Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/10/2020, a pag.17, con il titolo 'A Parigi atto d'odio. Ma l'onda jihadista è ormai in ritirata' l'intervista di Giordano Stabile.
Lo scrittore libanese Maaluf manipola la verità, che indica una continua ascesa del terrorismo islamico in Europa. Ma per Maaluf - fedelmente riportato da Stabile, che si guarda bene dal fare domande scomode - è vero l'opposto e il terrorismo sarebbe in ritirata. Una menzogna ripetuta mille volte viene accettata come una verità: lo diceva Goebbels, il propagandista di Hitler. Oggi ad applicare questa massima sono quelli come Maaluf.
Ecco l'intervista:
Giordano Stabile
Amin Maalouf
L’odio nasce «dall'ignoranza» ma l'onda jihadista «è in ritirata». Da Parigi, a pochi chilometri dal sobborgo di Conflans-Sainte-Honorine dove è stato decapitato Samuel Paty, Amin Maalouf segue con «incredulità e sgomento» l'ultimo atto nella lunga guerra contro la tolleranza e la convivenza. Un nuovo episodio nel «Naufragio delle civiltà» (la Nave di Teseo) che ha descritto nel suo ultimo libro. Per lo scrittore libanese, accademico di Francia, che 44 anni fa è fuggito da Beirut su un'imbarcazione di fortuna per trovare la sua seconda patria a Parigi, è un segnale preoccupante che però non deve spingere al pessimismo. L'ideologia che sta dietro quel delitto orribile, l'onda conservatrice, è «in difficoltà, prima di tutto nel mondo musulmano».
Lei ha vissuto l'orrore della guerra settaria in Libano. È un incubo che la insegue? «Di fronte all'ennesimo assassinio di questo tipo c'è disgusto, orrore, e anche stanchezza Questi attacchi si ripetono, affiora il sentimento che non ci sia nulla da fare. Mi tornano in mente le immagini di padre Jacques Hamel, sgozzato nella sua chiesa di Saint Etienne-du-Rouvray 4 anni fa. Non dobbiamo però fard dominare da un sentimento di impotenza. Questi sono atti condotti da individui deboli, manipolabili, che non sanno nulla delle altre culture, in nome di una visione del mondo che è in crisi. Quattro anni fa Ibis sembrava invincibile. Oggi le idee estremiste, irrazionali, nel mondo musulmano hanno sempre meno presa sulla popolazione».
Che cosa è cambiato nel frattempo? «È presto per fare previsioni ma ci sono segnali che indicano come la lunga onda del conservatorismo, iniziato nell'anno cruciale del 1979, cominci a refluire. O per lo meno sia in stallo. Vale sia perii fronte sunnita che per quello sciita. Il primo è ornai diviso in due blocchi. Semplifico: da una parte i Fratelli musulmani e i loro principali sponsor, Turchia e Qatar, dall'altra una coalizione eterogenea unita solo dalla necessità di opporsi al primo schieramento. In tutto ciò la forza propulsiva che spingeva, anche in Europa, la visione iper-conservatrice dell’islam, ha perso slancio. È un'onda che fra i sunniti è cominciata in Arabia Saudita dopo l'assalto alla moschea della Mecca del novembre del 1979. Nello stesso anno, a Teheran, vinceva la `rivoluzione conservatrice sciita" di Khomeini. Oggi anche l’Iran è indebolito».
Lei ha descritto la vita, quasi mitica, in Libano e in Egitto, negli Anni 50 e 60, dove le diverse religioni e culture convivevano senza problemi.
Che cosa ci può insegnare il naufragio di quel mondo? «Quel mondo è finito per sempre. Ho conosciuto una qualità culturale che è difficilmente ripetibile. Le faccio un esempio: la parte libanese della mia famiglia, dal lato di mio padre, è stata influenzata dai missionari presbiteriani arrivati nella seconda metà dell'Ottocento. Era persone eccezionali nella volontà di conoscere una cultura diversa dalla loro. Oggi questo sforzo non esiste più».
Di chi è la colpa? «Mi verrebbe da dire, del mio Libano. Poteva essere il Paese capace di trascinare verso l'alto il mondo arabo e tutto il Medio Oriente. Invece è stato trascinato verso il basso».
In Libano, a un anno dalla rivoluzione del 17 ottobre, la restaurazione avanza e i giovani fuggono dalla miseria. La fa soffrire? «La classe politica si è mostrata più scaltra dei cittadini che volevano spazzarla via. I rapporti di forza non sono stati rovesciati e ora non è possibile sperare in un cambiamento».
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