Non comprate più "Raising", l'ultimo cd di Bruce Springsteen. Lo cominciano a chiedere le comunità ebraiche della diaspora in tutto il mondo a causa di una canzone, "Paradise", che praticamente racconta i pensieri che passano nella testa a un attentatore suicida in un supermarket. In una città non meglio identificata. Come maniera per commemorare un anno da quel maledetto 11 settembre niente male per davvero. Il Cd che parla proprio del disastro terroristico alle torri gemelle esce a quasi un anno da quel delitto dando la sgradevole impressione di usarle il ricordo del tragico evento come traino commerciale. In America le comunità ebraiche locali già invitano a non comprare più i cd del "boss". Per rendersi conto del cattivo gusto basta leggere le prime strofe della canzone incriminata: "where the river runs black, I take the schoolbooks from your pack, plastics, wire and your kiss, the breath of eternity on your lips, in the crowded market place I drift from face to face, I hold my breath and close my eyes and I wait for paradise..".
Traduzione: "dove il fiume diventa nero prendo i libri di scuola dal tuo zainetto, il plastico , i fili della miccia e il tuo bacio, il soffio dell'eternità sulle tue labbra, nell'affollato supermercato vago con lo sguardo di faccia in faccia, trattengo il respiro e chiudo gli occhi e aspetto il Paradiso.."
L'album è da pochi giorni in vendita in Italia e in America sta già scalando tutte le classifiche. Eppure, anche se la scorsa settimana "Time magazine" ha addirittura dedicato la copertina a questo disco e a Springsteen, con un titolo che è tutto un programma ("Re born in Usa", rinato negli Usa, infatti erano sette anni che non produceva nuove canzoni, ndr), le critiche per l'operazione di "vendita della disgrazia dell'11 settembre" non sono mancate proprio da quelli che sono da sempre più vicini al boss. Ad esempio Charlie Cross che per oltre sedici anni è stato l'editore della "fanzine" più letta di quelle dedicate a Springsteeen, "Backstreets", ha lamentato con "Time magazine" che dopo avere sentito l'album in una festa di "irriducibili fans del boss", ha avuto l'amara sensazione di un'operazione di marketing sull'11 settembre.
"Lo stanno veramente vendendo come un album sull'11 settembre - ha spiegato Cross- - e io penso che quelli come noi vogliono che l'arte non faccia affari con queste cose, è ancora una cosa così poco digeribile per noi, una ferita aperta.. francamente l'elemento commerciale di tutto ciò è una cosa che mi spaventa.."
Commento di Riccardo Pacifici, portavoce della Comunità ebraica romana:
"dispiace constatare che una rock star, a corto di fantasia, non trovi di meglio che iscriversi d'ufficio al clan dei cattivi maestri pur di vendere qualche disco in più o per creare un po' di scandalo artificiale, ..vorrà dire che consiglieremo alle persone della nostra comunità di non sentire più i suoi dischi e soprattutto di non comprarli". "Con Springsteen - dice Tanya B.- anche lei della comunità romana - siamo arrivati al colmo di un cantautore, di chiare origini ebraiche (Springsteen e l'americanizzazione dell'ashkenazita Springstein, ndr), che è diventato ricco con uno degli oggetti cult del consumismo di massa, la musica rock, e che per smania di politically correct crede di essere più alla moda raccontando così le gesta degli estremisti islamici, principalmente dirette contro altri ebrei".
Ancora più duro Yosef Tiles, dentista israeliano di Bologna e vicepresidente della locale associazione Italia - Israele , che parla di "un messaggio ambiguo ": "Vorrei vedere a lui - aggiunge - se gli capitasse di dover mandare i figli al supermarket a Tel Aviv, cosa che fa stare la gente del luogo in ansia fino a che i propri cari non sono tornati a casa .. e poi anche fare un album sull'11 settembre e piazzarci questi messaggi che possono essere interpretati come una strizzata d'occhio allo "shaid" di turno, è cosa che si poteva risparmiare".
Adesso nelle mailing list italiane ed europee che raccolgono i simpatizzanti per lo stato di Israele è tutto un tam tam perchè questa canzone e il cd che la contiene vengano boicottati da tutti gli ebrei del mondo. "Non comprate Springsteen", è il messaggio - slogan che circola in rete. Se nei prossimi giorni prendesse piede, c'è da stare sicuri che anche le radio e le tv israeliane potrebbero rifiutarsi di passare le note di "Paradise", la canzone dal testo più ambiguo di tutto l'album. Un' altra canzone che rischia di dividere gli animi è "Worlds apart", che racconta, sempre molto banalmente, la guerra di civiltà tra due amanti, uno americano e un altro musulmano del Medio Oriente. Springsteen semplifica il tutto cantando così: "lasceremo che l'amore costruisca un ponte, sopra le montagne drappeggiate con le stelle, ti incontrerò sulle creste , fra questi mondi separati.."
C'è da dire che quello di "Paradise" non è certo il primo caso in cui i messaggi, un po' demagogici, delle canzoni di Springsteen hanno provocato polemiche politiche. L'ultima volta è capitato il 14 giugno 2000 quando l'ex sindaco Rudolph Giuliani e la polizia di New York lo denunciarono per le parole oltraggiose contenute nella canzone "Amerikan skin", pelle americana. In quell'occasione molta stampa di sinistra difese "the Boss" per avere raccontato in maniera molto cruda il conflitto a fuoco in cui nel febbraio 1999 la polizia di New York aveva ucciso crivellandolo con 41 colpi di gun machine il nero Amadou Diallo, scambiandolo per un delinquente che tirava fuori la rivoltella. Mentre in realtà l'immigrato di colore stava solo estraendo il portafoglio per mostrare i documenti. La canzone di Springsteen diceva così: "è una pistola? O è un coltello? E' un portafoglio? Questa è la tua vita, non ci sono segreti, il segreto amico mio è che tu puoi venire ucciso solo per essere vissuto nella tua pelle americana..41 spari, 41 spari, 41 spari..." La morale del caso Springsteen? In America confondere la politica con le canzonette viene giudicato male, specie se è solo per vendere qualche copia in più.
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