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Il Foglio Rassegna Stampa
24.10.2020 Chi era Samuel Paty
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 24 ottobre 2020
Pagina: 3
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Se questo è un prof»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 24/10/2020, a pag.III, con il titolo 'Se questo è un prof', l'analisi di Giulio Meotti.

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Giulio Meotti

Samuel Paty, il martire laico dell'islamismo. Meritava il Premio Sakharov Quindici anni fa c'era stato il caso Robert Redeker, un docente di Filosofia a Tolosa costretto a nascondersi per una fatwa simile Portava gli studenti in visita all'Istituto del mondo arabo a Parigi. Terminava così le email: "Che la forza sia con te" di Giulio Meotti Samuel Paty voleva approfittare delle vacanze di Ognissanti per trascorre un po' di tempo con Gabriel, il figlio di cinque anni di cui aveva l'affidamento congiunto dopo la separazione. Quel bambino che adesso il governo francese ha nominato "figlio della Nazione", alla stregua dei veterani e delle vittime di guerra, per sostenerlo nella crescita. Al Collège du Bois-d'Aulne, a Conflans Sainte-Honorine, dove era arrivato quattro anni fa, Samuel Paty non era solo un professore di geografia e storia. Organizzava gran parte delle attività extrascolastiche. "Un eroe tranquillo", ha detto di lui Emmanuel Macron rendendogli omaggio nella più prestigiosa università francese fondata nel XIII secolo da Robert de Sorbon, sotto le note della Marsigliese e di amici, colleghi e allievi di Paty che hanno letto i testi di Jean Jaurès e la poesia di Gauvain Sers in omaggio a Paty. All'inizio di ottobre, Paty aveva portato in classe Sami El Gueddari. I giovani lo adorano. Il campione di nuoto paralimpico ha un carisma incredibile. Per più di un'ora, l'atleta spiega ai ragazzi della scuola media che bisogna evitare pregiudizi. Samuel Paty sperava che i suoi studenti ne ricavassero qualcosa di edificante sul coraggio e le opportunità al di là del colore della pelle, della religione, dell'origine sociale... Paty ci credeva davvero al vivre ensemble, questo slogan tutto francese sulla convivenza che ormai suona tanto come una piccola soumission. Racconta Le Point che, un anno fa, Paty portò i suoi studenti all'Istituto del mondo arabo di Parigi. In programma per loro aveva un laboratorio di musica Venduto da alcuni studenti, attaccato dai genitori e lasciato solo dal rettorato. Ora ci si chiede perché non sia stato protetto Mise in scena il sacrificio delle suore di Georges Bernanos, che andarono alla ghigliottina intonando il Salve Regina antica. Antoine Guerber, uno dei musicisti dell'ensemble Diabolus, che fonde melodie orientali ed europee, ricorda Paty: "Voleva mostrare i legami tra la musica francese e la musica araba. Quel giorno abbiamo incontrato un uomo amichevole, sorridente, appassionato, impegnato in un sincero processo di apertura...". Al collège Jacques-Prévert, a Lorrez-le-Bocage-Préaux, un villaggio di un migliaio di abitanti, gli studenti ricordano un professore che "a differenza degli altri, non solo faceva lezione, cercava sempre di illustrare le parole con immagini o video, per coinvolgerci di più". Questa passione gli costerà la vita. C. Delandre, una sua ex allieva, lo ricorda così: "Era un uomo retto, non dispregiativo nei confronti delle religioni. Un insegnante rispettoso". Discreto, Paty sembrava vivere "in punta di piedi", quasi a non voler disturbare. Terminava le email con una frase: "Che la forza sia con te". Organizzava uscite con gli studenti "per dare vita alla storia" e corsi dedicati a temi come l'uguaglianza di genere o il pensiero critico. Aveva creato gruppi di aiuto agli studenti in difficoltà. C'era una studentessa spaventata da altri ragazzi a causa del suo orientamento sessuale e Paty la invitava a stare con lui in classe durante la ricreazione. La vocazione da "ussaro nero" della Repubblica ("la Francia sarà quella che l'avrà fatta il maestro elementare" diceva Emile Zola) in prima linea per imporre le idee repubblicane, Paty l'ha maturata a Lione all'inizio degli anni Novanta. Scriveva Charles Peguy, come Paty morto in combattimento, seppur di tipo diverso: "I nostri giovani maestri erano belli come ussari neri, svelti, severi, impettiti nelle loro uniformi. Seri, un po' trepidanti per la loro precoce, improvvisa onnipotenza. Credevano che il rapporto tra maestro e alunno costituisse una sorta di relazione sacra, molto affine al legame filiale e a quello paterno". A Meaux, dove Paty ha insegnato all'inizio della carriera, la folla si è radunata davanti al municipio. Dopo un minuto di silenzio, Valérie si è fatta strada per rendere omaggio al collega. "Gli ho chiesto perché aveva scelto questa strada. Sono rimasta molto sorpresa dalla sua risposta. Vedeva il suo lavoro come una missione. Si è presentato come un `ussaro nero della Repubblica'. Aveva studiato l'argomento. Mi parlò di un insegnante in famiglia, che considerava una specie di modello". Nato da genitori che ancora vivono a Moulins, figlio unico, amante di storia medievale con una passione per la poesia, Paty si era laureato brillantemente, al punto da essere ammesso nella prestigiosa scuola di preparazione all'insegnamento di lettere Édouard-Herriot. I valori dell'istruzione pubblica, della laicità, del crogiolo repubblicano. "Abbiamo riso insieme, abbiamo lavorato insieme" ha raccontato un compagno di stanza. "Un giorno ha detto: `Vorrei sapere tutto di tutto'. Questo la dice lunga sulla sua curiosità e sete di conoscenza". Paty aveva affisso una massima nella sua stanza: "Non vi abbiamo promesso la felicità, solo il lavoro, non chiediamo altro". Paty difendeva i valori della Repubblica nata dalla Rivoluzione francese ed è morto decapitato, come gli aristocratici e i religiosi durante il Terrore. Paty mise in scena "I dialoghi delle carmelitane" di Georges Bernanos, che racconta l'esecuzione di sedici suore durante la Rivoluzione, che vanno al patibolo intonando il Salve Regina e offrendo il collo ai giacobini. Paty si iscrive a Lyon-II, la migliore università di lettere, dedicando la sua tesi a un tema originale: "Il colore nero, connotazioni e simbolismo, dal XVIII secolo ai giorni nostri". Evitò Lyon-III, perché considerata all'epoca un baluardo di estrema destra: vi insegnava il negazionista Robert Faurisson e Bruno Gollnisch, il numero due del Front National,vi ha occupato fino al 2005 la cattedra di lingua e civiltà giapponese. Paty si era separato dalla compagna e aveva la custodia del figlio Gabriel ogni due settimane, così aveva deciso di seguirla negli Yvelines per stare loro vicino. Al bar-tabacchi Grillon lo ricordano così: "Veniva sempre, con la moglie e il figlio. Poi da solo con il figlio. Cioccolata per il piccolo. Timido, ma Samuel salutava tutti. A volte correggeva i compiti al tavolo. Gabriel qui era come una piccola mascotte". Quel bambino che era "il suo grande orgoglio" e quella moglie di cui parlava "in continuazione" ai suoi allievi. Adorava il tennis e il badminton, Paty, era di casa al club sportivo di Montérelais. "A scuola dobbiamo responsabilizzare gli insegnanti in prima linea. Dobbiamo smetterla di lasciarli in mano a organizzazioni determinate ed equipaggiate per attaccare la Repubblica". Questo avvertimento di Jean-Pierre Obin, ex ispettore generale dell'Istruzione francese, non è stato diffuso nel turbine mediatico successivo al 16 ottobre, il giorno della decapitazione di Paty. Obin ha scandito queste parole all'Assemblea Nazionale. Il professore non sapeva di essere stato già condannato a morte da Abdulakh Anzorov per aver "insultato il Profeta". La scuola francese che tanto amava era diventata un campo minato. Bernard Ravet, preside di tre scuole pubbliche a Marsiglia, ha scritto il libro "Principal de collège ou imam de la République?", preside di liceo o imam della Repubblica. "Il fanatismo bussa alla porta degli istituti e impone i suoi simboli e le sue leggi nello spazio scolastico, durante la ricreazione, in mensa, in piscina" scrive Ravet, che racconta di insegnanti impossibilitati a parlare di "certi argomenti" (Charlie Hebdo, crociate, Shoah, islam) e di docenti insultate perché indossano la gonna o che si sentono ripetere dagli studenti che quella francese "è la lingua dei miscredenti". Il5 ottobre, durante un corso di educazione civica e morale, il destino di Paty è segnato. Quella mattina, come ogni anno davanti agli studenti del quarto anno, rievoca le caricature di Charlie Hebdo. Quindi sceglie di mostrarle, suggerendo agli studenti musulmani che la visione del Profeta potrebbe essere offensiva per loro e se lo reputano di uscire. Di fronte alla violenza degli attacchi che partono subito, Paty si spaventa. Sceglie di cambiare il percorso che fa a piedi ogni giorno tra casa e l'università. Da giorni, Paty girava a testa bassa a scuola, distrutto nella reputazione di "razzista" e "islamofobo". Nelle ultime due settimane non dava più da mangiare al cavallo del vicino, come faceva regolarmente con il figlio. Aveva paura. Era andato dalla polizia. "Non ho commesso alcun reato nello svolgimento delle mie mansioni". Sono le parole che Paty ha depositato al commissariato quattro giorni