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Quando diplomazia e politica hanno lo stesso obiettivo: da Ben Gurion a Netanyahu
Analisi di Antonio Donno Benjamin Netanyahu davanti a una foto di Ben Gurion Gli accordi tra Israele e Stati Uniti con una parte sempre più significativa del mondo arabo sta portando progressivamente ad una ridefinizione della carta politica del Medio Oriente. È un risultato straordinario, le cui radici devono essere ricercate lontano, addirittura nel 1950, quando David Ben-Gurion trovò un accordo con i dirigenti dell’American Jewish Committee (AJC). In che consisteva questo accordo? E quali erano i problemi che furono risolti con l’accordo del 1950? La nascita dello Stato ebraico comportò la discussione e il confronto, anche aspro, su una vecchia questione che era stata al centro dei dibattitti sionisti fin dalla nascita del movimento ad opera di Theodor Herzl. In sostanza, la questione era la seguente: gli ebrei di tutto il mondo dovevano riunirsi nella loro antica Terra, Eretz Israel? Per molti sionisti, questa era una delle finalità cruciali del movimento; per altri, invece, non era così. L’AJC era anti-sionista, ma, dopo il 1948, dovette accettare il fatto compiuto: la nascita di Israele. L’associazione, comunque, restò fieramente contraria all’idea che gli ebrei di tutto il mondo dovessero convergere nel loro nuovo Stato, risorto nella loro antica Terra. Gli ebrei costituivano una minoranza ben inserita nella società americana, alcuni di essi godevano di prestigio nel mondo politico di Washington e, per questi motivi, non avevano alcuna intenzione di lasciare un paese che consideravano il “nuovo Israele”. Erano legati ancora ai principi della politica di Franklin D. Roosevelt, il quale fu sempre poco incline ad approvare il progetto sionista, perché la creazione di uno Stato ebraico in Palestina avrebbe danneggiato gli interessi della Gran Bretagna a favore delle ambizioni mediorientali dell’Unione Sovietica. Perciò, il rifiuto dell’idea sionista, secondo cui Israele avrebbe dovuto accogliere gli ebrei di ogni parte del mondo, era rifiutata decisamente dall’AJC. Ben-Gurion si rese subito conto che combattere le posizioni dell’AJC sarebbe stato controproducente per gli interessi del nuovo Stato ebraico. Così, il 23 agosto 1950, presso l’Hotel King David di Gerusalemme, egli incontrò Jacob Blaustein, presidente dell’AJC, per discutere di varie questioni, e, in particolare, per affrontare il tema che divideva il movimento sionista e l’AJC. [Tutta la documentazione dell’incontro e vari saggi interpretativi sono contenuti nell’ultimo fascicolo (3, Fall 2020) di “Israel Studies”, la prestigiosa rivista diretta da S. Ilan Troen e da Natan Aridan, ambedue della Ben-Gurion University of the Negev, e pubblicata dall’Indiana University Press]. In quella circostanza, Ben-Gurion dette prova di un estremo realismo, quando affermò: “Saremmo felici se gli ebrei americani venissero in Israele e prendessero parte ai nostri sforzi. […] Ma la decisione di venire – in modo permanente o temporaneo – resta nella discrezione di ciascun ebreo americano. È interamente materia della sua volontà”.
In questo modo esplicito, Ben-Gurion metteva fine ad ogni discussione, rendendosi conto che il protrarsi della questione avrebbe finito per danneggiare le relazioni tra l’ebraismo americano e il movimento sionista e, di riflesso, in considerazione dell’influenza ormai acquisita dagli ebrei americani presso il mondo politico di Washington, le relazioni tra Israele e gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti avrebbero rappresentato il punto di riferimento ineludibile per la sopravvivenza del nuovo Stato ebraico: Ben-Gurion lo sapeva bene e, in quella circostanza, dette prova di uno straordinario realismo, che il suo ospite apprezzò senza indugi: “Per gli ebrei americani l’America è la loro casa. […] Sono felice di prendere atto, signor Primo Ministro, che lo Stato di Israele ha assunto la stessa posizione”. La questione era, dunque, chiusa definitivamente; e la distinzione tra sionisti e non-sionisti in seno all’ebraismo americano non ebbe più senso. Ciò che Ben-Gurion disse in quel 23 agosto 1950 ha avuto un’influenza fondamentale nelle relazioni israelo-americane fino ad oggi. Ma ebbe, allo stesso tempo, riflessi importanti nei rapporti con le altre comunità ebraiche presenti nel mondo. Di fatto, le affermazioni di Ben-Gurion di fronte a Blaustein rappresentarono il riconoscimento dell’esistenza parallela di Israele e della Diaspora, cioè di un problema dialettico che perdurerà sino ai nostri giorni senza creare contrasti insanabili.
Antonio Donno |
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