Non permettiamo loro che ci rovinino la festa
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
A destra: la reazione dei palestinesi verso il piano di pace di Trump e Kushner
Non si tratta di un miracolo, ma è comunque sia un meraviglioso, immenso, regalo che Israele e il popolo ebraico ricevono all'alba di un nuovo anno, che tutti speriamo sia migliore del precedente. E così gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, con il sostegno dell'Arabia Saudita, fanno la pace con lo Stato ebraico alla luce del sole! Potrebbe non essere ancora questo il tanto atteso nuovo Medio Oriente, ma un solido progresso in quella direzione, sì. Come non essere sensibili alla sincerità e al calore di questi nuovi amici di Israele, alla loro ospitalità, alla loro volontà di dare rapidamente forma concreta alla realizzazione della pace. Nel breve periodo intercorso tra l'annuncio dell'imminente firma a Washington e la cerimonia alla Casa Bianca, sono stati conclusi più accordi tra emiratini e israeliani che durante i quarant'anni di pace con l'Egitto. Le delegazioni israeliane si susseguono ad Abu Dhabi e Dubai.
La vignetta di Dry Bones: pace in spiaggia in Medio Oriente
Giornalisti e commentatori politici emiratini non esitano a rilasciare interviste ai media israeliani; inoltre personalità di spicco pubblicano articoli sui principali quotidiani del Paese e rilasciano dichiarazioni alla televisione in orari di massimo ascolto. In questi emirati dove la presenza ebraica è difficilmente antica, la comunità è ufficialmente riconosciuta; gli hotel sono stati incaricati di offrire un'opzione kosher ai visitatori che arriveranno presto, non appena saranno disponibili i collegamenti di volo già programmati. Quale contrasto con l'atmosfera gelida che regna in Egitto, che tuttavia era stato il primo ad abbandonare coraggiosamente le armi per la pace, a costo di trovarsi temporaneamente bandito dalla Lega Araba. Certo, c'è una fruttuosa cooperazione in termini di sicurezza tra i due Paesi ma rimane discreta e il regime non fa alcuno sforzo per dissipare l'ostilità del suo popolo, alimentata dai libri di scuola e da una stampa che si abbandona ai peggiori cliché antisemiti. In Giordania, il re è riuscito a malapena ad arginare le pressioni dei circoli musulmani che chiedevano la rottura dell'accordo di pace. Tuttavia in questi due Paesi l'ammirevole discorso - in arabo - pronunciato al balcone della Casa Bianca da Abdullah Bin Zayed, Ministro degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti, e fratello dell'onnipotente principe ereditario, non ha mancato di avere una risonanza molto forte. E tutti aspettano di scoprire quali sono gli altri “cinque-sei” Paesi che stanno per fare il grande passo. Quindi non dobbiamo dare ascolto alle voci che si levano per condannare questi accordi o per minimizzarne l'impatto. Che sono purtroppo numerose. Non si tratta solo dei nemici giurati dello Stato ebraico, la Turchia e l’Iran, e delle formazioni terroristiche che loro sostengono, a cominciare da Hezbollah e Hamas. Ma soprattutto ci sono quei Paesi europei che ripetono come un mantra, quasi per convincersi, che senza una soluzione al problema palestinese non ci sarà la pace, mentre dovrebbero, al contrario, incoraggiare i palestinesi ad abbandonare la loro intransigenza ed arrivare alla fine a negoziare una soluzione onorevole a un conflitto che dura da ormai tre quarti di secolo. E poi ci sono tutti quelli che, negli Stati Uniti e purtroppo anche in Israele, si rifiutano di riconoscere la dimensione storica dell'evento, tanto sono invischiati nel loro odio per colui che è a capo dei rispettivi Paesi.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".
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