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La Repubblica Rassegna Stampa
21.10.2020 Israele-Sudan verso la normalizzazione?
Commento di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 21 ottobre 2020
Pagina: 1
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «Israele-Sudan verso la normalizzazione?»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA online con il titolo "Israele-Sudan verso la normalizzazione?", l'analisi di Sharon Nizza.

Immagine correlata
Sharon Nizza

Israel–Sudan relations - Wikipedia

La corsa contro il tempo verso le elezioni presidenziali americane ha portato oggi a due nuovi eventi significativi per le sorti del Medioriente: Trump ha dichiarato che rimuoverà il Sudan dalla lista degli Stati sponsor del terrorismo, mentre in mattinata è atterrata in Israele la prima delegazione ministeriale degli Emirati Arabi Uniti. Si tratta di due tasselli dello stesso puzzle su cui l’amministrazione Trump sta investendo ingenti sforzi, anche nella speranza che i risultati in politica estera possano portare frutti nella corsa presidenziale. Se il Sudan avvierà lo stesso percorso di normalizzazione dei rapporti con Israele seguito di recente da Emirati Arabi Uniti e Bahrein, si tratterà di un momento altamente simbolico, considerato che proprio a Khartoum la Lega Araba nel giugno 1967 pronunciò i famosi “Tre No”: no alla pace con Israele, no al riconoscimento di Israele, no a negoziati.

Why is Israel forging secret ties with Sudan - موقع الدكتور عدنان ابو عامر
Le bandiere di Sudan e Israele

Gli Stati Uniti e il Sudan conducono trattative sull’eliminazione di Khartum dalla lista dei Paesi sponsor del terrorismo già dal 2018, mentre sull’altro piatto della bilancia pesa la questione degli indennizzi economici richiesti al Sudan per il coinvolgimento in attentati terroristici in cui vi sono state vittime americane, tra cui quelli alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania nel 1998. Durante l’ultimo anno - in particolare dopo la rivelazione a gennaio del Piano di Trump per il conflitto israelo-palestinese - quando stava per diventare chiaro che alcuni Stati arabi avrebbero annunciato la volontà di istituire relazioni diplomatiche con Israele, il riconoscimento di Israele anche da parte del Sudan è diventata una variabile nelle trattative Washington-Khartum. A febbraio Benjamin Netanyahu aveva tenuto in Uganda un incontro – con grande risalto mediatico – con il Generale Abdel Fattah al-Burhan, Presidente del Consiglio Militare di Transizione e de facto capo di Stato del Sudan. Da allora, le trattative sono state incentrate sull’ammontare dei risarcimenti da parte del Sudan, ma anche su aiuti economici ingenti che il Sudan ha chiesto come conditio per inserire il dossier Israele. La dichiarazione di stanotte di Trump - rilasciata come sempre a un tweet - non menziona Israele e indica che il compromesso raggiunto sia quello a cui i sudanesi ambivano: in primis l’eliminazione dalla lista dei Paesi sponsor e definizione del relativo risarcimento, fissato a 355 milioni di dollari che verranno ora depositati in un fondo in attesa che il Congresso passi una legge che renda immune il Sudan da ulteriori cause per attentati passati. Solo successivamente, apertura a Israele. Il quotidiano Sudan Tribune riporta oggi che a breve vi sarà una telefonata multilaterale tra i leader sudanesi, Trump e Netanyahu. È esattamente lo stesso modello cui abbiamo assistito anche il 13 agosto e l’11 settembre, ovvero quando Trump ha annunciato l’avvio del processo di normalizzazione dei rapporti con Israele da parte, rispettivamente, degli Emirati Arabi Uniti e del Bahrein, che poi sono culminati nella firma degli Accordi di Abramo alla Casa Bianca il 15 settembre. Il primo ministro sudanese, Abdalla Hamdok, ha espresso su twitter gratitudine verso il presidente americano “per la sua volontà di cancellare il Sudan dalla lista dei Paesi sponsor del terrorismo, una designazione che ci ha causato danni ingenti”.

In aggiunta, riporta il Sudan Tribune, Khartoum ha ottenuto dagli USA un pacchetto di aiuti umanitari per far fronte all’emergenza Covid e 750 milioni di dollari in aiuti economici in contanti da parte di Stati del Golfo. Quanto alla prima delegazione ufficiale emiratina atterrata questa mattina in Israele per una visita lampo, è guidata dal ministro delle Finanze Obaid Humaid Al Tayer e vede la presenza anche del segretario americano al Tesoro, Steven Mnuchin. In una cerimonia ufficiale all’Aeroporto Ben Gurion, il premier Netanyahu ha annunciato che le parti firmeranno quattro accordi di natura economica e amministrativa: promozione e protezione degli investimenti finanziari bilaterali e accordi in materia di doppia tassazione; aviazione civile (sono previsti 28 voli di linea settimanali tra Israele ed Emirati, oltre a 10 voli per la tratta verso l’aeroporto Ramon nei pressi di Eilat); promozione della partnership in tecnologia e innovazione; esenzione reciproca dai visti per i cittadini. Quest’ultimo punto è particolarmente significativo in quanto a oggi gli Emirati concedono esenzione dal visto solo agli altri Paesi del Gcc (il Consiglio di cooperazione degli Stati del Golfo). Durante la cerimonia è stato annunciata anche l’istituzione del “Fondo di Abramo” con sede a Gerusalemme: con un investimento iniziale trilaterale (Usa, Eau e Israele) di 3 miliardi di dollari, si pone l’obiettivo di “promuovere la prosperità per cristiani, ebrei, musulmani nella regione”, come ha detto Adam Boehler, il Direttore del Fondo finanziario per lo sviluppo internazionale degli USA. Secondo Boehler, il fondo ha già avviato due progetti: il Med-Red, ovvero l’utilizzo del condotto Eilat-Ashkelon per ridurre la tratta di trasporto di energia tra Medioriente ed Europa; e un progetto di modernizzazione di tutti i check point palestinesi di passaggio in Israele e in Giordania.

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