La Lega Araba sancisce gli accordi arabo-israeliani
Analisi di Antonio Donno
A destra, la vignetta di Dry Bones: Tremila anni di storia ebraica
La Lega Araba nacque il 22 maggio 1945, con l’intento di difendere gli interessi dei popoli arabi nel lungo e complesso processo di decolonizzazione. Ma, dopo la nascita dello Stato di Israele, il 14 maggio 1948, le sue finalità si concentrarono quasi esclusivamente nel contestarne la presenza e nel creare le condizioni per combatterlo e cancellarlo dalla carta geografica del Medio Oriente. Ma questo progetto non fu coronato mai dal successo, nonostante le guerre scatenate dai paesi arabi contro Israele, con il sostegno militare ed economico dell’Unione Sovietica. Oggi, questo fallimento è ancora più evidente e la stessa Lega Araba ne ha preso consapevolezza. Mercoledì 9 settembre, la Lega Araba si è opposta a qualsiasi condanna nei confronti degli Emirati Arabi Uniti, che hanno deciso di firmare la pace con Israele. Questa decisione è storica. Già nel recente passato, la Lega aveva sottolineato in un suo documento l’improponibilità della continuazione della contrapposizione a Israele finalizzata alla cancellazione dello Stato ebraico. Oggi, il rifiuto di condannare l’avvicinamento degli Emirati a Gerusalemme porta a conclusione un processo di distensione iniziato, a suo tempo, con la pace israelo-egiziana e israelo-giordana. Di conseguenza, tutti i paesi arabi che decideranno di scegliere la pace con Israele non subiranno alcuna sanzione da parte della Lega Araba e, di fatto, ne avranno l’approvazione politica. Con buona pace di Iran e Turchia, paesi non arabi, ma che hanno sempre sostenuto l’idea che il mondo islamico dovesse cancellare lo Stato degli ebrei. Così, la posizione di Turchia e Iran di fronte alle iniziative del mondo arabo sunnita si fa sempre più conflittuale. L’Iran è in un’assai difficile situazione di stallo politico ed economico, accentuata dall’imperversare del Covid-19 all’interno di una nazione storicamente povera. Oggi, la debolezza delle casse dello Stato degli ayatollah mette a serio rischio le sue pretese egemoniche nel Medio Oriente sunnita. Sostenere economicamente le numerose milizie degli Hezbollah presenti in molte parti del Medio Oriente – in particolare, in Libano e in Iraq – è un impegno tremendamente gravoso, accentuato da quello militare nel nord della Siria, la cui situazione è ormai una cancrena del Medio Oriente.
Diversa è la situazione della Turchia. Benché la condizione economica turca sia poco brillante – per quanto tenuta sottotraccia da Erdoğan, che tenta di trovare sostegno nella Cina, i cui progetti riguardano la possibile apertura di un proprio canale economico nel Mediterraneo – Erdoğan sviluppa un’azione turca di presenza egemonica nel Mediterraneo Orientale. Tutto ciò, tuttavia, richiederà un impegno economico enorme, le cui fondamenta sono tutte da verificare. In sostanza, il mondo arabo sunnita procede nel suo avvicinamento politico ed economico a Israele, e la recente, storica decisione della Lega Araba è un passaporto straordinariamente importante in questa ridefinizione strategica del Medio Oriente. Il successo di Israele è senza precedenti e ciò è dovuto al progetto politico Trump-Netanyahu che ha determinato una svolta cruciale nella storia del Medio Oriente. Nessun presidente americano e nessun primo ministro israeliano avevano mai concertato un’azione politico-diplomatica così importante tale da ridisegnare il quadro politico del Medio Oriente. La decisione della Lega Araba è un colpo molto pesante per l’Autorità Palestinese. Essa è, di fatto, isolata politicamente, priva di prospettive e con una popolazione sempre più ostile nei suoi confronti. La corruzione dei dirigenti, l’incapacità o la non-volontà di leggere la situazione politica nei suoi reali termini odierni, il legame con i terroristi di Hamas nella Striscia di Gaza sono tutti fattori che determinano un processo di deterioramento delle prospettive palestinesi anche in campo internazionale. In un colloquio con Gromiko a Mosca, il 23 gennaio 1976, Kissinger fu assai chiaro in proposito: “Abbiamo detto che non possiamo chiedere a Israele di negoziare con una parte che non accetta l’esistenza di Israele e che non accetta le risoluzioni 242 e 338”. Le conseguenze per i palestinesi sono, oggi, sotto gli occhi di tutti.
Antonio Donno