Riprendiamo da LIBERO di oggi, 10/10/2020, a pag. 10, con il titolo "II Nobel della Pace frega Greta. Vince un fedelissimo di Trump", il commento di Gianluca Veneziani.
Ahia, che brutta botta per gretini e tifosi sinistrorsi dell'immigrazione. Speravano di vincere il premio Nobel per la Pace, e invece si devono mettere l'anima in pace. L'ambito riconoscimento assegnato ieri dal Comitato per il Nobel norvegese non è andato ad ambientalisti adolescenti, convinti di poter salvare il pianeta con qualche slogan gretino, né a immigrazionisti di professione che salpano sulle navi nella speranza di portare masse di disperati da noi. Né è andato, come negli anni passati, a personaggi controversi (da Aung San Suu Kyi a Yasser Arafat), a presidenti americani mancati (Al Gore), scadenti (Carter) e appena arrivati (Obama), o a istituzioni come l'Ue che, più per che la pace, si fanno notare per l'eterno riposo. No, quest'anno il premio Nobel è stato attribuito al World Food Programme (Wfp), agenzia dell'Onu che si occupa di combattere la fame nel mondo, portando aiuti alimentari direttamente nei Paesi colpiti da povertà, carestie, guerre. Un'organizzazione che, in barba a tutti i buonismi ipocriti, traduce concretamente e meritevolmente la linea dell'«Aiutiamoli a casa loro».
Donald Trump
Il Wfp (in italiano Pam, Programma alimentare mondiale), che nella corsa al Nobel ha sbaragliato la concorrenza di altri 317 candidati, solo nel 2019 ha fornito assistenza a quasi 100 milioni di persone in 88 Paesi vittime di insicurezza alimentare acuta e fame, come Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Sud Sudan e Burkina Faso, Siria, Yemen, dove la scarsità di cibo è acuita dal combinarsi di guerre e pandemia. Associando slancio filantropico e investimenti, aiuti e introduzione di nuove tecnologie che consentono ad esempio di coltivare ortaggi in pieno deserto algerino, il Wfp prova a sradicare i motivi scatenanti dei conflitti, dimostrando che spesso la fame non è la conseguenza delle guerre, ma ne è la causa. Come ha scritto il Wfp su Twitter, festeggiando il Nobel, questo premio «è un potente promemoria per il mondo che la pace e #famezero vanno di pari passo».
David Beasley
Muovendosi in questa direzione, l'agenzia dell'Onu attacca anche le cause profonde dell'immigrazione e smentisce la retorica delle ong che vorrebbero incentivare i flussi in Europa al fine di salvare i disperati. La logica del Wfp è esattamente opposta: bisogna consentire a quanti salirono di fame e povertà di restare, anziché di partire, aiutandoli a vincere i mali che li affliggono nei loro stessi Paesi. E il famoso «diritto a non migrare» di cui ha parlato Papa Benedetto XVI. O, per dirla in termini più semplici, ad avere il Pane nella stessa Casa dove sono nati e cresciuti. Ma non è tutto. L'ulteriore beffa per chi sperava nella vittoria di qualche compagnuccio di sinistra è che il presidente della Wfp è nientemeno che un trumpiano di ferro, ossia il repubblicano David Beasley, già governatore della South Carolina tra 1995 e '99 e convinto sostenitore dell'attuale inquilino della Casa Bianca. In un comizio del 2015 lo definì «l'uomo che renderà l'America di nuovo grande», anticipando quello che sarebbe diventato lo slogan elettorale di Trump.
I FINANZIAMENTI USA Oltreché un estimatore di The Donald, Beasley è l'uomo che nel 2017 l'amministrazione Trump ha scelto come guida dell'agenzia alimentare dell'Onu. Sono quasi trent'anni infatti che gli Usa, principali finanziatori del Wfp con oltre 2 miliardi versati ogni anno, di fatto indicano l'uomo che dovrà essere al vertice del Programma alimentare mondiale. La vittoria del Nobel rappresenta un rivincita per Beasley, che al momento della nomina era stato accusato dai media, come aveva scritto la rivista Foreign Policy, di «non avere nessuna esperienza nella guida di grandi organizzazioni umanitarie». Ma questo riconoscimento è, in fin dei conti, anche uno smacco che Trump dà ai suoi detrattori. Il presidente artefice di una stretta di mano epocale con il leader nordcoreano Kim Jong-un, il presidente che ha consentito un accordo storico tra Israele, Bahrein ed Emirati Arabi, non ha ottenuto il premio Nobel per la Pace, come avrebbe meritato. Ma, grazie a un "suo" uomo, lo ha vinto per interposta persona. Trump 1, Antitrumpiani 0. La prossima decisiva sfida si gioca il 3 novembre, e qualcosa ci lascia pensare che The Donald metterà a segno la doppietta.
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/ 999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante