domenica 24 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
21.10.2020 'No alla pace codarda'
Commento di Giulio Meotti, che intervista Fatiha Agag-Boudjahlat

Testata: Il Foglio
Data: 21 ottobre 2020
Pagina: 3
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «'No alla pace codarda'»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 21/10/2020, a pag.1, con il titolo 'No alla pace codarda', l'analisi di Giulio Meotti.

A destra: Fatiha Agag-Boudjahlat

Immagine correlata
Giulio Meotti

Fondatrice del movimento Viv(r)e la République, Fatiha Agag-Boudjahlat ha scritto il libro "Combattre le voilement" (Editions du Cerf, prefazione di Elisabeth Badinter). Il Figaro l'ha appena inserita in uno speciale sulle sei donne di origini mediorientali, giornaliste e scrittrici, che in Francia combattono l'islamismo. "Samuel Paty è l'ultimo episodio di una lunga serie", dice Fatiha al Foglio. "In Francia, un anziano prete è stato massacrato in chiesa durante la messa. Un dirigente d'azienda è stato decapitato. I media preferiscono parlare di `attacchi col coltello', piuttosto che usare il termine `sgozzato'. Un paio di poliziotti sono stati assassinati davanti ai figli. E ora un insegnante è pugnalato a morte e decapitato. E' la decapitazione che sconvolge. Ci vuole un atto barbaro di un altro tempo per risvegliare le coscienze assopite per la pace, per la viltà". Fatiha Boudjahlat conosce bene i "territori perduti della Repubblica", come si chiamano in Francia i quartieri della disintegrazione. "Ci sono territori ghettizzati, senza mix sociale, etnico o religioso. Quando ci sono studenti musulmani al 99 per cento, si, possiamo dire che c'è separatismo". E' quello che vuole combattere Emmanuel Macron. "Inizia con un'ossessione per il paese di origine", prosegue Boudjahlat. "I bambini originari dell'Algeria o del Marocco, ma nati in Francia da genitori a loro volta nati in Francia si definiscono ancora algerini, marocchini. E' necessario estorcere loro, come fosse una concessione, il fatto che sono anche francesi. La Francia non è un semplice erogatore di servizi. Invece ricreiamo artificialmente gli stranieri. Per la vita. La Repubblica e i suoi servizi scompaiono. I funzionari eletti spargono intanto denaro sulle associazioni di comunità che forniscono servizi di utilità generale, come l'aiuto per i compiti. Sono pessimista, ma rimango combattiva". La Repubblica francese è in pericolo. "Come istituzione e come forma politica, si. Il nostro modello di stato-nazione non si difende dal soft power islamico. La Repubblica è fatta di valori incarnati in simboli, come la bandiera, la moneta, l'inno. Ci asteniamo dal fare amare la Francia e i suoi simboli. Come possiamo sperare che questi bambini mettano radici e si sentano cittadini coinvolti e che compiano i propri doveri senza reclamare soltanto diritti? Il multiculturalismo prevale ovunque". Fatiha combatte il nuovo antirazzismo. "L'antirazzismo dovrebbe essere emancipatore, universalista. Questo nuovo antirazzismo alla moda afferma di essere inclusivo, ma in realtà blocca le persone nella loro comunità di nascita. Parla di purezza, di autenticità. Devi essere un buon arabo. E il buon arabo è un musulmano. E il buon musulmano è un musulmano ortodosso. Questo falso antirazzismo, con questo nebuloso concetto di intersezionalità', stabilisce diversi standard di dignità e libertà. Ai bianchi tale dignità, agli arabi un'altra, basata sulla religione. E questo antirazzismo è adornato con gli stracci del femminismo, poiché mette i diritti degli uomini non bianchi davanti a quelli delle donne non bianche. Uno dei cantori delle Indigènes de la République, che lavora all'Institut du Monde Arabe, Houria Bouteldja, ha scritto: `Apparteniamo alla nostra comunità e le assicuriamo la nostra lealtà', che la porta a scrivere, lei e un altro `pensatore' adorato dai sociologi francesi, Sadri Khiari: `Dobbiamo combattere la nostra integrazione". Gli islamisti stanno vincendo in Francia, continua Boudjahlat. "Si. Ne sono convinta. Hanno imposto il loro tema, il loro ritmo. Lo stato, spaventato, cerca interlocutori e consegna tutti i musulmani a estremisti autoproclamatisi leader. Non appena si verifica un attacco, un minuto viene dedicato alla vittima e delle ore agli islamisti e alla loro invenzione dell"islamofobia'. Trecento morti in Francia, ma è l’"islamofobia' a mobilitare i media". Gli islamisti stanno usando il senso di colpa postcoloniale per imporre la loro agenda. "Ovviamente. Vivono in occidente, denigrandolo. Così come fanno la sinistra e la destra, che l'accusano perché glorificherebbe l'individualismo e distruggerebbe solidarietà e trascendenze. Un professore universitario in Inghilterra, Parekh Bhikhu, fa un elenco: `Individuo isolato, autoaffermazione aggressiva, ragione scientifica, mancanza di rispetto per la religione e parità di genere'. L'occidente è ridotto a questo. I diritti umani sarebbero una sua creazione, come la democrazia. Anche l'universalismo, cioè l'idea che i diritti e la dignità non appartengano a un colore della pelle. L'occidente è attaccato sul colonialismo: la tratta degli schiavi nell'Atlantico è di undici milioni di neri deportati, quella degli schiavi guidata dagli arabi è di quattordici milioni. Gli uomini di colore venivano castrati. Il senso di colpa è un motore politico efficace. Ma non corrisponde alla complessità della storia". Le basi culturali della società collassano sotto un relativismo suicida. "Un relativismo pieno di condiscendenza che pretende di essere generoso. Pensaci: nel 1989 i ricercatori di sinistra hanno chiesto la depenalizzazione della circoncisione femminile in Francia. L'antropologa Martine Lefeuvre ha scritto in quell'appello che `l'opposizione all'escissione, anche sul suolo francese, rientrerebbe in una visione fondamentalmente etnocentrica che opera nel disprezzo delle culture africane'. Due settimane fa, il quotidiano Libération ha pubblicato un articolo di medici che difendevano... i certificati di verginità! Sempre in nome della tutela delle donne. Il patriarcato bianco è combattuto. Il patriarcato arabo-musulmano beneficia della protezione. Assa Traoré ha potuto raccontare su diversi media come la poligamia del padre fosse stata `una grande esperienza'. Non avrei mai pensato di vedere difendere queste pratiche arcaiche in Francia. Come ha scritto Philippe-Joseph Salazar in 'Words are weapons', `la nostra passione sociale per il rispetto degli altri ci rende infantili nell'esprimere giudizi'. Possiamo e dobbiamo giudicare e vietare pratiche culturali incompatibili con i nostri valori. Valori che non sono legati al nostro colore, non sono innati, ma che sono il frutto di dibattiti, conquiste, una storia". L'odio di sé prolifera fra i più nel ceto intellettuale. "E' una vigliaccheria che mascherano da generosità. Sono élite che hanno mantenuto privilegi di classe mentre mostrano il conforto morale di essere al fianco dei `deboli'. Deboli che non conoscono, che non frequentano. E' solo disprezzo e condiscendenza. Un borghese come il sociologo Geoffroy de Lagasnerie ha appena chiesto la censura per le idee di destra, lui che vive nei migliori quartieri e lavora per lo stato. Non corrono rischi. Sono arrivata a credere che questi borghesi penitenti cerchino di eliminare la concorrenza scolastica dei figli degli immigrati, incoraggiandoli a concentrarsi sul folklore o sulla religione, piuttosto che sulle abilità che consentono il successo sociale. Difendono una cultura rigida e arcaica per i non bianchi, ma deridono il principio stesso di una cultura europea o occidentale. Sono nata in Francia. Se volessi vivere nel Maghreb, andrei nel Maghreb. Se volessi vivere in Russia, andrei in Russia. Vivo in Francia, combattendo lotte politiche per la dignità". Nel suo libro, Fatiha ha criticato il velo come strumento dell'islam politico. "Najma Kousri, un'attivista intersezionale tunisina, ha detto che ci sono tanti femminismi quante erano le donne", continua Boudjahlat al Foglio. "Un utero è un organo che non garantisce nulla in termini di consapevolezza politica. Il femminismo è politico, ecco perché un uomo può essere femminista e una donna no. Ci sono tanti femminismi quante sono le femministe. Ci sono femministe bianche, che nascondono i loro privilegi di classe, mentre pretendono di difendere l'inclusione. Devi vedere il loro reddito! Come i Glorieuses creati da Rebecca Amsellem. E ci sono femministe che osano difendere il femminismo islamico. `Le donne sono libere, purché si attengano agli standard patriarcali di verginità, modestia, discrezione'. Il guinzaglio è lungo, ma è comunque un guinzaglio. Fanno credere alle persone che l'islam che difendono sia rispettoso delle donne, degli omosessuali. Questo è sbagliato, è lo stato di diritto europeo che obbliga l'islam a rispettarlo". Teme per l'Europa occidentale. "Il futuro è tetro. Nei paesi di tradizione anglosassone, il separatismo è compiuto. I tribunali coranici esistono già in Inghilterra, l'alto funzionario Louise Casey aveva fornito al primo ministro David Cameron un rapporto allarmante. Ha notato che i quartieri di quattro città, Blackburn, Birmingham, Burnley e Bradford, avevano tra il 70 e 1'85 per cento della popolazione musulmana. In una città dell'Inghilterra settentrionale tutti i consiglieri comunali dell'Asia meridionale, tranne uno, erano andati a cercare una sposa nel loro paese d'origine, il Pakistan. La Danimarca è stata recentemente scioccata da un decreto di divorzio emesso ai sensi della sharia, quindi sfavorevole alle donne. Alcuni direbbero che nulla obbliga queste donne a rivolgersi alla giustizia comunitaria. Ma negli spazi ghettizzati, preferire la giustizia civile significa bandirsi dalla propria comunità. In Germania, afgani e siriani traggono vantaggio dalle circostanze culturali attenuanti dopo stupri e omicidi. Perché non avrebbero capito gli standard europei. E' scandaloso. Torniamo a una giustizia medievale, basata sull'appartenenza a una comunità e non sul diritto territoriale. Non ho affatto paura di una guerra civile. Credo piuttosto che ci sarà una pace codarda, consentita dal multiculturalismo. Un giornalista di estrema destra ha scritto che alcuni territori sono stati persi in modo permanente, che i musulmani dovrebbero essere autorizzati ad applicarvi la sharia e gestirsi da soli. A ogni comunità le proprie regole". Fatiha è stata aggredita nel metrò di Parigi, ma il fatto di non avere figli è un vantaggio coi rischi che si assume. "Antepongo la felicità dei miei studenti a ogni altra cosa e questo passa attraverso "Gli islamisti stanno usando il senso di colpa postcoloniale per imporre la loro agenda" (foto Ansa) il radicamento, la libertà, l'equilibrio. Sono insultata come `cameriera araba', `collaborazionista', `domestica nera', `harkiette', e sono minacciata. Sono sempre più esclusa dalla mia famiglia e questo è doloroso. Finché i musulmani saranno più veloci nell'escludere i musulmani laici rispetto agli estremisti, non andremo avanti. E ti dirò che, anche senza questi atroci omicidi, gli islamisti hanno già vinto". Nel 1965 il filosofo e combattente della Resistenza Julien Freund ebbe un dialogo con il filosofo socialista Jean Hyppolite. "Sulla questione della categoria amico-nemico, se hai davvero ragione, non mi resta che andare a coltivare il mio giardino", gli disse Hyppolite. Freund, che rifiutava la rispettabilità ideologica, gli rispose che la guerra era un fatto insormontabile e che accettarlo non significava desiderarlo: "Pensi di essere quello che designa il nemico, come tutti i pacifisti. `Finché non vogliamo nemici, non li avremo', pensi. Ma è il nemico che ti designa. E se vuole che tu sia suo nemico, puoi fargli le migliori proposte di amicizia. Se vuole che tu sia suo nemico ti impedirà anche di coltivare il tuo giardino". Il pacifista Hyppolite si alzò in piedi ed esclamò: "In quel caso, non mi resta che suicidarmi". La Francia sta ancora coltivando il proprio giardino.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT