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Informazione Corretta Rassegna Stampa
21.10.2020 Non più uniti contro Israele: il Nuovo Mondo Arabo
Analisi di Mordechai Kedar

Testata: Informazione Corretta
Data: 21 ottobre 2020
Pagina: 1
Autore: Mordechai Kedar
Titolo: «Non più uniti contro Israele: il Nuovo Mondo Arabo»
Non più uniti contro Israele: il Nuovo Mondo Arabo
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione di Yehudit Weisz)

Israel and Arab countries both gain from better ties - The Sunday Guardian  Live

Per molti anni è stata comunemente riconosciuta l’esistenza di un “Mondo arabo”. Quel mondo aveva un'istituzione unificante nella Lega araba, un organismo direzionale nel Vertice Arabo e un'agenda più o meno unitaria incentrata sul desiderio di vedere scomparire Israele e uno Stato palestinese che ne prendesse il posto. Quest'ultimo elemento ora appartiene al passato. Da diversi anni, il cosiddetto “Mondo arabo” ha cessato di essere quello di una volta. Quello che esiste oggi sono due coalizioni ostili che si combattono tra loro con grande tenacia e nessuna sensibilità per le perdite subite da entrambe le parti. Una di queste coalizioni comprende Iran, Iraq, Siria, Libano, Yemen, Qatar e Gaza ed è sostenuta dall'esterno da Turchia, Russia e Cina. Contro di essa si pone una coalizione avversaria costituita da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Egitto, Giordania, Marocco, Sudan e Israele, sostenuta dall'esterno dagli Stati Uniti. I restanti Stati arabi si situano tra le due coalizioni. Israele si è aggiunto alla coalizione dell'Arabia Saudita perché - e solo perché - ha dimostrato negli ultimi anni di essere l'unico Paese al mondo in grado di infliggere, ripetutamente e con una frequenza media di una volta alla settimana, duri colpi alle forze iraniane o ad una milizia filo-iraniana in Siria. La coalizione saudita ha notato con interesse che, ad eccezione di un singolo caso, Teheran sembra aver paura di rispondere a Israele. Israele sta quindi realmente scoraggiando l'Iran. Per fare un confronto, ricordiamo che nel settembre del 2019 l'Iran aveva attaccato gli impianti petroliferi sauditi e paralizzato una parte considerevole dell'industria petrolifera del regno. Abbiamo sentito parlare di una reazione saudita? Del resto, abbiamo sentito parlare di una risposta da parte di un qualsiasi Paese agli attacchi dell'Iran alle petroliere nel Golfo Persico o nel Mar Rosso? Riyadh sarebbe in grado di dissuadere Teheran ora che l'esercito saudita ha fallito nel suo tentativo di distruggere gli Houthi nello Yemen? Nella situazione attuale, con l'Iran che tratta i Paesi arabi come stracci vecchi, Israele - che in passato era considerato "il problema" - è diventato parte della soluzione. Si scopre che per alcuni Paesi, ci sono cose più importanti di una risoluzione del “problema palestinese”.

Why are Arab countries making peace with Israel? – ICRP

Ciò significa che i più grandi perdenti della profonda divisione nel Mondo arabo sono i palestinesi, e con loro tutti quelli che credevano che Israele sarebbe stato percepito come il nemico per antonomasia degli arabi, fino a quando il problema non fosse stato risolto con soddisfazione dei palestinesi. Ora che il “Mondo arabo”, così come era strutturato in passato, ha cessato di esistere, il “problema Israele” è diventato un ricordo del passato. Sono diverse le ragioni per cui la questione palestinese è stata emarginata. La prima è l'escalation del problema iraniano fino a diventare una minaccia esistenziale, mentre il problema israelo-palestinese non è una minaccia esistenziale per nessuno. La seconda è il comportamento palestinese nel corso del tempo, e in particolare in anni recenti. Le persone che vivono in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti si ricordano molto bene che Yasser Arafat aveva sostenuto Saddam Hussein quando quest'ultimo aveva occupato il Kuwait nel 1990. I sauditi sono anche arrabbiati perché i palestinesi hanno violato l'accordo della Mecca del febbraio 2007, che avrebbe dovuto porre fine alla spaccatura tra Fatah e Hamas. (Hamas è un ramo dei Fratelli Musulmani, la nemesi dei sauditi). Sono anche irritati dal fatto che i palestinesi siano disposti ad accettare aiuti dall'Iran. Nel frattempo, sono in atto profondi processi. La generazione araba più giovane non ha vissuto sulla propria pelle la “ nakba palestinese”, che non fa parte della sua memoria storica. La “Primavera araba”, che ha provocato il collasso dei regimi e delle economie e l'ascesa dello Stato Islamico, ha gettato milioni di arabi in profonda angoscia e in una migrazione di massa per una vita di rifugiati, poveri e sofferenti lontano da casa. L’opinione dei palestinesi che quegli arabi dovrebbero lottare per la "liberazione della Palestina", non è in cima alle loro preoccupazioni. Quanto al comportamento palestinese, ecco un caso interessante.

Uno dei critici più duri nei confronti di Israele è Jamal Rayyan, la mente che sta dietro Al-Jazeera e il suo principale presentatore. È nato a Tulkarem, si è trasferito in Giordania ed è diventato un attivista di spicco nella Fratellanza Musulmana. Di recente è stato rivelato che il padre di Jamal Rayyan era stato un commerciante di terreni che, prima della fondazione di Israele, aveva venduto considerevoli appezzamenti di terra agli ebrei. Quale arabo sarebbe così “fesso” da combattere contro Israele in nome di Jamal Rayyan per liberare le terre che suo padre aveva venduto agli ebrei, una transazione che non ha certamente danneggiato il figlio dal punto di vista finanziario? Un altro fattore che lavora contro la filosofia palestinese è l'enorme aumento nell'uso dei social media. Oggi, qualsiasi arabo può vedere la verità su Israele senza bisogno di fare affidamento esclusivamente sui canali di propaganda del suo governo, per ottenere informazioni. La traduzione automatica gli permette di “leggere” siti web in ebraico, anche se non capisce una parola di ebraico. Questo rende molto più difficile per i palestinesi continuare a vendere "il problema" come una volta. In effetti, molti arabi oggi scrivono intenzionalmente con errori ortografici "il problema" per esprimere tutto il loro disprezzo. Il Mondo arabo del 2020 differisce da quello del 2000 in molti modi. Non è l’illusorio "nuovo Medio Oriente" immaginato da Shimon Peres, ma il suo completo opposto: una regione che è violenta, frammentata, piena di Stati falliti e afflitta da uccisioni di massa. Ma questi sfortunati sviluppi lavorano a favore di Israele. È vero, tra gli arabi c'è ancora un odio non piccolo per gli ebrei e per lo Stato ebraico che deve essere riconosciuto e che viene conteso, e ci sono ancora centinaia di migliaia di razzi che circondano e minacciano Israele. Tuttavia, la tendenza è chiara. La pace e la normalizzazione tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein rappresentano il crollo delle vecchie teorie, permettendo allo Stato ebraico di essere accettato come un membro, non come un nemico, nella giusta coalizione.


Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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