha ormai adottato, inoltre i tecnici e scienziati israeliani sono pronti a condividere il loro sapere con i sudanesi come stanno già facendo con altri paesi africani. Ricordo che nel lontano 1967, quando ero una ragazzina al kibbuz Mishmar Hasharon, era venuta in visita una delegazione del Togo per imparare ad usare il metodo di coltivazione israeliano.


Per anni sono stata in corrispondenza con un giovane della delegazione che non finiva più di scrivere cose meravigliose su quello che avevano imparato da noi. Il sud di Tel Aviv ospita da anni giovani sudanesi e intere famiglie, scappati dalla dittatura, che purtroppo rendono difficile la vita in quella zona della città quindi la mia speranza è che tornino a casa loro nel momento in cui il Sudan avrà bisogno di lavoratori, non sarà più ridotto alla fame e, soprattutto, avrà dato un calcio definitivo alla dittatura e al terrore che suscitava. Il Sudan è stato uno dei paesi più nemici di Israele e grande sostenitore dei palestinesi, nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, proprio da Khartum, uscì la risoluzione della Lega Araba: "No alla pace con Israele, NO al riconoscimento di Israele, NO ai negoziati con Israele". Ora quei tre NO, durati più di mezzo secolo, si stanno trasformando in tre meravigliosi Si. Tutto questo non sarebbe accaduto senza l'intervento di Donald Trump e il coraggio di Bibi Netanyahu, solo l'appoggio incondizionato degli USA e dell'attuale Presidente uniti alla capacità diplomatica del premier israeliano potevano raggiungere un simile risultato. Pur facendo molta attenzione a non tessere le lodi dei due leader che stanno cambiando radicalmente questa parte incendiaria del mondo, tutti i media ne parlano, persino Michele Giorgio del Manifesto ha dovuto ingoiare questo boccone amaro del successo di Israele in campo diplomatico. Sono notizie di tale importanza che non si possono tacere nemmeno odiando i due leader. L'adesione del Sudan agli "Accordi di Abramo" significherà un enorme salto di qualità della vita per i suoi abitanti e questo dovrebbe essere motivo di gioia e soddisfazione per il giornale del Papa, non di disinteressata sottovalutazione. La pace va costruita in questo modo, con la forza e la diplomazia, non baciando le scarpe dei dittatori.

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Deborah Fait 
"Gerusalemme, capitale di Israele, unica e indivisibile"




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