prima di essere macellato. E' il suo testamento. Il 16 ottobre, Paty è decapitato in un agguato fuori dalla scuola. Era appena uscito da un'ora in classe su disuguaglianza e povertà. La foto della sua testa mozzata, pubblicata dal terrorista sui social, sommerge i gruppi Snapchat del collège. E' stato tradito, da alcuni di quegli allievi, genitori e forse dalla scuola cui aveva dedicato tutto. Anzarov ha chiesto ad alcuni studenti di indicargli chi fosse in cambio di denaro. "Qual è Samuel Paty? Ti pago se me lo dici". Offre loro trecento euro. Anzarov spiega loro che vuole "filmarlo, costringerlo a chiedere perdono per la caricatura del Profeta, umiliarlo e picchiarlo". Ma Paty era anche stato esposto al pubblico ludibrio da alcuni genitori che volevano fargli la pelle, che avevano mandato alla scuola email vigliacche denunciando la sua "islamofobia" e che avevano invitato a manifestare contro di lui. E' stato perseguitato, Paty, da imam come Abdelhakim Sefrioui che erano andati a protestare in video di fronte alla scuola. Video che erano stati mostrati anche alla Grande Moschea di Pantin (64.000 utenti), adesso chiusa dal ministero dell'Interno. Il video si intitolava "L'Islam e il Profeta insultati in una scuola pubblica". Paty si era "scusato" con la classe. Frédéric Seitz, presidente del Snalc, un sindacato della scuola secondaria dell'Accademia di Versailles, conferma al settimanale Marianne: "In concreto, ha dovuto scusarsi. Lo ha indicato il responsabile della struttura in una lettera ai genitori". Una fonte vicina al ministero dell'Istruzione dice a Marianne che "l'insegnante è stato abbandonato dal rettorato". Questo resta da appurare. "Il sopralluogo ha messo in discussione i metodi del professore", dice la fonte. A Conflans, genitori raccontano che il collège li aveva informato che il corso in questione sarebbe stato ripetuto all'inizio dell'anno, "ma senza le vignette". La scuola aveva capitolato? "Paty non era protetto dalla sua gerarchia", ha detto Christian Jacob. Nel 2015, il rettore dell'Accademia di Strasburgo, Jean-Jacques Gougeon, aveva sospeso un professore per aver mostrato le caricature di Maometto in classe all'indomani della strage. Poi c'è l'altra questione. "Perché Paty non è stato oggetto di protezione della polizia, viste le minacce a cui è stato sottoposto?", si domanda il Figaro. "Paty non era protetto", denuncia anche il sindaco della sua città Conflans Sainte-Honorine, Laurent Brosse. Non era facile, visto il lavoro immenso che l'antiterrorismo sta facendo (ci sono ottanta agenti solo a protezione di Charlie Hebdo). Ma le minacce duravano già da una settimana in una Francia ad altissimo tasso di islamizzazione. Paty aveva tenuto quella lezione durante il processo sulla strage a Charlie Hebdo, dopo l'accoltellamento di fronte alla vecchia redazione del settimanale satirico, dopo che alcuni suoi giornalisti sono stati "esfiltrati" da casa per ragioni di sicurezza, dopo che al Qaida era tornata a minacciare di morte i "blasfemi" e sapendo quello che era già successo. Quindici anni fa, un professore di Tolosa, Robert Redeker, era dovuto scomparire, letteralmente, per aver scritto un articolo critico sull'islam e le vignette. "I colleghi parlano dite come di un morto", gli dicono all'istituto Pierre Paul Riquet di Saint-Orens de Gameville, dove Redeker insegnava prima della fatwa. Gli fecero terra bruciata attorno. I sindacati di insegnanti annunciarono di "non condividere le idee di Redeker", mentre il ministro dell'Istruzione Gilles de Robien invitò Redeker alla "prudenza". Il professore fu messo in congedo anche dalla facoltà di Scienze sociali che ne annullò il ciclo di conferenze. Redeker finirà, come il protagonista di un romanzo di Bohumil Hrabal, a correggere bozze al Centre national de la recherche scientifique, prima di dedicarsi alla scrittura. Tutto per aver posto una domanda: "Di fronte alle intimidazioni islamiste, cosa dovrebbe fare il mondo libero?". Jan Palach della scuola francese, Paty si è immolato per un ideale pericoloso. La libertà di coscienza, di espressione, di pensiero, di insegnamento e di spirito critico in tempi di autocensure, viltà e ammucchiate ideologiche (Paty meritava, postumo, il Premio Sakharov 2020, assegnato giovedì scorso). La sensazione, per tanti, è che con Paty sia stato ucciso un pezzo di Francia. Come nella copertina di Marianne di questa settimana, la testa che rotola: "Quando ci svegliamo?". Poi una foto del professore con la moglie e il figlio appena nato. Sorride, Samuel Paty, fissando il vuoto. Aveva il coraggio dei giusti.

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