Unesco: l'archeologia distorta come arma politica contro Israele: cambierà? L'intervento di Audrey Azulay, Direttore generale dell'Unesco
Testata: L'Osservatore Romano Data: 17 ottobre 2020 Pagina: 2 Autore: Audrey Azulay Titolo: «Per il futuro delle nuove generazioni»
Riprendiamo dall' OSSERVATORE ROMANO di oggi, 17/10/2020, a pag. 2, l'intervento "Per il futuro delle nuove generazioni" di Audrey Azulay.
Vedremo se le parole saranno seguite dai fatti e cambierà qualcosa in seno all'Unesco, l'agenzia educativa e culturale dell'Onu. La nomina di Azulay, sostenuta dai Paesi arabi pragmatici, non sarà servita a niente se la storia e l'archeologia - piegate e distorte - verranno utilizzate ancora a fini politici per cercare di dimostrare l'estraneità di Israele nel Medio Oriente. In questi anni l'archeologia è stata un'arma politica contro Israele all'Unesco. Le parole di Azulay riusciranno a cambiare la linea?
Ecco l'articolo:
Audrey Azulay
Unesco è per sua natura un'organizzazione mondiale che riunisce 193 Stati membri di tutti i continenti. Perché l'Unesco vede l'educazione come una visione condivisa e integrale che mette al centro l'essere umano, la sua empatia, la sua dignità, per fare dell'educazione il pilastro della rifondazione delle nostre società. Il Patto mondiale si fa così eco della grammatica, del Dna dell'Unesco, della sua ambizione storica e umanista di costruire la pace, anzitutto, nelle nostre menti. L'Unesco opera giorno per giorno per realizzare questa ambizione. In primo luogo, lanciamo un'azione urgente per rispondere alla crisi attraverso la nostra Coalizione mondiale per l'educazione — una coalizione che riunisce oltre 150 partner attivi in più di 70 Paesi; una coalizione che lavora per sostenere la continuità dell'apprendimento, quando e dove ciò è possibile. Ci concentriamo su un'azione a medio e lungo termine, attraverso il nostro impegno per un'educazione alla cittadinanza globale. Questo comporta imparare come rispettare gli altri e le loro differenze, combattere i pregiudizi e sensibilizzare riguardo alla nostra umanità comune. A Mosul, per esempio, stiamo portando avanti uno dei progetti a maggiore carica simbolica in questo campo, sostenendo la ripresa delle attività scolastiche e della vita culturale — librerie, festival, eventi educativi: tutti pilastri essenziali per una cultura della pace e del rispetto. Questa cultura del rispetto non va applicata soltanto alle altre persone, ma anche al mondo della natura. Per questo, l'Unesco è sempre più impegnata nell'educazione ambientale, il che ci permette di riparare un altro Patto, quello tra l'uomo e la natura. Per ricostruire questi fondamenti, abbiamo bisogno di una visione lungimirante e a lungo termine. Ecco perché abbiamo lanciato alcune riflessioni a livello internazionale sui futuri dell'educazione, con il sostegno di attori della società civile di tutto il mondo. Coinvolgendo l'intera comunità discente, potremo impostare l'educazione come un bene comune globale, per il 2050 e oltre. Infatti, questo è ciò che dobbiamo ai nostri giovani. A questo proposito, ha un forte significato simbolico il fatto che la nostra Commissione internazionale sui futuri dell'educazione sia guidata dalla presidente della Repubblica Federale Democratica dell'Etiopia. In questo Paese, che ospita cento milioni di persone e si trova ad affrontare numerose sfide climatiche, i giovani sono il 60% della popolazione. L'Unesco è quindi onorata di essere insieme a voi, di far parte di questo Patto mondiale sull'educazione, perché gli obiettivi di quest'ultimo riflettono i nostri. Vogliamo anche costruire un mondo basato sull'equità, la solidarietà e la dignità, attraverso la cooperazione internazionale e l'educazione, mettendo in luce la nostra umanità condivisa. In questo modo, saremo in grado di preparare le prossime generazioni ad affrontare il futuro e, come dice Sua Santità, a «solcare le acque profonde del mondo».
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