La Lega araba più pragmatica e meno ideologica. Scacco agli estremisti che sostengono il terrorismo palestinese Michele Giorgio si arrampica sugli specchi: dura la vita per un comunista
Testata: Il Manifesto Data: 11 settembre 2020 Pagina: 9 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Palestina, volano parole grosse alla Lega araba»
Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 11/09/2020, a pag.9, con il titolo "Palestina, volano parole grosse alla Lega araba" il commento di Michele Giorgio.
L'articolo di Michele Giorgio - il cui tono è come sempre ostile a Israele - è ricco però di informazioni che non sono riportate da altri quotidiani. La Lega araba, in maggioranza, adotta oggi una politica più pragmatica e meno ideologica rispetto al passato, che si traduce in aperture verso Israele e, almeno nel caso degli Emirati che ci auguriamo venga imitato da altri, un vero e proprio accordo di pace.
Dura la vita per un comunista, dopo il progetto di pace Trump Bibi...
Ecco l'articolo:
Michele Giorgio
Vignetta di Dry Bones, di Yaakov Kirschen:
Israele e gli Emirati, una nuova alleanza per combattere i mullah iraniani?
Invitati, con ogni probabilità, dall'Autorità nazionale a non calcare la mano, i tre giornali nei Territori occupati - AI Quds, Al Ayyam e Al Hayat Al Jadida - ieri titolavano con moderazione sulla batosta subita mercoledì dalla causa palestinese alla riunione dei ministri degli esteri della Lega araba. Più che la clamorosa bocciatura della risoluzione di condanna della normalizzazione dei rapporti tra Emirati arabi e Israele avanzata dal ministro degli Esteri dell'Anp Riad al Malld, i tre quotidiani hanno scelto di evidenziare i pochi aspetti positivi di una giornata che avrà riflessi importanti: il no dalla Lega araba ai piani di annessione a Israele di porzioni di Cisgiordania e l'appoggio confermato dal consesso arabo al piano saudita del 2002 che condiziona la normalizzazione con Israele al suo ritiro dai territori arabi e palestinesi che occupa dal 1967. Ma non è bastato per nascondere sotto al tappeto quanto è accaduto mercoledì, peraltro ampiamente commentato e condannato dai cittadini palestinesi sui sociaL I retroscena emersi sulle fasi che hanno preceduto il meeting parlano di scontro aperto tra i palestinesi e alcuni dei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) che riunisce le sei petromonarchie sunnite. «L'Oman e il Bahrain hanno stretto i ranghi con gli Emirati e hanno fatto forti pressioni su Riad al Malli, sono volate parole grosse. Anche loro intendono normalizzare al più presto le relazioni con Israele e vedono come un ostacolo i diritti dei palestinesi e l'iniziativa saudita del 2002», ci spiegava ieri un giornalista palestinese con buoni contatti ai vertici dell'Anp. Circostanze confermate indirettamente dallo stesso Al Malli. «Siamo rimasti sorpresi che un Paese arabo si sia opposto alla nostra richiesta. Lo Stato di Palestina si è spinto troppo oltre nel chiedere di tenere una riunione di emergenza? _, ha detto il ministro degli Esteri palestinese riferendosi con ogni probabilità al Bahrain, indicato come il più disposto a seguire le orme degli Emirati. L'8 settembre il giornale AI Quds Al Arabi - di proprietà del Qatar da anni in rotta con Arabia saudita ed Emirati - aveva scritto di una «guerra nascosta» ai palestinesi scatenata da «chi cercava di salire sul carro degli Emirati». Il Segretario generale del Ccg, Nayef al-Hajraf, avrebbe usato parole di fuoco, intimando ai palestinesi di scusarsi con le monarchie del Golfo prora tea normalizzare le relazioni con Israele. Indiscrezioni e rivelazioni a parte, quanto è accaduto mercoledi - a pochi giorni dal 15 settembre in cui alla Casa Bianca Israele ed Emirati firmeranno l'accordo di pace -e la rappresentazione corretta di quel mondo arabo diviso di cui parla spesso con palese soddisfazione il premier israeliano Netanyahu. Più di tutto completa l'isolamento dei palestinesi, che non riescono più a tenere compatti gli arabi dietro al principio della pace in cambio del ritiro israeliano dai territori occupati.
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