Bielorussia: Svetlana Alexievich, Premio Nobel, sotto assedio Analisi di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 10 settembre 2020 Pagina: 14 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Alexievich assediata in casa. I diplomatici Ue le fanno scudo»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/09/2020, a pag. 14, con il titolo "Alexievich assediata in casa. I diplomatici Ue le fanno scudo", l'analisi di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Vladimir Putin davanti a un ritratto di Stalin
"Un altro sconosciuto sta suonando alla mia porta...». Il disperato appello di Svetlana Alexievich, assediata da agenti mascherati nel suo appartamento di Minsk, mostra come il regime di Alexandr Lukashenko sia pronto a varcare linee rosse impensabili perfino per il comunismo di Brezhnev, che non osò arrestare il Nobel per la letteratura Alexandr Solzhenitsyn, «limitandosi» a espellerlo in Occidente senza possibilità di appello. Un metodo cui il dittatore di Minsk ha già fatto ricorso parecchio nei giorni scorsi: Svetlana Tikhanovskaya, che l'ha sfidato alle elezioni, è stata portata dal Kgb bielorusso in Lituania, e ieri altri due membri del Consiglio di coordinamento nell'opposizione hanno raccontato da Kiev di essere stati costretti all'esilio con la minaccia della prigione. Chi si rifiuta — come l'eroina della piazza Maria Kolesnikova, — viene arrestato per «tentata presa del potere», rischiando la pena di morte. Svetlana Alexievich rimane ora l'unica componente del Consiglio dell'opposizione ancora in libertà, tutelata dai cittadini e dagli ambasciatori dei Paesi europei accorsi a fare da scudo umano alla premio Nobel. Il messaggio di Lukashenko è chiaro: se perfino la bielorussa più famosa nel mondo deve temere l'arresto, non ci sarà pietà per nessuno.
Svetlana Alexievich
Alla vigilia del suo viaggio a Mosca — con la quale sta negoziando una unificazione che lo metta sotto la protezione russa—vuole fare piazza pulita della protesta, presentandosi meno ricattabile al Cremlino. Se poi la rivolta per disperazione sfocia nella violenza, avrà la giustificazione per schiacciarla, chiamando i carri armati che Putin esita a inviargli. Tikhanovskaya ieri ha ribadito all'Assemblea parlamentare europea che la rivolta «non è e non sarà contro la Russia». Alexievich esorta la reazione dell'intellighenzia russa: «Perché osservate in silenzio? Siamo ancora vostri fratelli». La Russia è molto più di un convitato di pietra. Senza poter contare sulla Russia, Lukashenko si sarebbe già arreso a nuove elezioni. Mosca non ha molto tempo per decidere se — in cambio di un pezzo del suo ex impero - vuole essere associata a un dittatore che minaccia, arresta, rapisce e alimenta le paranoie geopolitiche di Putin anche con palesi falsi. O se vuole mettere da parte la logica del «pugno duro» per recuperare la politica, la mediazione, la diplomazia, arti ormai dimenticate a Mosca, come dimostra lo scandalo con la portavoce del ministero degli Esteri che ha insultato il presidente serbo Vucic, provocando il ritiro di uno dei Paesi più filorussi dalle esercitazioni congiunte con russi e bielorussi. Nella scelta tra piazza e «uomo forte», un «uomo forte» sceglie d'istinto il suo collega. Ma, come ricorda la scrittrice a entrambi: «Non siamo la piazza. Siamo il popolo».
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante